Niccolò V

Romanus Pontifex - 1454

Bolla “Romanus Pontifex” con la quale vengono riconosciuti al Portogallo i territori scoperti in Africa, 8 gennaio 1454.

Testo latino in Bullarium Romanum, vol. V, pp. 110-115.

Traduzione: http://it.cathopedia.org/wiki/Romanus_Pontifex

Commento

(da Stato e Chiesa attraverso i secoli, Documenti raccolti e commentati da S. Z. Ehler e J. B. Morral, Introduzione di Giovanni Soranzo, Milano, 1958, ed. or. 1954, pp. 178-187)

Il principe Enrico del Portogallo, chiamato poi il Navigatore, prese parte da giovane alla spedizione militare, con la quale le armate di suo padre conquistarono nel 1415 Ceuta, sulla costa africana dello stretto di Gibilterra. L’impressione provocata in lui da quella giovanile esperienza ne fece negli anni più maturi il grande ispiratore delle ambizioni espansionistiche della Cristianità lungo le coste dell’Africa occidentale. I motivi delle esplorazioni e delle conquiste, organizzate sotto la sua guida, vanno ricercati in un insieme di interessi politici del Portogallo, di invitanti possibilità commerciali e di spirito anti-islamico, spirito che alimentava la speranza di scoprire una strada, per raggiungere il supposto regno cristiano di “Prete Giovanni” nell’interno dell’Africa; un’alleanza dei paesi cristiani d’Europa con quel regno avrebbe infatti portato all’accerchiamento dei maomettani e alla loro distruzione. Per secoli si era prestato fede nel Medioevo alle vaghe nozioni circa “Prete Giovanni e il suo Impero” e nel XV secolo una inesatta conoscenza dell’Etiopia aveva incoraggiato i popoli a credere in questa leggenda. Un riflesso di essa si trova nella Bolla Romanus Pontifex, e l’errore relativo a “un certo grande fiume” nell’Africa occidentale (ritenuto il Nilo, mentre si trattava del Senegal) indica quanta parte avesse l’Etiopia in queste combinazioni geografiche.

Nel tempo stesso i re di Castiglia avevano instaurato il loro potere sulle Isole Canarie e si era accesa una lunga disputa fra Castigliani e Portoghesi a proposito delle terre africane che erano state via via scoperte e dei commerci con quelle regioni. Secondo la tradizione medioevale entrambe le parti chiesero al pontefice la conferma delle loro conquiste (vedi cap. III, doc. 1). Il papato si mantenne, in un primo momento, neutrale e, soltanto dopo che il re del Portogallo, Alfonso V. ebbe risposto all’appello lanciato dal pontefice per una crociata contro i Turchi (dopo la caduta di Costantinopoli avvenuta nel 1453) Niccolò V, riconoscente per l’appoggio del sovrano, confermò il punto di vista portoghese, garantendogli “con la pienezza del potere Apostolico” il possesso delle terre africane conquistate e sanzionando il riconoscimento con la Bolla Romanus Pontifex promulgata nel gennaio del 1454.

La garanzia riguardava: il possesso di Ceuta (sottratto al dominio dei Mori) e quello delle terre scoperte, il possesso dei mari adiacenti, il diritto esclusivo di commercio, pesca e navigazione, una esenzione delle restrizioni imposte dalla Legge canonica sul commercio con gli Infedeli e infine il diritto di organizzare l’amministrazione ecclesiastica cristiana nei nuovi territori. Qualsiasi tentativo di ridurre i diritti in tal modo riconosciuti sarebbe stato gravemente punito dalla Chiesa.

Il possesso dei mari adiacenti e i diritti esclusivi di navigazione e di pesca erano conformi ai concetti dell’Europa medioevale secondo i quali questi diritti erano legati alla sovranità su vaste zone di mare. L’antica proibizione del commercio di determinati generi coi Saraceni risaliva all’inizio delle Crociate; infatti nel 1179 il terzo Concilio Lateranense aveva solennemente proibito a tutti i cristiani di fornire ai Saraceni tutte quelle merci (enumerate dal Concilio stesso), che erano considerate importanti dal punto di vista militare e che avrebbero potuto accrescere la potenza dei paesi arabi. Gli indigeni dell’Africa, per la cui schiavitù il papa dà il suo placet nella stessa Bolla, erano destinati a quelle potenze mediterranee, che impiegavano schiavi non cristiani nelle loro galere a remi; questo permesso fu considerato come la giusta risposta al duro trattamento inflitto ai prigionieri cristiani nei paesi islamici. Nei secoli successivi, però, il commercio degli schiavi africani, specialmente per quel che riguarda l’America, assunse proporzioni vastissime e disumane. Il nome del principe Enrico viene spesso menzionato nella garanzia data a suo padre Alfonso V, in quanto l’Infante non era soltanto l’ispiratore e il finanziatore delle scoperte, ma era colui che deteneva il monopolio del commercio e l’autorità amministrativa delle nuove terre; alla sua morte questi diritti passarono alla Corona portoghese. Più tardi i pontefici confermarono la Bolla Romanus Pontifex attraverso varie promulgazioni successive e, poiché il Portogallo ha sempre posseduto varie colonie in Africa dall’epoca di questa Bolla, gli effetti della garanzia papale sono sempre stati e sono tuttora operanti. Nel Concordato fra la Santa Sede e il Portogallo, stipulato nel 1940, in cui venivano accordati a quest’ultimo importanti e inconsueti privilegi per quanto riguardava l’organizzazione della Chiesa e delle opere missionarie nelle sue colonie, si trova ancora un’eco della Romanus Pontifex.

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/110b/

Declaratio, tum soptam (1) tum reliquam Africam a Promontoriis Bajadoc et Nam ad Guineam usque, vel etiam ultra ad antarticum, omniaque adiacentia Saracenorum regna Lusitanae coronae esse addicta (2).

Dichiarazione, che sia Ceuta quanto il resto dell’Africa, da Capo Bojador e da Cabo de Não [Chaunar] fino alla Guinea, ed oltre fino all’emisfero meridionale, e tutti i vicini regni dei Saraceni siano annessi alla corona del Portogallo.

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Summarium

Sommario

Exordium.
– Quae sit vera regum laus.
– 1. Henrici principis gesta insignia.
– Athlantici Oceani insulares Christi fide imbuti.
– 2. Ad Indos conquisitum maximo labore iter.
– Subacti a Lusitanis Æthyopes occidui.
– 3. Plures religione Christi informati.
– 4. Prohibita externis in eas oras navigatio.
– Amputata litium materia.
/111a/ – 5. Partum in regna barbarica ius Lusitano confirmatum,
– Et in ea quae in posterum comparanda erunt.
– Condendarum in iis regnis legum auctoritas collata.
– 6. Martini V et Eugenii IV confirmata privilegia.
– Concessa extruendarum ecclesiarum potestas.
– 7. Ferrum et lignamina ad barbaros deferri prohibita.
– 8. Censurae ecclesiasticae praevaricaturis inflictae.
– 9, 10. Obstantium derogatio.
– 11. Fides adhibenda transumpto praesentium.
– 12. Clausulae.

Esordio
– Quale sia la vera lode dei Re
– 1. Le insigni gesta del principe Enrico
– Gli abitanti delle isole dell’Oceano Atlantico istruiti nella fede cristiana
– 2. La via per le Indie conquistata con grandissima fatica
– Gli Etiopi occidentali sottomessi dai Portoghesi
– 3. Molti di loro formati nella fede cristiana
– 4. Vietata agli estranei la navigazione in quei lidi
– Troncata l’occasione di contesa
– 5. Il diritto ereditario sui regni barbarici confermato al Portogallo
– E su quelli che saranno acquisiti in futuro
– Conferita l’autorità di emanare leggi in quei regni
– 6. Confermati i privilegi di Martino V e Eugenio IV
– Concessa l’autorità di costruire chiese
– 7. Vietato consegnare ferro e legname ai barbari
– 8. Inflitte censure ecclesiastiche ai prevaricatori.
– 9. 10. Divieto di opposizione
– 11. Queste norme siano trascritte fedelmente
– 12. Norme finali


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Nicolaus episcopus servus servorum Dei, ad perpetuam rei memoriam.

Niccolò vescovo, servo dei servi di Dio, a ricordo perpetuo dell’argomento.

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Romanus Pontifex, caelestis clavigeri successor et vicarius Iesu Christi, cuncta mundi climata omniumque nationum in illis degentium qualitates paterna consideratione discutiens, ac salutem quaerens et appetens singulorum, illa, perpensa deliberatione, salubriter ordinat et disponit, quae grata divinae Maiestati fore conspicit, et per quae oves sibi divinitus creditas ad unicum ovile dominicum reducat, et acquirat eis felicitatis aeternae praemium, ac veniam impetret animabus, quae eo certius, auctore Domino, provenire credimus, si condignis favoribus et specialibus gratiis eos catholicos prosequamur reges et principes, quos, veluti christianae fidei athletas et pugiles intrepidos, non modo saracenorum caeterorumque infidelium Christi nominis inimicorum feritatem reprimere, sed etiam ipsos eorumque regna ac loca, etiam in longissimis nobisque incognitis partibus consistentia, pro defensione et augmento fidei, debellare suoque temporali dominio subdere, nullis parcendo laboribus et expensis, facti evidentia cognoscimus; ut reges et principes ipsi, sublatis quibusvis dispendiis, ad tam saluberrimum tamque laudabile prosequendum opus semper amplius animentur.

Il romano pontefice, successore del celeste chiavigero (san Pietro) e vicario di Gesù Cristo, interessandosi con paterna considerazione a tutti i climi del mondo e alle qualità di tutte le nazioni che vi dimorano, desiderando e cercando la salvezza di ogni singolo, salutarmente ordina e dispone con attenta deliberazione le cose che egli sa gradite alla Divina Maestà, e con le quali può condurre le pecore, affidategli per ordine divino all’unico ovile del Signore, e acquisti per esse il premio della felicità eterna, e venga il perdono per le loro anime. E crediamo che ciò potrà più sicuramente provenire dall’azione di Dio, se ricompenseremo con particolari favori e speciali grazie quei re e principi cattolici, di cui conosciamo fatti evidenti che come atleti e intrepidi combattenti della fede cristiana non solo reprimono la ferocia dei Saraceni e degli altri infedeli nemici dei Cristiani, ma anche conquistano i loro regni e luoghi, anche se esistenti in lontanissime e incognite parti da noi, per la difesa e l’aumento della fede, li sconfiggono e li assoggettano al loro dominio temporale, nulla risparmiando in fatiche e spese; affinchè gli stessi re e prìncipi, sollevati da ogni possibile ostacolo, siano animati a proseguire sempre più tale salutare e lodabile opera.

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§ 1. Ad nostrum siquidem nuper, non sine ingenti gaudio et nostrae mentis laetitia, pervenit auditum quod dileclus filius nobilis vir Henricus, Infans Portugalliae, charissimi in Christo filii nostri Alfonsi, Portugalliae et Algarbii regnorum regis /111b/ illustris, patriis inhaerens vestigiis clarae memoriae Ioannis, dictorum regnorum regis eius genitoris, ac zelo salutis animarum et fidei ardore plurimum succensus, tamquam catholicus et verus omnium creatoris Christi miles, ipsiusque fidei acerrimus ac fortissimus defensor ei intrepidus pugil, eiusdem Creatoris gloriosissimum nomen per universum terrarum orbem, etiam in remotissimis et incognitis locis, divulgati, extolli et venerari, necnon illius ac vivificae, qua redempti sumus Crucis inimicos perfidos, saracenos videlicet, ac quoscumque alios infideles ac ipsius fidei gremium reduci, ab eius ineunte aetate totis aspirans viribus, post Ceptensem civitatem, in Africa consistentem, per dictum Ioannem regem eius subactam dominio, et post multa per ipsum Infantem, nomine dicti regis, contra hostes et infideles praedictos, quam etiam in propria persona, non absque maximis laboribus et expensis, ac rerum et personarum periculis et iactura, plurimorumque naturalium suorum caede, gesta bella, ex tot tantisque laboribus, periculis et damnis, non fractus neque territus, sed ad huiusmodi laudabilis et pii propositi sui prosecutionem in dies magis atque magis exardescens, in Oceano mari quondam solitarias insulas fidelibus propalavit, ac fundari et construi inibi fecit ecclesias et alia pia loca, in quibus divina celebrantur officia, et dicti quoque Infantis laudabili opera et industria quamplures diversarum in dicto mari existentium insularum incolae seu habitatores ad veri Dei cognitionem venientes, sacrum baptisma susceperunt, ad ipsius Dei laudem et gloriam ac plurimarum animarum salutem, orthodoxae quoque fidei propagationem et divini cultus augmentum.

1. Recentemente ci è pervenuta notizia, non senza ingente gioia e letizia della nostra mente, che il nostro diletto figlio, il nobile Enrico, infante di Portogallo, zio del nostro carissimo figlio in Cristo Alfonso (V), re illustre dei regni di Portogallo e Algarve, ereditando le vestigia di Giovanni (I) di famosa memoria, suo genitore re dei regni suddetti, e acceso di zelo per la salvezza delle anime e di ardore per la fede, come soldato cattolico e vero di Cristo Creatore di tutte le cose, e acerrimo e fortissimo difensore e intrepido combattente della fede, ha sempre aspirato, fin dall’ingresso nell’età, a divulgare, lodare e venerare il gloriosissimo nome del Creatore per tutto il mondo, anche nei luoghi più remoti e incogniti, e anche ricondurre in grembo alla sua fede vivificante, per la quale fummo redenti, anche i perfidi nemici della Croce, specialmente i Saraceni e tutti gli altri infedeli. Noi abbiamo anche appreso che dopo che la città di Ceuta in Africa era stata soggiogata al dominio dal suddetto re Giovanni, e dopo che molte guerre erano state combattute, anche in persona dallo stesso infante, a nome del suddetto re (Giovanni), contro i suddetti nemici ed infedeli, non senza grandissimi disagi e spesa, pericoli e perdita di cose e di persone, e l’uccisione di molti di loro, (l’infante), né indebolito né spaventato da tante imprese belliche, pericoli e danni, ma piuttosto ancor più ansioso di perseguire il suo scopo lodevole e pio, popolò di fedeli alcune isole solitarie del mare oceano (Atlantico) e vi fondò e costruì chiese e altri pii luoghi, nei quali si celebra il servizio divino. E per l’opera lodevole e l’industriosità di suddetto infante, moltissimi abitanti delle diverse isole esistenti nel detto mare, sono venuti a conoscenza del vero Dio, hanno ricevuto il santo battesimo, a lode e gloria dello stesso Dio e per la salvezza di molte anime, la propagazione della fede ortodossa e l’aumento del culto divino.

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§ 2. Praeterea, cum olim ad ipsius Infantis pervenisset notitiam, quod nunquam, vel saltem a memoria hominum non consuevisset per huiusmodi Oceanum mare versus meridionales et orientales plagas navigari; illudque nobis Occiduis /112a/ adeo foret incognitum, ut nullam de partium illarum gentibus certam notitiam haberemus, credens se maxime in hoc Deo prestare obsequium, si, eius opera et industria, mare usque ad Indos, qui Christi nomen colere dicuntor, navigabile fieret, sicque cum eis participare, et illos in christianorum auxilium adversus saracenos et alios huiusmodi fidei hostes commovere posset; ac nonnullos gentiles seu paganos (1) nefandissimi Machometi secta minima, infectos populos inibi medio existentes continuo debellare, eisque incognitum sacratissimum Christi nomen predicare ac facere praedicari: regia tamen semper auctoritate munitus, a vigintiquinque annis citra, exercitum ex dictorum regnorum gentibus, maximis cum laboribus, periculis et expensis, in velocissimis navibus, caravellis nuncupatis, ad perquirendum mare et provincias maritimas, versus meridionales partes et polum antarticum, annis singulis fere mittere non cessavit; sicque factum est ut, cum naves huiusmodi quamplures portus, insulas et maria perlustrassent, ad Ghineam (2) provinciam tandem perveniren, occupatisque nonnulla insulis, portibus ac mari eidem provinciae adiacentibus, ulterius navigantes, ad ostium cuiusdam magni fluminis, Nili communiter reputati, pervenerunt, et contra illarum partium populos, nomine ipsorum Alfonsi regis et Infantis, per aliquos annos guerra habita extitit, et in illa quamplures inibi vicinae insulae debellatae ac pacifice possessae fuerunt, prout adhuc cum adiacenti mari possidentur.

2. Inoltre poiché tempo fa venne notizia al suddetto infante che mai, o almeno da memoria d’uomo, era consueto navigare su tale mare oceano verso le coste meridionali ed orientali, così incognite a noi, abitanti dell’occidente, che non abbiamo nessuna conoscenza certa delle genti di quelle parti, credette che avrebbe massimamente prestato ossequio a Dio, se con la sua opera e industriosità avesse fatto navigabile il mare fino agli Indiani, che si dice venerino il nome di Cristo, così da negoziare con loro e poterli coinvolgere come aiuto ai Cristiani contro i Saraceni e altri simili nemici della fede, e conquistare certe genti e pagani che vivono in mezzo (tra Cristiani e Indiani), popoli infettati dalla setta del nefandissimo Maometto, e predicare e far predicare il a loro incognito sacratissimo nome di Cristo: sempre sostenuto dall’autorità regia, da venticinque anni in qua, egli non cessò di inviare ogni anno schiere verso i suddetti regni, con massimi sforzi, pericoli e spese, con navi velocissime dette caravelle, per esplorare il mare e le province marittime verso le parti meridionali e il polo antartico. E così accadde che quando le navi esplorarono in tal modo molti porti, isole e mari, pervennero anche alla provincia di Guinea e occuparono alcune isole, porti e mari adiacenti alla provincia. Navigando ulteriormente pervenirono alla foce di un largo fiume, considerato comunemente il Nilo (in realtà il fiume Senegal). E contro i popoli di quelle parti, nel nome di re Alfonso e dell’infante, per alcuni anni si ebbe la guerra, e in essa numerose isole vicine furono sottomesse e possedute pacificamente, e ancora sono possedute con il mare adiacente.

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§ 3. Exinde quoque multi Ghinei et alii Nigri vi capti, quidam etiam, non prohibitarum rerum permutatione seu alio legitimo contractu emptionis, ad dicta sunt regna transmissi. Quorum inibi copioso numero ad catholicam fidem conversi extiterunt, speraturque, divina favente cle- /112b/ mentia, quod, si huiusmodi cum eis continuetur progressus, vel populi ipsi ad fidem convertentur, vel saltem multorum ex eis animae Christo lucrifient.

3. Da allora molti Guinei e altri negri catturati con forza, e altri ottenuti con permutazione di cose non proibite, o con altro legittimo contratto d’acquisto, furono inviati nel regno suddetto (Portogallo). Di questi un copioso numero si convertì alla fede cattolica, e si spera, favorente la divina clemenza, che se si continua tra loro un tale progresso, o questi popoli si convertiranno alla fede, o almeno le anime di molti di loro verranno acquistate a Cristo.

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§ 4. Cum autem, sicut accepimos, licet rex et Infans praedicti, qui, com tot tantisque periculis, laboribus et expensis, necnon perditione tot naturalium regnorum huiusmodi, quorum inibi quamplures perierunt, ipsorum naturalium dumtaxat freti ausilio, provincias illas perlustrari fecerunt, ac portus, insulas et maria huiusmodi acquisiverunt et possederunt, ut praefertur, ut illorum veri domini, timentes ne aliqui, cupiditate ducti, ad partes illas navigarent, et operis huiusmodi perfectionem, fructum et laudem sibi usurpare vel saltem impedire cupientes; propterea, seu lucri commodo aut malitia, ferrum, arma, lignamina, aliasque res et bona ad infideles deferri prohibita portarent vel transmitterent, aut ipsos infideles navigando modum edocerent, propter quae eis hostes fortiores ac duriores fierent, et huiusmodi prosecutio vel impediretur vel forsan penitus cessaret, non absque offensa magna Dei et ingenti totius christianitatis opprobrio; ad obviandum praemissis, ac pro suorum iuris et possessionis conservatione, sub certis tunc expressis gravissimis poenis probibuerint et generaliter statuerint quod nullus, nisi cum suis nautis ac navibus et certi tributi solutione, obtentaque prius desuper expressa ab eodem rege vel Infante licentia, ad dictas provincias navigare, aut in earum portubus contractare, seu in mari piscari praesumeret, tamen successu temporis evenire posset quod aliorum regnorum seu nationum personae, invidia, malitia aut cupiditate ductae, contra prohibitionem praedictam, absque licentia et tributi solutione huiusmodi, ad dictas provincias accedere, et in sic acquisitis provinciis, portubus et insulis ac mari navigare, contractare et piscari praesumerent et exinde, inter Alfonsum regem ac Infan- /113a/ tem, qui nullatenus se in iis sic deludi paterentur, et praesumentes praedictos, quamplura odia, rancores, dissensiones, guerrae et scandala, in maximam Dei offensam et animarum periculum, verisimiliter subsequi possent et subsequerentur.

4. Come siamo stati informati, il re e l’infante suddetti, che con tanti pericoli, fatiche e spese, e con la perdita di sudditi, molti dei quali morirono in quelle spedizioni, e con solo l’aiuto di quei sudditi, fecero esplorare queste province, e conquistarono e possederono in tal modo suddetti porti, isole e mari, come veri signori di essi, hanno temuto che alcuni, condotti dalla cupidigia, possano navigare verso quelle parti, desiderosi di usurpare od ostacolare il compimento, il risultato e la lode di tale opera, per portare o trasportare, sia per lucro che per malizia, ferro, armi, legni e altre cose e beni, i quali è proibito portare o trasmettere agli infedeli, o educare gli stessi infedeli nel modo della navigazione, con la quale diverrebbero per loro (il re e l’infante) nemici più forti e duri, e in tal modo la prosecuzione (dell’esplorazione) sarebbe impedita o del tutto cessata, non senza grande offesa a Dio ed ingente obbrobrio dell’intera Cristianità. Per impedire le suddette cose e per conservare il loro (del re e dell’infante) diritto e possesso, proibirono e stabilirono sotto gravissime pene che in generale nessuno, se non con propri (portoghesi) navi e marinai e pagando un certo tributo, e ottenuta una esplicita licenza concessa prima dagli stessi re ed infante, presuma di salpare verso le dette province, o di commerciare nei loro porti, o di pescare nel mare. Tuttavia nel tempo successivo potrebbe avvenire che persone di altri regni e nazioni, condotte da invidia, malizia e cupidigia, contro la suddetta proibizione, presumano, senza licenza e pagamento di tributo, di accedere alle dette province, e raggiunte tali province, porti, isole e mari, di navigare, commerciare e pescare, e dunque tra (loro e) il re Alfonso e l’infante, che in nessun modo si mostrerebbero sconfitti per loro, potrebbero conseguire e ne conseguiranno (di certo) grandi odi, rancori, dissensi, guerre e scandali, con massima offesa a Dio e pericolo delle anime.

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§ 5. Nos, praemissa omnia et singula debita meditatione (1) attendentes quod, cum olim praefato Alfonso regi quoscumque saracenos ac paganos, aliosque Christi inimicos ubicumque constitutos, ac regna, ducatus, principatus, dominia, possessiones, et mobilia et immobilia bona quaecumque per eos detenta ac possessa invadendi, conquirendi, expugnandi, debellandi et subiugandi, illorumque personas in perpetuami servitutem redigendo ac regna, ducatus, comitatus, principatus, dominia, possessiones et bona sibi et successoribus suis applicandi, appropriando, ac in suos successorumque suorum usus et utilitatem convertendi, aliis nostris literis plenam et liberam inter caetera, concessimus facultatem; dictae facultatis obtentu, idem Alfonsus rex, seu ipsius auctoritate praedictus Infans iuste et legitime insulas, terras, portus et maria huiusmodi acquisivit ac possedit et possidet, illaque ad eundem Alfonsum regem et ipsius successores de iure spectant et pertinent; neque quivis alius ex Christi fidelibus, absque ipsorum Alfonsi regis et successorum suorum licentia speciali, de illis se hactenus intromittere licite potuit nec potest quoquomodo, ut ipse Alfonsus rex eiusque successores et Infans eo sincerius huic tam piissimo ac praeclaro et omni aevo memoratu dignissimo operi, in quo, cum animarum salus, fidei augmentum et illius hostium depressio procurentur, Dei ipsiusque fidei ac reipublicae universalis Ecclesiae rem agi conspicimus, insistere valeant et insistant, quo, sublatis quibusvis dispendiis, amplioribus se per nos et Sedem Aposlolicam favoribus et gratiis munitos fore conspexerint, /113b/ de praemissis omnibus et singulis plenissime informati, motu proprio, non ad ipsorum Alfonsi rogis et infantis, vel alterius pro eis nobis super hoc oblatae petitionis instantiam, maturaque prius desuper deliberatione praehabita, auctoritate apostolica et ex certa scientia, de apostolicae potestatis plenitudine, literas facultatis praefatas, quarum tenores de verbo ad verbum praesentibus haberi volumus pro insertis, cum omnibus et singulis in eis contentis clausulis, ad Ceptensem et praedicta et quaecumque alia, etiam ante datam dictarum facultatem literarum acquisita, et quae in posterum, nomine dictorum Alfonsi regis suorumque successorum et infantis, in ipsis ac illis circumvicinis et ulterioribus ac remotioribus partibus, de infidelium seu paganorum manibus acquiri potuerunt, provincias, insulas, portus et maria quaecumque extendi, et illa sub eiusdem facultatis literis comprehendi, ipsarumque facultatis et praesentium literarum vigore iam acquisita et quae in futurum acquiri contigerit, postquam acquisita fuerunt, ad praefatum regem et successores suos ac infantem, ipsamque conquestam, quam a capitibus de Borados (1) et de Nam usque per totam Ghineam, videlicet versus illam meridionalem plagam extendi, harum serie declaramus etiam ad ipsos Alfonsum regem, successores suos ac Infantem, et non ad aliquos alios spectasse et pertinuisse, ac in perpetuum spectare et pertinere de iure; necnon Alfonsum regem et successores suos ac Infantem praedictos in ills et circa ea, quaecumque prohibitiones, statuta et mandata, etiam poenalia et cum cuiusvis tributi impositione, facere, et de ipsis et de rebus propriis et aliis ipsorum dominiis disponere et ordinare potuisse, ac nunc et in futurum posse libere et licite, tenore praesentium decernimus et declaramus, ac, pro potioris iuris et cautelae suffragio, iam acquisita et quae in posterum acquiri contigerit /114a/ provincias, insulas, portus, loca et maria quaecumque, quotcumque et qualiacumque fuerint, ipsamque conquestam, a capitibus de Boradoch et de Nam praedictis. Alfonso regi et successoribus suis, regibus dictorom regnorum, ac Infanti praefatis perpetuo donamus, concedimus et appropriamus per praesentes.

5. Noi, pensando con debita meditazione a tutte e alle singole cose premesse, con altre nostre lettere, abbiamo già concesso, tra le altre cose, piena e completa facoltà al suddetto re Alfonso di invadere, conquistare, espugnare, sconfiggere e soggiogare tutti i Saraceni e pagani e altri nemici di Cristo ovunque vivono, e i loro regni, ducati, principati, signorie, possessi, e tutti i beni mobili e immobili da loro detenuti o posseduti, e le loro persone ridurre in perpetua schiavitù, e di occupare, appropriarsi e convertire a proprio uso e profitto proprio e dei suoi successori tali regni, ducati, contee, principati, signorie, possessioni e beni. Ottenuta suddetta facoltà, il re Alfonso o il suddetto infante con la sua autorità, hanno giustamente e legittimamente occupato isole, terre, porti e mari, li hanno possedute e li posseggono, e spettano e sono proprietà di diritto dello stesso re Alfonso e dei suoi successori. E non è stato finora né è lecito, per qualsiasi altro dei fedeli in Cristo senza speciale licenza di re Alfonso e dei suoi successori, intromettersi in qualche modo; affinchè il re Alfonso e i suoi successori e l’infante possano compiere e compiano questa opera sincera e piissima e illustre e degnissima di essere ricordata in ogni tempo, la quale, per la salvezza delle anime, l’aumento della fede e la sconfitta dei suoi nemici, consideriamo una cosa che attiene Dio, la sua fede, e la chiesa universale, con tanta maggior perfezione in quanto, rimosso ogni ostacolo, si vedranno più fortificati da favori e grazie concessi da noi e dalla Sede Apostolica. Pienamente informati circa tutte e singole le cose premesse, con nostra propria iniziativa, senza alcuna sollecitazione da parte di re Alfonso e dell’Infante, o petizione presentata da alcuno per conto loro, dopo matura deliberazione, noi decretiamo e dichiariamo con autorità apostolica e per sicura conoscenza, per la pienezza del potere apostolico, che le suddette lettere di concessione, il cui contenuto vogliamo che sia osservato come se fosse incluso parola per parola nella presente (lettera), insieme a tutte e singole le clausole in esse contenute, siano estese a Ceuta e ai predetti luoghi e a qualunque altro, anche se acquisito prima della facoltà data da suddette lettere, e a quelle province, isole, porti e mari, qualunque esse siano, che per l’avvenire siano strappate, in nome del detto re Alfonso e dei suoi successori e dell’infante, dalle mani degli infedeli o pagani in quelle e nelle regioni contigue e più lontane e remote. Noi decretiamo anche che per forza della facoltà di quelle e della presente lettera, i luoghi già acquisiti e quelli che lo saranno in futuro, dopo la loro acquisizione, spettino e appartengano in perpetuo di diritto al re Alfonso, ai suoi successori e all’infante, e che la conquista, che con queste lettere dichiariamo dai capi di Borador e Nam fino a tutta la Guinea, e cioè verso le coste meridionali, appartengono ed apparterranno in perpetuo a re Alfonso, ai suoi successori e all’infante, e a nessun altro. Noi anche decretiamo e dichiariamo con la presente, che re Alfonso e i suoi successori e l’infante, qualunque proibizione, statuto e mandato, anche penale e riguardante l’imposizione di qualsiasi tipo di tributo, ora e in futuro possono liberamente e lecitamente disporre e ordinare, circa questi territori, le proprie cose e gli altri loro domìni. E per un più potente diritto e una garanzia, doniamo, concediamo e assegniamo in perpetuo con la presente le province, isole, porti, luoghi e mari (qualunque siano la loro conformazione, numero e qualità), che sono già stati acquisiti e che lo saranno in futuro, dai suddetti capi di Borador e Nam, a re Alfonso e ai suoi successori, re dei suddetti regni, e all’infante.

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§ 6. Praeterea, cum ad perficiendum opus huiusmodi multipliciter sit opportunum quod Alfonsus rex et successores ac Infans praedicti, necnon personae quibus hoc duxerint, seu aliquis ipsorum duxerit committendum, illius dicto Ioanni regi per felicis recordationis Martinum quintum, et alterius indultorum etiam inclytae memoriae Eduardo, eorumdem regnorum regi, eiusdem Alfonsi regis genitori, per piae memoriae Eugenium quartum, Romanos Pontifices praedecessores nostros, concessorum, versus dictas partes cum quibusdam saracenis et infidelibiis de quibuscumque rebus et bonis ac victualibus, emptiones et venditiones, prout congruit, facere, necnon quoscumque contractus inire, transigere, pacisci, mercari ac negotiari, et merces quascumque ad ipsorum saracenorum et infidelium loca, dummodo ferramenta, lignamina, funes, naves seu armaturarum genera non sint, deferre, et ea dictis saracenis et infidelibus vendere, omnia quoque alia et singula in praemissis et circa ea opportuna vel necessaria facere, gerere vel exercere, ipsique Alfonsus rex, successores et Infans in iam acquisitis et per eum acquirendis provinciis, insulis ac locis quascumque Ecclesias, monasteria et alia pia loca fundare, ac fundari et construi, necnon quascumque voluntarias personas ecclesiasticas, saeculares, quorumvis etiam Mendicantium Ordinum regulares (de superiorum tamen suorum licentia) ad illa transmittere, ipsaeque personae inibi etiam, quae advenerini, commorari, ac quorumcumque in dictis partibus existentium vel accedentium confessiones audire, illisque /114b/ auditis, in omnibus, praeterquam Sedi praedictae reservationis casibus, debitam absolutionem impendere ac poenitentiam salutarem iniungere, necnon ecclesiastica sacramenta ministrare valeant libere ac licite decernimus, ipsique Alfonso et sucessoribus suis, regibus Portugalliae, qui erunt in posternum, et Infanti praefato concedimus et indulgemus.

6. Inoltre, poiché è in molti modi opportuno per il conseguimento dell’opera, i suddetti re Alfonso e i successori e l’infante e le persone che guidano, o altri che guideranno, secondo la concessione fatta al suddetto re Giovanni da Martino V di felice memoria, e un’altra fatta al re Alfonso di famosa memoria, re degli stessi regni, padre dello stesso re Alfonso, da Eugenio IV di pia memoria, pontefici di Roma nostri predecessori, noi garantiamo che le persone suddette possono in ognuno dei suddeti luoghi, a saraceni e infedeli, comprare e vendere qualsiasi cosa, bene e vitto, secondo come riterranno conveniente, e concludere qualsiasi contratto, transazione, affare, acquisto e negozio, e trasportare qualsiasi merce, a meno che non siano metalli, legni, fune, navi, armature da vendere agli stessi Saraceni e infedeli; ed essi possono anche fare, compiere ed effettuare nelle suddette cose tutte quelle altre azioni, opportune e necessarie. E gli stessi re Alfonso, i successori e l’infante, nelle province, isole e luoghi già acquisiti o da acquisire, possono fondare e far fondare e costruire chiese, monasteri e altri pii luoghi, e possono inviarvi qualunque persona volontaria, ecclesiastici, secolari e anche regolari di qualche ordine mendicante (tuttavia con licenza dei loro superiori), e queste persone potranno dimorarvi per tutta la loro vita ed accogliere le confessioni di qualsiasi persona, indigeno o forestiero di suddetti luoghi, e dopo la confessione potranno concedere la debita assoluzione in tutti i casi, eccetto quelli riservati alla suddetta Sede, ed imporre una salutare penitenza, e potranno dispensare i Sacramenti della Chiesa liberamente e legalmente. Questo concediamo e permettiamo a Alfonso e i suoi successori, re del Portogallo, che regneranno dopo di lui, e al suddetto infante.

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§ 7. Ac universos et singulos Christi fideles, ecclesiasticos, saeculares et Ordinum quorumcumque regulares, ubilibet per orbem constitutos, euiuscumque status, gradus, ordinis, conditionis vel praeeminentiae fuerint, etiamsi archiepiscopali, episcopali, imperiali, regali, ducali seu alia quacumque maiori ecelesiastica seu mundana dignitate praefulgeant, obsecramus in Domino, et per aspersionem Sanguinis Domini nostri Iesu, cuius, ut praemittitur, res agitur, exhortamur, eisque in remissionem suorum peccaminum iniungimus, necnon hoc perpetuo prohibitionis edicto districtius inhibemus, ne ad acquisita seu possessa nomine Alfonsi regis, aut inconquisita huiusmodi consistentia provincias, insulas, portus, maria et loca quaecumque, seu alias ipsis saracenis infidelibus vel paganis arma, ferrum, lignamina aliaque a iure saracenis deferri prohibita quoquomodo, vel etiam, absque speciali ipsius Alfonsi regis et successorum suorum et Infantis licentia, merces et alia a iure permissa deferre, aut per maria huiusmodi navigare, seu deferri vel navigare facere, aut in illis piscari, seu de provinciis, insulis, portubus, maribus et locis seu aliquibus eorum aut de conquista huiusmodi se intromittere, vel aliquid, per quod Alfonsus rex et successores et Infans praedicti quominus acquisita et possessa pacifice possideant, ac conquistam huiusmodi prosequantur et faciant, per se vel alium seu alia, directe vel indirecte, opere vel consilio, facere aut impedire quoquomodo praesumant.

7. E tutti e singoli i fedeli di Cristo, ecclesiastici, secolari e regolari di qualunque ordine, in qualsiasi parte del mondo vivono, di qualsiasi stato, grado, ordine, condizione o dignità sono, anche insigniti delle dignità arcivescovile, vescovile, imperiale, regale, ducale o di qualsiasi altra eccelsa dignità ecclesiastica o temporale, scongiuriamo nel Signore e per l’aspersione del sangue del Signore nostro Gesù (dal quale come suddetto quest’opera è condotta) ed esortiamo e ingiungiamo loro per la remissione dei loro peccati, e proibiamo strettamente, con questo editto perpetuo di divieto, di inviare in alcun modo ai Saraceni, agli infedeli o pagani, armi, ferro, legni e altre cose che la legge proibisce, e di importarli in qualsiasi provincia, isola, porto, mare e luogo, acquisito o posseduto in nome di re Alfonso, o situato in una regione conquistata o altrove. E anche non presumano fare o impedire in alcun modo, senza una licenza speciale di re Alfonso e dei suoi successori e dell’infante, di trasportare merci e altre cose permesse dalla legge, o di navigare in tali mari, o farli percorrere e navigare, o pescare in essi, o intervenire nelle dette province, isole, porti, mari e luoghi o in alcuno di essi, o di interferire con tale conquista o di perseguire tale conquista personalmente o per altri, direttamente o indirettamente, con opere o con consigli, o di agire ostacolando in tal modo i suddetti re Alfonso e i suoi successori e l’infante, che sia loro impedito il pacifico possesso dei territorii, conquistati ed occupati, ed il progredire ed il compirsi della loro conquista.

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/115a/ § 8. Qui vero contrarium fecerit, ultra poenas contra deferentes arma et alia prohibita saracenis quibuscumque iure promulgatas, quas illos incurrere volumus ipso facto: si personae fuerint singulares, excommunicationis sententiam incurrantr; si communitas vel universitas civitatis, castri, villae seu loci, ipsa civitas, castrum, villa seu locus interdicto subiaceat eo ipso; nec contrafacientes ipsi vel aliqui eorum excommunicationis sententia absolvantur, nec interdicti huiusiuodi relaxationem apostolica seu alia quavis auctoritate obtinere possint, nisi ipso Alfonso et successoribus ac Infanti prius pro praemissis congrue satisfecerint, aut desuper amicabiliter concordaverint cum eisdem, mandantes per apostolica scripta venerabilibus fratribus nostris archiepiscopo Ulixbonensi, Silvensi ac Ceptensi episcopis, quatenus ipsi, vel duo, aut unus eorum, per se vel alium seu alios, quoties, pro parte Alfonsi regis et illius successorum ac Infantis praediciorum vel alicuius eorum desuper fuerint requisiti, vel aliquis ipsorum fuerit requisitus, illos, quos excommunicationis et interdicti sententias huiusmodi incurrisse constitit, tamdiu dominicis aliisque festivis diebus in ecclesiis, dum inibi maior populi multitudo convenerit ad divina, excommunicatos et interdictos, aliisque poenis praedictis innodatos fuisse et esse auctoritate apostolica declarent et denuncient, necnon ab illis nunciari, et ab omnibus arctius evitari faciant, donec pro praemissis satisfecerint seu concordaverint, ut praefertur.

8. Coloro che faranno il contrario, oltre che nelle pene contro coloro che inviano ai Saraceni armi e altre cose proibite dalla legge, nelle quali vogliamo che incorrano ipso facto, incorreranno, se sono singole persone, nella sentenza di scomunica; se invece sono una comunità o corporazione di una città, castello, villaggio o luogo, queste città, castello, villaggio o luogo saranno colpiti da interdetto. I contravventori non saranno assolti dalla sentenza di scomunica, né individualmente né collettivamente, né potranno ottenere che venga rilasciato un interdetto di tal genere per autorità apostolica o qualsiasi altra, se prima non avranno dato congrua soddisfazione ai suddetti Alfonso e successori e infante, o non avranno raggiunto con loro un amichevole accordo sulla questione. Con questi scritti apostolici ordiniamo ai nostri fratelli, l’arcivescovo di Lisbona e i vescovi di Silves e Ceuta, che loro (o due o uno di loro), per sé o per altro o per altri, per quante volte sarà loro richiesto da parte dei suddetti re Alfonso e i suoi successori e l’infante o di uno di loro, dichiarino e annuncino e lo facciano annunciare da altri per apostolica autorità, la domenica e gli altri giorni di festa, nella chiese, quando grande moltitudine di popolo si congrega per le cose divina, che coloro che sono manifestamente incorsi in tali sentenze di scomunica ed interdetto, sono stati e sono scomunicati e posti sotto interdetto, e sono obbligati a subire tutte le altre pene come stabilito sopra, e rigorosamente evitare da tutti, finché non avranno dato soddisfazione o raggiunto un accordo, come detto sopra.

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§ 9. Contradictores per censuram ecclesiasticam, appellatione postposita, compescendo; non obstantibus constitutionibuus et ordinationibus apostolicis, caeterisque contrariis quibuscumque.

9. I contravventori saranno colpiti da censura ecclesiastica senza diritto di appello, nonostante qualsiasi costituzione e ordinanza apostolica o altra disposizione in contrario.

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§ 10. Caeterum, ne praesentes litterae, quae a nobis, de nostra certa scientia et matura desuper deliberatione praehabita, emanarunt, ut praefertur, de subreptionis aut nullitatis vitio a quoquam imposterum /115b/valeant impugnari, volumus, et auctoritate apostolica, scientia ac potestate praedictis, harum serie decernimus pariter declaramus quod dictae literae et in eis contenta, de subreptionis vel obreptionis vel nullitatis, etiam exordinariae, vel alterius cuiuscumque potestatis, aut quovis alio defectu impugnati, illarumque effectus retardari vel impediri nullatenus possint, sed in perpetuum valeant ac plenam obtineant roboris firmitatem; irritum quoque sit et inane, si secus super his, a quoquam, quavis auctoritate, scienter vel ignoranter, contigerit attentari.

10. Per le altre cose, la presente lettera che è stata da noi emanata, come detto sopra, con nostra certa conoscenza e dopo matura deliberazione, affinché non possa essere impugnata da qualcuno come surrettizia o nulla, vogliamo, decretiamo e dichiariamo per autorità apostolica, conoscenza e potere suddetti, che questa lettera e le cose in essa contenute nessuno possa impugnare, né ritardarne l’effetto, né annullare per qualunque difetto presso il potere ordinario o di altro tipo, ma che sia valida in perpetuo ed ottenga piena e forte autorità. E sia invalido e nullo se qualcuno, con qualsiasi autorità, scientemente o no, tentasse qualcosa di contrario a queste cose.

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§ 11. Et insuper, quia difficile foret praesentes nostras literas ad quaecumque loca deferre, volumus et, dicta auctoritate, harum serie decernimus quod earum transumpto manu publica, et sigillo episcopalis vel alicuius superioris ecclesiasticae curiae munito, plena fides adbiheatur et perinde stetur, ac si dictae originales literae forent exhibitae vel ostensae, et excommunicationis aliaeque sententiae in illis contentae, infra duos menses, computando a die qua ipsae praesentes literae seu cartae vel membranae earum tenorem in se continentes valvis ecclesiae Ulixbonensis affixae fuerint, perinde omnes et singulos contrafacientes sopradictos ligent, ac si ipsae praesentes literae eis personaliter et legitime intimatae ac praesentatae fuissent.

11. Inoltre, poiché sarebbe difficile portare la nostra presente lettera in ogni luogo, vogliamo e decretiamo, per la suddetta autorità, che sia data piena fede a trascrizioni per mano pubblica e munite col sigillo di un vescovo o di altro superiore di curia ecclesiastica, come se questa lettera originale fosse esposta o affissa, e le sentenze di scomunica e le altre in essa contenute, entro due mesi contando dal giorno in cui questa stessa presente lettera o una carta o pergamena dello stesso contenuto saranno affissi alla porta della chiesa di Lisbona, colpiranno tutti e i singoli che contrastano suddette cose, come se la presente lettera fosse reso presentata a loro personalmente e legittimamente.

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§ 12. Nulli ergo omnino hominum liceat hanc paginam nostrae declarationis, constitutionis, donationis, concessionis, appropriationis, decreti, obsecrationis, exhortationis, iniunctionis, inhibitionis, mandati et volunlatis infringere, etc.

12. Dunque a nessuno sia lecito, questa pagina di nostra dichiarazione, costituzione, donazione, concessione, assegnazione, decreto, supplica, esortazione, ingiunzione, inibizione, mandato e volontà, infrangere o temerariamente contrariare. [Ma se alcuno si attentasse a ciò, sappia che incorrerà nell’indignazione dell’Onnipotente Dio e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo.]

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Datum Romae apud Sanctum Petrum, anno Incarnationis dominicae millesimo quadringentesimo quinquagesimo quarto, sexto idus ianuarii, pontificatus nostri anno octavo.

Dato a Roma in San Pietro, nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1454, 8 gennaio, anno ottavo del nostro pontificato.

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Dat. die 8 ianuarii 1454, pont. anno VIII.

8 gennaio 1454, ottavo anno del Pontificato.

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[Note a p. 110b]

(1) Leg. f. loco saptam, Septam (Ceuta) (R. T). [Torna al testo ]

(2) Ex Regest. Vatic. [Torna al testo ]

[Note a p. 112a]

(1) Log. forsan paganos et nefandissimi Machometi secta nimium infectos populos etc. (R. T.). [Torna al testo ]

(1) Leg. hic et alibi Guineam, Guinei etc. [Torna al testo ]

[Nota a p. 113a]

(1) Deest f. considerantes, ac (R. T.). [Torna al testo ]

[Nota a p. 113b]

(1) Leg. f. Bajador (R. T.). [Torna al testo ]