1. Introduzione

1.1 I vitigni ‘Malvasia’: aspetti storici

Mas e Pulliat (1874-75), Demaria e Leardi (1875), Di Rovasenda (1877), Molon (1906), Dalmasso (1909), Marzotto (1925), Schneider (1987), Autori Vari (1990), per citare alcuni studiosi di questo secolo e dello scorso che si sono cimentati nell’individuazione ed identificazione dei numerosi vitigni denominati ‘Malvasia’ i quali si differenziano notevolmente per morfologia delle piante, sapore, colore e composizione biochimica del frutto, precocità di maturazione, produttività ed attitudine alla vinificazione.

Gli innumerevoli vitigni denominati ‘Malvasia’ hanno probabilmente in comune soltanto questo nome, derivante da una città greca del Peloponneso, Monenbasia o Monenvasia o Monovasia, che significa "porto ad una sola entrata". Si attribuisce ai veneziani l’uso di tale appellativo per denominare i vini provenienti dalla parte orientale del Mediterraneo ed i locali in Venezia nei quali si svolgeva il loro commercio.

Unwin (1993), nella sua Storia del vino, racconta di vini oggetto di scambi commerciali nel medioevo, provenienti dal Mediterraneo in direzione dei paesi del Nord.

Era un commercio dominato dalle navi genovesi e veneziane che solcavano le vie marittime del Mediterraneo e si concentravano sui beni di grande valore, sulle merci di lusso e sulle spezie, i profumi e le sete. Il successo economico delle città dell’Italia del Nord richiedeva però nondimeno grandi importazioni di cibo e di lana ed anche i vini dolci del Mediterraneo orientale trovavano regolarmente posto nei carichi delle galere italiane.

Egli racconta inoltre come i vini bianchi, generalmente secchi, dell’Europa del Nord, della Guascogna e della Germania, fossero soppiantati dai

...vini del Mediterraneo che erano più dolci, più pesanti ed a più alta gradazione alcolica, il che significava che viaggiavano meglio, duravano più a lungo e perciò erano più pregiati. I più noti di quei vini erano le Malvasie e i Romney.
Il primo tipo all’inizio veniva prodotto nel Peloponneso ed esportato dalla città bizantina di Monenvasia, ma nel XIII secolo sembra che venisse prodotto molto più diffusamente ed era esportato essenzialmente da Creta.

I vini dolci del Mediterraneo orientale, dunque, sopportavano meglio il viaggio di quelli della Guascogna e potevano affrontare pertanto costi di trasporto più elevati poiché spuntavano prezzi superiori.

Ancora Unwin informa che

Nel XIV secolo, con l’istituzione di una via commerciale regolare che doppiava Spagna e Portogallo, la Malvasia ed il Romney delle isole del Mediterraneo orientale, divennero sempre più popolari in Inghilterra. Il risultato complessivo dell’espulsione dei Mori dalla Spagna e dell’espansione dell’Impero ottomano fu quello di spostare la fonte di rifornimento di quei vini dolci e molto alcolici dal Mediterraneo orientale alla penisola iberica...
Molto del vino destinato all’esportazione veniva dalla Galizia e dai Paesi Baschi, nel Nord della Spagna, e in gran parte doveva essere vino bianco e leggero ma avrebbero finito per essere più popolari i vini dolci spagnoli, conosciuti allora come Romney, Malmsey (Malvasia)....

Venendo all’Italia, nel testo derivato dai lavori delle Commissioni ampelografiche provinciali (1884), le ‘Malvasie’ sono incluse nel gruppo delle uve "profumate o aromatiche in genere", insieme al gruppo dei moscati, aleatici, brachetti, montepulciano e mammolo. Pur denunciando la difficoltà, a quell’epoca, nel giungere ad una classificazione in base al sapore, si attribuiscono alle uve ‘Malvasia’ tre caratteri distinti:

  • una minore fragranza al mattino e principalmente in climi freddi
  • il contributo che le foglie danno all’aroma proprio del vino
  • la presenza di foglie poco glabre, indice di provenienza probabile da Paesi a clima caldi.

In quest’opera si ribadisce la provenienza di tali uve da una

...città della Morea in Grecia, dalla quale principi, mercanti e navigatori innamorati delle virtù rinchiuse in quelle viti, a riprese ne introdussero i magliuoli in Francia, Spagna ed Italia, loro applicando indistintamente il nome assai generico di malvasia... tant’è che ogni paese vanta le sue ‘Malvasie’.

ma si precisa che

...il nome di malvasia non conviene che ai vitigni il cui frutto presenta il carattere di questo fino sapore moscato, misto di amarognolo, che fa delle malvasie una classe a parte e distinta dai moscati."

Tra le uve aromatiche vengono in questo lavoro ricordati i "Malvatici" come "uve a buccia coriacea, polpa agglutinata, ma molle, con buccia e succo leggermente amarognoli."

Venendo a trattare delle ‘Malvasie’ a frutto colorato, ancora le Commissioni ampelografiche (1884), segnalano le ‘Malvasie’ ‘nera’ e ‘rossa di Candia’, ‘di Madera’, ‘della Certosa di Spagna’, la ‘Malvasia di Nizza’ e quella ‘rossa d’Italia’ o ‘del Po’: suddivisioni queste, fatte in base alle diverse località da cui furono importate; spesso tali numerose varietà di ‘Malvasia’ venivano confuse con il ‘Brachetto nero’, uva anch’essa aromatica.

È riportata la presenza di una ‘Malvasia rossa’ anche in provincia di Alessandria, come uva principalmente da vino e di fruttificazione sicura, ma di non grande produzione, con grappolo conico e sciolto, acini oblunghi, a sapore aromatico distinto, proprio della malvasia. Non viene all’epoca citata la provincia di Asti, poiché essa è stata istituita nel 1935 e pertanto il territorio di Alessandria comprendeva anche il Monferrato astigiano.

Odart (1874) distingue una ‘Malvasia’ "rouge" e una "rousse": mentre per la prima dichiara di essere varietà poco adatta alla vinificazione, perché ha mosto troppo poco concentrato e la definisce "plus jolie qu’elle n’est bonne", per la seconda (il cui mosto è "si doux et si fin, que les premiers grains sont toujours vides par les guepes") ritiene che l’unico difetto sia d’essere poco fertile.

Mas e Pulliat (1874-75) riferiscono di una visita fatta con il cav. Di Rovasenda presso vigneti Astigiani nei quali si coltivava la ‘Malvasia nera’ o ‘Malvasia nera del Monferrato’ o ‘di Casale’.

De Maria e Leardi (1875) descrivono una ‘Malvasia nera’ importata dalla Spagna e diffusa nel territorio di Alessandria, il cui "frutto presenta un colore variabile dal nero azzurro al rossiccio cupo e rosso violaceo. L’uva è ricca di mosto e infradicia facilmente per l’umidità autunnale... da sola conferisce al vino profumo troppo forte, così che si preferisce mescolarla con altre uve fini". Pulliat (1888) descrive anch’esso una ‘Malvasia nera’ e la classifica tra le varietà da raccomandare.

Il marchese Incisa della Rocchetta (1852) definisce la ‘Malvasia nera’ della sua collezione "uva di molto merito, sia come mangereccia che vinifera. Da sola produce vino da bottiglia assai delicato con profumo di rosa".

Molon (1906) individua tre ‘Malvasie’: ‘di Candia’, ‘rossa del Po’ e ‘nera di Rovasenda’, quest’ultima ottenuta per seme da una ‘Malvasia bianca’.

Marzotto (1925) riporta una ‘Malvasia rossa di Piemonte’, coltivata in provincia di Alessandria e Torino con il sinonimo di ‘Malvasia nera’, ma diversamente descritta da De Maria e Leardi che per ‘Malvasia nera’ intendono un’uva distinguibile per assenza di tomentosità sulle foglie e forse più assimilabile ai moscati che alle malvasie.

Dalmasso (1909) descrive un’ulteriore ‘Malvasia nera’, diversa dalle precedenti, probabilmente accostandola alla ‘Malvasia nera piccola’ dell’Acerbi (1825).

’Malvasie’ in Italia

Le ‘Malvasie’ in Italia sono diffuse pressoché ovunque; ve ne sono a bacca bianca e nera, a sapore semplice, debolmente aromatico e aromatico.

Il Catalogo Nazionale delle Varietà di Viti (1988) ne include, tra quelle a bacca bianca, ben 8, di cui la ‘Malvasia Istriana’, ‘di Candia’ (o ‘dei Castelli Romani’), del ‘Chianti’ (o ‘Toscana’ o ‘bianca lunga’), ‘del Lazio’ (o ‘puntinata’), ‘di Basilicata’, di ‘Sardegna’ a sapore semplice e la ‘Malvasia delle Lipari’, ‘di Candia aromatica’ (o ‘di Piacenza’), a sapore aromatico.

Tra quelle a bacca nera vi sono la ‘Malvasia di Schierano’, di ‘Casorzo’ e ‘nera di Brindisi’ a sapore aromatico, la ‘Malvasia nera di Lecce’ e ‘nera di Basilicata’ a sapore semplice.

’Malvasie’ in Piemonte

Alle ‘Malvasie’ a bacca nera ‘di Schierano’ e ‘di Casorzo’ sopracitate, in Piemonte se ne affiancavano altre a bacca bianca, molte diffuse fino agli anni trenta; tra queste la ‘Malvasia bianca del Piemonte’ a sapore aromatico che, dopo il ‘Moscato’, era il vitigno ad uva bianca più coltivato in provincia di Alessandria ed Asti (Demaria e Leardi, 1875). Tale ‘Malvasia’, talora detta ‘Valmasia’, è oggi scomparsa perché soggetta a forte colatura e pertanto sostituita dal ‘Moscato’, con la ricostituzione postfillosserica. Stessa sorte ebbero un’altra ‘Malvasia’ bianca denominata ‘Malvasia bianca greca’, coltivata a Rosignano Monferrrato e una ‘Malvasia di Nus’, coltivata in Val d’Aosta (Dalmasso e A.V., 1964).

La ‘Malvasia di Schierano’ corrisponde forse ad un vitigno di importanza minore preesistente alla invasione filosserica a cui fu successivamente dato questo nome a ricordo nostalgico della ben nota e diffusa nel passato ‘Malvasia d’Asti o di Alessandria’ a frutto bianco, chiamata anche ‘Malvasia Moscata’ (Dell’Olio e Malfatto, 1964).