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Capitolo I.

Chi vincerà?

Attraverso le sottili assicelle del mio ricovero di alta montagna udivo la voce dei soldati che stavano di fuori a sorbirsi il più bel sole, trionfante sul candore delle recenti nevi. Discorrevano placidamente lasciando sgorgare dal cuore le parole, con grande ingenuità, senza ombra di prevenzione. La conversazione, dopo aver toccato parecchi argomenti, si era accesa sulla prossimità o lontananza della pace, (eravamo allora al secondo inverno di guerra); ma, prima che la penosa questione insolubile venisse terminata, una voce domandò: «E poi, chi vincerà?»

La domanda suscitò un nugolo di risposte: chi asseriva che avrebbe vinto l’Intesa; chi sosteneva che la vittoria sarebbe stata degl’Imperi Centrali. Argomenti, motti e frizzi fiorivano confusamente sulle labbra degl’interlocutori. Fra mezzo a quella confusione, una voce squillante, proruppe in questa dichiarazione:

— «Io vi dico che vincerà solamente Colui che sta lassù.» —

Mi affacciai alla finestruola della baracca per conoscere chi aveva pronunciato quella sentenza, e vidi /2/ un soldatino, imberbe, dalla faccia rosea e pienotta, che teneva ancora gli occhi e la destra alzati al cielo, nel bel gesto con cui aveva voluto accompagnare le sue parole.

Vincerà solamente Colui che sta lassù!

Io non so se il piccolo soldato volesse proprio esprimere l’idea luminosa che balzò nella mia mente al suono di queste parole fresche e sfolgoranti, che avrebbero potuto coronare una discussione di Platone, o servire di lucida conclusione a una di quelle conversazioni che il grande Agostino soleva indire e sigillare con un motto denso di pensiero e di trascendente originalità.

Quel giovane spirito incorrotto, uso alle semplici intuizioni della sapienza cristiana, presentiva che le nazioni, intese a lucri e a competizioni crudeli, agitate dalla manìa dell’odio e del sangue, si affannavano invano per strappare un lembo della vittoria: che cosa avrebbe potuto lasciare nelle loro mani questo fantasma evanescente?

Egli non intendeva punto svalutare le conquiste di legittimi confini naturali necessari alla patria: ma comprendeva che una guerra durata degli anni, costata a ciascuno dei belligeranti vite, dolori e rovine immense, non avrebbe potuto generare una vera vittoria... una vittoria che non fosse come quella di Pirro.

Fu questa la mente dell’ingenuo soldato? Certo, sopra l’umanità prostrata dalla guerra vide sorgere Iddio, principio e fine di tutto, dominatore della guerra e della pace, come suole concepirlo il buon senso del nostro popolo.

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Quanto più il tempo allontana gli uomini dagli orrori della lunga guerra mondiale, e le passioni politiche di ieri vanno via via scomparendo, e le menti possono abbracciare con più ampia sintesi il grande fatto, in se e nelle sue cause prime e negli effetti remoti, tanto meglio si potrà assorgere a una concettosa filosofia della storia di questo periodo che ha insanguinato la terra e il mare e il cielo. Ma le concezioni più vere e più profonde verranno da una intelligenza d’aquila, capace di penetrare come il Jacques Bénigne Bossuet (1627 - 1704) Discours sur l’Histoire universelle 1681 grande Bossuet, nel midollo degli eventi umani e di mostrarvi, con la semplicità intuitiva delle verità assolute, la forza motrice di Dio, che nel tremendo flagello della guerra fa sentire all’uomo la pochezza della propria essenza e l’empia perversità dei nostri tempi, e trascina l’umanità a migliori destini, attraverso all’espiazione del sangue.

Solamente da queste rivelazioni i nostri posteri potranno conoscere appieno la vittoria di Dio nella guerra mondiale, come nelle pagine luminose del Discorso sulla storia universale, composto dal sommo pensatore francese, noi vediamo lo stesso Dio cogliere palme e corone per tutta l’antichità.

Ma intanto, pare conveniente raccogliere i materiali che potranno servire al futuro ricostruttore. Chi passò con cuore d’apostolo tra le fiamme della guerra vide tutto un mondo di spiriti ridestarsi nella luce delle verità soprannaturali, e abbandonare il pesante fardello del peccato.

/4/ L’anima religiosa del popolo combattente fu tanto trascurata dagli studiosi di storia, di psicologia e anche dagli apologisti cattolici, che purtroppo, molti fatti degni di rilievo, molte sfumature essenziali, paiono destinate ad un perpetuo oblio. Eppure, chi non conosce i cieli azzurri e le verdi oasi aperte dalla grazia di Dio nell’anime innocenti e pentite dei nostri soldati, ignorerà i più belli e patetici episodi di tutta la guerra. Nelle trincee, la lotta fra il bene e il male fu più tragica dei duelli di baionette e di cannoni: e le vittorie spirituali riportate nel nome e per la virtù di Dio furono più magnifiche di qualsiasi altra vittoria.

Quali sono adunque queste vittorie di Dio?

La memoria di un cappellano militare è piena dei prodigi che la grazia del Signore operò nelle anime: sono innumerevoli fatti quotidiani nascosti come le violette che il Creatore sparge con tanta generosità sulle più belle primavere: sono comunioni generali, confessioni insperate, ritorni di figli prodighi, anime fiammeggianti di soprannaturali ardori, preghiere e parole ingenue, profumate d’intenso misticismo: sono felici e costanti esperienze che dimostrano come la bontà, la moralità, la pace interiore, la speranza suprema siano le prime alleate della religione, e che dove questa fiorisce quelle fioriscono.

Molti, beneficati dalle larghezze della Provvidenza materna del buon Dio, se ne portarono in cielo il segre- /5/ to: altri, rimasti in terra, fanno fruttificare ancora il germe di salute eterna ricevuto nei giorni del dolore; altri, purtroppo! tornati al vomito del peccato, sono sconoscenti a tal segno, che forse vorrebbero dimenticare anche il ricordo dei benefizi ricevuti.

Onde, riconoscenza e carità impongono a chi assistè, sui campi di battaglia, alle innumerevoli testimonianze delle vittorie divine, di non rinchiuderle egoisticamente e farle svanire nel fragile sacrario della propria memoria: i tesori di Dio debbono essere diffusi.

Mi proverò a raccontare i prodigi che i miei occhi videro moltiplicarsi nelle anime affidate al mio ministero, e i fatti che mi parvero rendere omaggio alla veracità ed alla santità della Chiesa Cattolica.

È vero che si scrisse tanto intorno alla guerra, che molti lettori hanno ormai in uggia il diluvio di tal genere di libri; ma io non temo di portar acqua al mare, poichè mentre troppi hanno descritto ed esaltato le gesta collettive e singolari dei combattenti, pochi o quasi nessuno ha svelato la parte più alta di quelle anime.

Queste pagine vogliono essere una semplice e viva testimonianza di fatti che non hanno bisogno nè di artifizi letterari, nè di lunghi commenti, per invitare a lodare e ringraziare il Padre celeste, ed a riconoscere, con la fede dell’ingenuo soldato, che Egli solo ha vinto!