Vol. 1 Fondazione della missione
Tentativi di penetrazione
1845 – 1852

/3/

1.
Origine della missione Galla:
anno 1845.

[p. 1] L’illustrissimo Signor Cavaliere Antonio d’Abbadie (oggi vecchio venerando, e scrittore-geografo classico, divenuto da molti anni membro dell’instituto di Francia) se non erro nell’anno 1839. [1837] partì col suo fratello germano Arnòu, entrambi in età ancora giovanile per un viaggio scientifico in Abissinia. origine della missione abissina
[3.3.1838]
Questi passando in Egitto s’incontrò con un giovane missionario Lazzarista per nome Giuseppe Sapeto italiano piemontese, il quale si unì ai medesimi, e dal quale ebbe origine la missione lazzarista in Abissinia (a), (a) non vi è nota per questo rimando la quale, come si vedrà nel decorso di questa nostra storia, è molto intreciata colla missione Galla.

Il Signor d’Abbadie Antonio restò in Abissinia [21.11.1848]
condotta cristiana di d’Abbadie
sino a tutto l’anno 1846. mantenendo sempre una condotta strettamente cristiana, studiando le lingue di quei paesi, facendo osservazioni astronomiche, ed occupandosi nel raccogliere libri e manoscritti indigeni; a costo anche di grandi fatiche, ed ancora di maggiori spese. Fra tutti i viaggiatori che l’hanno preceduto, e che l’hanno seguito, nessuno come lui lasciò una memoria più grave, e più edificante di uomo infatigabile, ed incorrotto nella sua morale. Io molti anni dopo [p. 2] nei diversi paesi che ho percorso ho trovato che molti parlando di lui stentavano a persuadersi che non fosse monaco o prete. Abbadie in Ennerea
[21.7.1843]
Egli percorse tutta l’Abissinia, visitò tutte le chiese e monasteri più classici; passò il Nilo bleu ed entrò nei paesi Galla, e restò un’anno presso Abba Baghibo Re d’Ennerea; di là cogliendo l’occasione di una spedizione nupziale che il Re suddetto mandava a Kafa per prendere una sposa il nostro Abbadie colla qualità di Procuratore del Re, o meglio padrino del nuovo sposalizio attraversò i principati di Gooma e di Ghera ed arrivo Abbadie a Kafa
[30.11.1843- 12.12.1843]
sino a Bonga capitale di Kafa, dove restò 15. giorni, e poté fare tutte le sue osservazioni astronomiche, e quindi ritornarsene sicuro all’Ennerea, dove restò ancora qualche mese per completare tutte le sue interessantissime escursioni colla scorta del suo amico Abba Baghibo. Nel ritorno il Signor d’Abbadie non potendo più tenere la via di Nonno, di Léca, di Lagamara, per Gemma Nunnu, dove era passato venendo, /4/ Plauden e Bel in Gudrù
[2a metà 1845]
perché due giovani inglesi, Signori Plauden, e Bel, volendo tenere la via di d’Abbadie e seguirlo all’Ennerea furono arrestati in Gudrù, ed obligati a battersi con Gemma, avendo ucciso un gran personaggio di questo ul- [p. 3] timo paese ha dovuto girare più all’est passando per il Liban Cuttai onde ritornare in Gudrù, dove passò l’inverno per ritornarsene in Gogiam, e quindi a Quarata sopra il lago di Tsana [25.2.1845] verso il fine del 1844.

Dopo questa breve notizia sulla persona dell’inclito viaggiatore d’Abbadie per aprirmi la via a narrare la storia dell’origine della missione Galla, Abbadie scrive a Propaganda
[9.3.1845]
dirò che è appunto in quel tempo, e precisamente dopo il ritorno suo dai paesi Galla che con data di Quarata scrisse quella famosa lettera alla S. C. di Propaganda, la quale con tutta ragione può considerarsi come la pietra fondamentale dell’instituzione del nuovo Vicariato dei Galla. Il pio e zelante viaggiatore cristiano seppe così bene presentare il carattere di quei popoli ancor pagani ed abbandonati, e talmente insinuarsi nel cuore degli eminentissimi membri della S. C. suddetta, che esaminata la questione, Fundazione della miss. galla e riferitala al S. Padre in allora Gregorio XVI., [che] a pieni voti fu decisa la formazione del Vicariato nostro, ed il Papa per riconoscere ed onorare il zelante viaggiatore con una risposta di ringraziamento volle spedirgli [decorazione: 17.2.1840] la decorazione di Cavaliere di S. Gregorio.

[p. 4] Dal momento che fù decisa la fundazione del Vicariato Galla la S. C. di Propaganda dovette pensare ad una spedizione di missionarii con un capo, il quale sarebbe stato Vescovo e Vicario Apostolico. Progetto di darla ai Gesuiti Se debbo credete a quanto mi si disse quì in Roma da alcuni individui che potevano conoscere i diversi progetti stati presentati e discussi nel congresso degli Eminentissimi Cardinali, la missione Galla doveva essere affidata ai Padri della Compagnia di Gesù; prevalendo però alcuni, i quali opponevano la difficoltà che i medesimi avrebbero forze incontrato delle opposizioni in Abissinia, dove i Padri della Compagnia suddetta avevano anticamente incontrato molte opposizioni e persecuzioni Data ai Cappuccini
[3.12.1845: accettata: 8.12.1845]
si decise in congresso che la Missione sarebbe stata consegnata all’Ordine dei Cappuccini.

Dietro questa decisione, dal Cardinale Franzoni Prefetto della S. C. di Propaganda furono chiamati i R.mi Padri Andrea d’Arezzo, allora rimasto Vicario Generale dell’Ordine dopo la morte del R.mo P. Luigi da Bagnaja, P. Venanzio da Torino divenuto Procuratore Generale dell’Ordine, ed il P. Giusto da Camerino Deffinitore Generale e Prefetto /5/ del Collegio delle Missioni, il quale fu poi fatto Cardinale [p. 5] nei primi anni del Pontificato di Pio IX. L’Eminentissimo Prefetto suddetto in presenza di Monsignore Brunelli significò ai tre sullodati R.mi Padri Superiori Generali dell’Ordine del Cappuccini la decisione della S. C. di Propaganda, e l’ordine del S. Padre stesso che la nuova Missione stata decretata per i Popoli Galla fosse a carico dell’Ordine loro, e che perciò dovevano pensare a preparare i soggetti per la spedizione da farsi al più presto, si cerca uno per vicario ap. aggiungendo loro di cercare un’individuo maturo per essere consacrato Vescovo, il quale sarebbe partito colla qualità di Vicario Apostolico e Prefetto dei Religiosi nel tempo stesso, che però riguardo a quest’ultimo pensassero a presentarlo per tempo per le dovute informazioni.

Dopo ciò ritornati i Reverend.mi suddetti al Convento si congregarono tutti i R.mi Definitori Generali per conferire fra [di] loro per l’esecuzione di tutti gli ordini sopra citati. Nel Convento stesso dell’Immacolata Concezione si trovava in quel tempo il collegio delle missioni del quale [ne] era Prefetto il R.mo P. Giusto da Camerino Deffinitore Generale sopracitato, ep- [p. 6] perciò si lasciò a lui la scielta dei missionarii, operazione molto facile, perché il collegio era ben fornito di buoni soggetti che egli più di tutti era in caso di poter conoscere; rapporto poi al futuro Vicario Apostolico convennero pure di proporre un soggetto frà i più dotti e più anziani del collegio stesso che qui non credo bene di nominare, perche poi non fù acettato. Proposto che fù questi, l’operazione era come terminata per parte dei superiori dell’Ordine, solamente si attendeva la decisione.

Mentre si stava aspettando questa decisione, dopo circa due mesi di silenzio, sul fine di Decembre il Papa chiamò il R.mo P. Procuratore Generale Venanzio da Torino, perché allora l’amministrazione delle Missioni dell’Ordine apparteneva al Procuratore Generale dell’Ordine. Recatosi questi dal S. Padre gli domandò se conosceva egli un Padre già maturo e provato, e trovatolo lo chiamasse subito senza nulla dire per non contrariare alcuni che opinavano in favore di un’altro. Io aveva esternato la mia vocazione [p. 7] ai Superiori della Provincia mia di Piemonte forze dieci anni prima, ma col proposito di non voler io stesso far altri passi senza il consiglio e consenso dei medesimi. Chiamato io a Roma
[1.3.1846]
Mi trovava in quel momento Lettore e Deffinitore nel Convento del Monte di Torino, e quando meno vi pensava mi arriva la lettera del P. Venanzio suddetto, nella quale mi diceva, [che] se la mia vocazione anticamente esternata ancora sussisteva di partire subito per Roma, senza dirmi altro.

/6/ La mia partenza dalla Provincia era tutto un’affare, sia per la Provincia, perché avrebbe dato molto motivo a parlare, poiché dominava colà un pregiudizio, favorito anche molto dagli stessi Superiori Provinciali, per il quale per lo più la partenza per le missioni era considerata come una secolarizzazione onorata, sia poi anche per me che mi trovava nel quinto anno di un secondo corso di studio con circa trenta studenti, i quali, secondo l’uso di detta Provincia sino alla loro morte solevano considerare il loro Lettore come il loro [p. 8] Padre, dimodoché per me la partenza dalla Provincia era l’abbandono di un secondo mondo dieci volte più doloroso di quanto mi sia stato quello del mio passaggio dal secolo alla religione, poiché all’età di 15. anni appena aveva un’idea del vero mondo che ho abbandonato. Considerando cio non ostante la volontà di Dio che si manifestava così chiaramente, ho deciso di partire e partire subito all’insaputa di tutti. Mia partenza da Torino
[12.3.1846]
Prese perciò le debite intelligenze col Padre Provinciale che allora era il P. Fulgenzio da Carmagnola, cognito confessore del Re Carlo Alberto, assestati i pochi oggetti che doveva prendere, e congedatomi dai studenti per un viaggio di alcuni giorni, raccomandando loro rispetto ed ubbidienza al P. Lettore che loro avrebbe fatto la scuola sino al mio ritorno, il giorno dopo l’arrivo dell’ubbidienza ho lasciato il Convento, e sono montato in diligenza direttamente per Genova, dove rimasto due giorni per aspettare l’imbarco, per la prima volta sono partito sopra un piccolo Vapore detto il Castore, il quale in tre giorni Mio arrivo a Roma
[17.3.1846]
mi sbarcò a Civitavecchia, nell’ospizio della Darsena, di dove l’indomani montato sopra una diligenza, sono arrivato a Roma circa la metà di Gennaio 1846.

Arrivato a Roma, e presentatomi al Procuratore Generale P. Venan- [p. 9] zio da Torino sopradetto stato mio Lettore, egli, dopo i più cordiali saluti di uso, la prima cosa che mi disse si fù che nulla mi poteva dire sulla mia futura destinazione, essendo il tutto ancora nelle mani della S. C. di Propaganda e del Papa; dopo che mi sarei riposato un giorno mi avrebbe egli stesso presentato alla S. C. suddetta, ed a suo tempo forze allo stesso S. Padre; mi presentò al R.mo P. Vicario Generale, mi fece conoscere a ciascheduno dei Deffinitori generali, ed alla fine mi consegnò al R.mo P. Giusto da Camerino Prefetto del Collegio, come semplice collegiale. Visita alla Propaganda L’indomani egli stesso mi presentò al Cardinale Franzoni Prefetto della Propaganda, ed a Monsignore Brunelli Segretario, i qua[li] mi ricevettero molto cortesemente, e mi dissero che ne avrebbero parlato al Papa per procurarmi un’udienza, ecco tutto; diffatti dopo pochi giorni venne il biglietto dal Vaticano al R.mo Venanzio, il quale era chiamato dal Papa, Visita al Papa ed io sono partito con lui per il Vaticano. Il S. Padre ricevette il R.mo col quale fece una conferenza particolare, e /7/ quindi fui chiamato io al bacio del piede: allora il Papa, mi diresse qualche paro- [p. 10] la, e mi fece qualche domanda rapporto alla mia vocazione alle missioni, e così siamo stati congedati.

Ritornati dalla visita del Papa mi sono messo in corso di osservanza aspettando le disposizioni della Providenza; dai discorsi che si facevano coi collegiali e con altri sulla spedizione dei Galla, pareva anzi che il capo della spedizione dovesse essere un’altro. Io sortiva ogni sera a spasso col R.mo Procuratore Venanzio, il quale aveva preso sopra di se [l’incarico] di farmi visitare tutti i monumenti di Roma, e colla guida in mano mi faceva da Cicerone, ma tanta era la sua riservatezza sulla mia destinazione, che in due mesi e più nessun segnale affatto mi lasciò trapellare; piuttosto mi parlava a preferenza di una spedizione al Brasile. Circa la fine di Marzo arrivò Arrivo a Roma del m.r. Padre Fabiano da Scandiano
[25.4.1846]
un’altro Lettore e Definitore dalla Provincia di Lombardia chiamato P. Fabiano da Scandiano, il quale pure entrò in collegio, e prese posto dopo di me in Refettorio.

Nel concistoro che ebbe luogo prima di Pasqua il Papa preconizzò molti Vescovi dell’orbe cattolico, allora fù che ogni mistero fu tolto. Io preconizzato vescovo
[26.4.1846]
[decreto: 30.4.1846]
[Bolle di fondazione: 4.5.1846;
di nomina: 12.5.1846]
Benché in quel tempo non ci fosse ancora l’uso di publicare nei giornali tutti gli atti del concistoro, pure non passarono molti giorni che si seppe ogni cosa. Al sentire la mia preconizzazione [p. 11] a Vescovo di Cassia in partibus ho tentato di fare qualche difficoltà, ma i superiori seppero dirmi tanto che mi lasciai guidare, sul riflesso che l’episcopato di un missionario è più peso che onore, e che con ciò non avrei aggiunto altro che un vincolo di più al martirio dell’apostolato, come ottimamente mi disse il Reverendissimo P. Andrea d’Arezzo. Dopo la preconizzazione allora incomminciarono i concerti sul personale dei missionari compagni: il R.mo Prefetto mi presentò Pp. Giusto da Urbino e Cesare da Castelfranco destinati miei compagni il P. Giusto da Urbino, ed il P. Cesare da Castelfranco; poscia [mi] domandandomi se desiderava ancora qualcheduno di mia confidenza, allora ho pregato il R.mo P. Procuratore di mandare l’ubbidienza al P. Felicissimo da Cortemilia già mio studente ed a Fr. Pasquale da Duno laico per mio compagno, i quali mi arrivarono dal Piemonte sul principio di Maggio.

Nello stesso concistoro che fui preconizzato io furono ancora preconizzati Mm. Nicols[on], e Casolani Monsignore Nicols in Arcivescovo coadjutore dell’Arcivescovo di Corfù, e Monsignor Casolani Vescovo di Mauro-Castro in partibus e destinato primo Vicario Apostolico dell’Africa [p. 12] [Africa] centrale Vicariato dell’Africa centrale
[3.4.1846]
nuova missione fundata nello stesso tempo della nostra ed affidata ai Padri della Compagnia di Gesù sotto il Vicario Ap.o suddetto ed alla Prefettura del P. Rillo Polacco. Questi due nuovi Vescovi erano aspettati a giorni in Roma per la loro consacrazione che avrebbe avuto luogo /8/ unitamente alla mia. La S. C. di Propaganda quindi incomminciò a farmi passare qualche somma per le provviste da farsi prima della partenza, e nel tempo stesso diede ordine ai suoi sarti per tutte le vesti di ogni genere che mi occorrevano come Vescovo. Lettera di D’Abbadie Mi diedero a leggere la lettera di Antoine d’Abbadie, e molte istruzioni particolari per il viaggio.

Da Malta Monsignor Casolani arrivò sul fine di Aprile, ma Monsignor Nicols da Corfù non arrivò che verso il dieci di Maggio, epperciò fù fissato il giorno nostra consacrazione a S. Carlo al Corso
[25.4.1846]
della nostra consacrazione per il 24. Maggio da farsi nella Chiesa di S. Carlo al Corso. Come si trattava della Consacrazione di tre Vescovi della Propaganda, la S. C. volle fare una gran festa, alla quale intervennero quasi tutti i nobili di Roma, ed una gran parte della corte Pontificia. Nostro consacratore era il Cardinale Franzoni Prefetto di Propaganda, Monsi- [p. 13] gnore Brunelli Segretario della medesima ne era primo assistente, e Monsignor Luqué Vescovo di Esebon e faciente allora le veci di Procuratore Generale delle Missioni straniere di Parigi era secondo assistente. In S. Carlo dopo la funzione vi fù un caffè suntuosissimo con ogni sorta di gelati; dopo mezzo giorno vi fù in Propaganda un pranzo diplomatico, nel quale ho conosciuto fra molti altri Marchese d’Herculais il Marchese d’Herculais di Lione venuto espressamente di là per vedere questa funzione; come questi veniva considerato come quasi fundatore dell’Opera della Propagazione della fede di Lione, ho potuto combinare con lui per i soccorsi occorrenti alla Missione, e debbo dire che questo signore sino alla sua morte fù sempre il più grande protettore della medesima.

Dopo la Consacrazione tutti [e] tre i consacrati insieme visita al Papa infermo abbiamo fatto le consuete visite delle basiliche, e poi quella del S. Padre l’indomani della festa dell’Ascenzione, ma il povero Papa Gregorio avendo in detto giorno tenuto la Cappella in S. Giovanni in Laterano, ritornò al Vaticano [p. 14] molto male in salute e passò la giornata in letto, dimodoché l’indomani essendoci presentati per la visita di etichetta ci volle tutto per poterlo vedere, e ci fece chiamare alla sua camera privata, dove ci diresse poche parole a ciascheduno dei tre con una commossione indescrivibile; il maggior domo che stava alla porta ci obligò subito a sortire. Dopo la visita del S. Padre abbiamo fatto tutte le visite ai Cardinali, come si usava, e nei due o tre giorni che durarono queste visite, dapertutto non si parlava di altro che della malattia del Papa; fermento liberale in Roma quasi che i liberali di Roma conoscessero la prossima fine del S. Padre, ogni giorno più andava dichiarandosi in Roma un fermento poco rassicurante per ogni caso della sua morte.

Io già aveva fatto tutte le mie provviste, e prese tutte le mie misure per la partenza, persino i biglietti per l’imbarco sui vapori francesi. partenza dei pp. Giusto e Cesare da Roma
[13.5.1846]
I Padri Giusto da Urbino e Cesare da Castelfranco partirono prendendo con loro una parte del bagaglio, ed io con Fr. Pasquale da Duno mio compagno dovevamo partire col Vapore della settimana seguente, intesi di aspettarci in Alessandria d’Egitto; il P. Felicissimo da Cortemilia, arrivato [18.5.1846] più tardi dal Piemonte, sarebbe poi venuto [p. 15] dopo per portarci tutto il resto dei dispacci e del bagaglio che sarebbe rimasto. Vedendo ogni giorno più aggravarsi la malattia del S. Padre ed oscurarsi vieppiù l’orizzonte politico io non vedeva il momento di andarmene. Per la tranquillità publica il bollettino che usavasi publicare sullo stato dell’infermo Pontefice era sempre molto moderato, ma come suole accadere in simili momenti le notizie private non mancano anche di esaggerazione. Approssimandosi il giorno della mia partenza per Civita Vecchia una mattina verso le nove vado alla Propaganda per prendere le ultime intelligenze con Sua Em. il Cardinale Prefetto, e con Monsignor Segretario, dopo aver parlato con quest’ultimo entro dal Cardinale, e mentre stava parlando con lui dei nostri affari viene un biglietto dal Vaticano, ed apertolo colle mani tremanti, morte del Papa
[1.6.1846]
era l’annunzio fatale dello spirato Pontefice; il buon cardinale si mise a piangere ed esclamò: oh beato Lei che se ne parte, Dio sa cosa sarà di noi! ciò detto mi raccomandò di non parlare fino a tanto che la notizia offiziale non venga publicata, [p. 16] ciò detto mi congedò subito e poi partì per il Vaticano; gli ho domandato se avrei potuto sperare di poter entrare anche io per vederlo ancora una volta prima di partire, ma egli rispose che per due giorni nessuno poteva entrare ad eccezione dei Cardinali. Per fortuna che io aveva già spiciati poco presso tutti i miei affari, del resto, appena si seppe la morte del Papa, tutte le congregazio[ni] sono state chiuse, e dovunque un parapiglia ed un’inquietudine tale che sarebbe stato impossibile tentare il menomo affare; con gran pena mi riuscì di congedarmi da alcuni, e segnatamente dal Barone d’Ereculais, al quale aveva raccomandato l’affare della missione presso il Consiglio centrale della Propagazione di Lione per ottenere qualche somma per l’impianto della nuova missione.

Intanto ritornato io in Convento feci consiglio col Procuratore sopra il quid agendum? I posti sul vapore erano presi, ed il vapore doveva partire da Civita-vecchia [22.5.1846] dopo due giorni, i missionarii già arrivati in Alessandria mi aspettavano; il R.mo Procuratore, tutto calcolato, ed in specie calcolati i torbiti che potevano nascere, partite mi disse, e se ancora avete qualche cosa da ultimare io farò tutto, e spedirò ogni cosa col mezzo /10/ del Padre Felicissimo quando verrà. Ciò inteso [p. 17] io non pensai più ad altro: della sera ho mandato tutto il mio bagaglio all’uffizio della diligenza con ordine di prendere i migliori posti sulla medesima per l’indomani, ed il giorno dopo la morte di Gregorio XVI. mentre tutto il mondo al sentir[ne] la sua morte forze sarebbe stato in movimento per Roma, parte per assistere [a]i novendiali, ed anche molti altri liberali colla speranza di qualche rivoluzione, mia partenza da Roma [3.6.1846] io me ne partiva per Civitavecchia col mio compagno Fr. Pasquale, a cui rincresceva partire pel desiderio di vedere le funzioni mortuarie di Gregorio e la seguente elezione del Papa.