Il Natale di un micio
dal diario dell’anno scorso, di Geo, il micio di casa
purtroppo è solo fantasia

Mancavano pochi giorni a Natale quando, durante il mio tranquillo pisolino pomeridiano, notai un insolito agitarsi dei componenti la famiglia; la porta che s’affaccia sulle scale era rimasta aperta per far entrare scatoloni e pacchetti: i primi dall’umido odore di cantina e gli altri, dai colori sgargianti e rallegrati da nastri capricciosamente arricciolati, profumati di nuovo.

Per evitare quel avanzare a scatti degli... invasori, spinti sul lucido pavimento, con la punta del piede, io, prudentemente, con un balzo mi rifugiai sul caldo marmo del termosifone.

La “mamma” — preferisco usare questo termine al posto di “padrona”— quando mi liscia il pelo, dalla testa alla coda, ed io la ringrazio con un affettuoso “rohon rohon”, mi chiama “mio piccolo Geo”, la mamma stava impartendo ordini ed esprimeva i suoi pensieri ad alta voce: “...cominciamo da quello scatolone con su scritto ‘albero di Natale’, è quello che abbiamo acquistato in Ftancia, tanti anni fa da ‘Roi Merlin’, ma va ancora bene”.

Con il musetto appoggiato sulle zampe anteriori, ripiegate sotto il petto, ho socchiuso gli occhi ed ho visto emergere dalla scatola, quella che odorava d’umido, uno strano alberello, tutto d’argento, che non assomigliava a quello vero del giardino, non aveva neppure un tronco sul quale farmi le unghie ! sopra quel fruscio luccicante, viene ancora infilato un pinnacolo, simile ai minareti che ho già visto in TV, nel cartone animato “Il ladro di Bagdad”!

...e già, vi stupite? ma io la televisione la guardo come tutti voi e me la gusto, specialmente quando c’è “topolino” — anche se non posso acchiapparlo mai, anzi, non ci provo nemmeno ma immagino i miei nonni che rincorrevano, nel granaio od in soffitta i suoi antenati.

Da altri scatoloni sono poi saltati fuori fili, spine, ghirlande e palline di vetro colorato che hanno fatto accendere l’albero con mille colori che si rincorrevano, palpitando come tanti cuoricini.

I pacchetti ed i pacchettini vennero disposti attorno e, con i loro nastri sgargianti, mescolandosi alle ghirlande d’oro e d’argento, rallegrarono tutto quel angolo del salotto.

La mamma, fatto un passo indietro, con uno sguardo compiaciuto abbracciò il tutto e staccò la spina: l’albero venne inghiottito dall’oscurità.

I miei occhi rimasti accesi nella penombra, attirarono la sua attenzione e lei, guardandomi, con l’indice alzato ed oscillante davanti al mio naso, mi raccomandò: “attento Geo ... che non ti venga in mente d’andare a giocare con le palline e tutti quei pendagli colorati...!

Per un po’ di tempo tutto tornò normale, tutto tranne l’albero che ogni giorno, all’imbrunire s’animava con le sue lucette multicolori, per poi tornare immobile e spento, all’ora del TG della notte e delle interviste di Marzullo.

Una volta mi sono avvicinato, trasgredendo alle raccomandazioni e non ho resistito alla tentazione di far dondolare, con dei colpetti della zampa, quel invitante ondeggiare di colori: una pallina è caduta e l’ho spinta fin sotto il mobile dove solo io la vedevo e, ogni tanto la tiravo fuori con la zampa, per farla rotolare qua e là...

Altri pacchetti, nei giorni successivi completarono la fioritura di quel sottobosco variopinto, finché...

Il 24 sera di quel mese che chiudeva il primo decennio del secolo, la mamma, impensierita ed emozionata dall’arrivo dei nipotini — quegli scatenati — si dimenticò di riempirmi la ciotola di croccantini,.

In quella banda di pargoletti c’era anche Pierino che, appena mi vedeva, afferrava la mia coda come se fosse il manico della scopa e mi trascinava per casa nonostante io puntassi i piedi, scivolando come con gli sci, finché con una convincente soffiata intimidatoria, non gli... consigliavo di mollare la presa...

Lo scompiglio allo scoccare della mezzanotte esplose fra i pacchi ed i pacchetti vivisezionati, fra lacerarsi di carte e strilli di sorpresa; più d’una volta l’albero rischiò d’abbattersi su tutti quei marmocchi pigolanti, finché non cominciarono a sciamare con le borse colme di regali, cullandosi nei propri sogni.

Era tornata la pace e la mamma, dopo un’ultima occhiata affranta su quel campo di battaglia, abbassò le luci ed accettò l’amplesso invitante della poltrona; con immenso sollievo si concesse un lungo respiro — pareva il soffio del mantice dell’organo, quando viene spento — e fatte volare le scarpe spingendole con l’alluce sul calcagno, chiuse gli occhi e si rilassò.

Io, stirandomi sulle zampe anteriori e poi su quelle di dietro, mi avventurai fra tutti quei cadaveri di carte, nastri e palline; mi rotolai, m’arruffai scalciando freneticamente compiaciuto ma poi con un morbido balzo sono saltato sulle ginocchia di quel esausto Babbo Natale che, tirandosi il plaid di ciniglia, su fin sotto il mento, mi lasciò raggomitolare sul suo grembo...

“Rohon rohon, buon Natale da tuo micio !”

adriano fogliasso

Scritto a Pino Torinese nel gennaio e riadattato nel dicembre per il prossimo Natale 2010
per chi ama i gatti