Massaja
Lettere

Vol. 3

/134/

369

Al ministero degli Affari esteri di Francia
Parigi

F. 56r

Osservazioni sopra l’Abissinia
Per il Ministero –

[Parigi, ottobre 1864]

Sul fine di marzo dell’anno corrente 1864. trovandomi in Egitto col Dottore Lagard, aveva scritto un piano di operazione politica in Abissinia che ho rimesso al suddetto dottore per ogni caso che dovesse discorrere con qualche persona del ministero, affinchè sapesse le mie idee, e le facesse conoscere.

Persuaso che detto mio scritto o tardi, o tosto non mancherà di arrivare alle mani del ministero, non facio che darne qui una semplice idea come abozzo, e quindi aggiungerò a queste mie osservazioni ciò che mancherebbe al suddetto in detaglio.

Nel piano suddetto io diceva che mai sarebbe stato il caso di una spedizione militare per prendere l’Abissinia per via di conquista, perchè, per debole che possa supporsi l’Abissinia per sostenere /135/ una guerra regolare coll’Europa, e forse mai in caso di battersi in campo aperto, il suo genio, la sua arditezza, e sopratutto la sua posizione naturalmente forte, la metterebbe certamente in caso di opporre degli ostacoli niente affatto minori di quelli che ha opposto l’Algeria, massime in vista della sua lontananza; in tal supposto sarebbe il caso di fare il problema, se cioè, considerata la cosa sotto ogni aspetto, se l’impresa presenti ancora qualche utile e compenso, oppure se sia un giocare al meno, e per perdere. F. 56v Ripeto perciò, che giammai converrebbe ad una potenza d’Europa una spedizione regolare in Abissinia con viste di conquistarla, ma sibbene, la cosa potrebbe riuscire egualmente, e forse meglio colla strategica, e facendo uso degli elementi simpatici che vi sono, capaci di portare a compimento una vera conquista con quasi nessuna spesa.

Qualunque Società politica e nazionale, chiamata regno, impero, o republica, qualunque siasi, sarà sempre la concentrazione di masse infinite di uomini, e di molti paesi o provincie legate insieme da elementi simpatici, uniti insieme o da un’abitudine, o da un dovere, o da un’interesse, o dall’onore, e simili concorrenze, e l’esperienza ci fa conoscere, che quando questi elementi incominciano fra di loro a divenire antipatici, allora la Società diventa una semplice agglomerazione di uomini senza anima, come un vero cadavere, la quale non ha bisogno che di un tocco in qualunque siasi senso per subito in un momento disfarsi il colosso, e cadere nel più gran precipizio; le ultime storie d’Europa sono là, per convincerci, e le future ancor più critiche che ci sovrastano confermeranno questo [mio] verdetto; ciò però sia detto, non per fare il profeta, dei quali la politica non sa che farne, ma sibbene per prepararmi la strada ad un’argomento tutto opposto. Io dico perciò: se la convenienza di molti elementi simpatici sono quelli che tengono insieme una gran nazione e l’organizzano in republica, o regno, o impero; quindi se a misura che questi elementi simpatici diventano fra di loro antipatici, un piccolo movimento secondario può rovinare ogni cosa; [f. 57r] passando da un regno organizzato, anzi supposto vecchio nella sua organizzazione, ad uno ancora in fieri, e passando dai calcoli di rovina ai calcoli di organizzazione novella che potrebbe aver luogo in qualche paese, io dico che la cognizione ed il calcolo relativo degli elementi fra di loro simpatici o antipatici può essere più utile all’operazione che non milliaja di soldati e cannoni, e che perciò un colpo di strategica fatto a tempo può guadagnare un regno ed un’impero, che inutilmente avrebbero cercato armate immense, e forze anche battaglie le più sanguinolenti.

Io non intendo con ciò di dire che un calcolo quasi matematico mi facia vedere un risultato certo nel piano da me pensato, dovendo sapere ognuno che chi calcola in politica non è come un geometra, oppure un’archeologo, che parte da basi che hanno un numero matematico nella loro esistenza, e nel loro sviluppo, la politica ragiona sopra basi troppo difettibili per ottenere dei risultati di una cer tezza matematica, ma per quanta certezza può esser capace un ragio- /136/ namento di simil natura, mi pare poter dire con una quasi morale certezza, che gli elementi della politica, e di tutto ciò che può concorrere all’operazione da me intesa sono tali, che un colpo ben fatto, e nel modo da me esposto, potrebbe quasi senza costo di spesa, e senza spargimento di sangue dare l’Abissinia nelle mani di una potenza europea qualunque, la quale ne prenderà l’iniziativa.

Il primo elemento che esercita attualmente un gran prestigio in tutta l’Abissinia è il timore dei Turchi. Quando le notizie delle guerre dell’attuale imperatore Teodoro, e quelle delle sue conquiste innondavano il mondo di quelle parti, il governo d’Egitto, temendo per il Sennaar [f. 57v] pensò di mandare in Abissinia una deputazione con alla testa un Bascia, oppure un Bey col nome di Bascià, con molti regali, fra i quali qualche cannone, e ciò, credo io, più per esplorare le cose, che non per umiliarsi al nuovo conquistatore dell’Etiopia; arrivò in Gondar questa deputazione mentre l’Imperatore si trovava al Sud dell’Abissinia in guerra, e credette bene di restare in Gondar ad aspettare le disposizioni del Principe per progredire nel suo viaggio; siano le notizie esaggerate degli indigeni che lo indisposero, ossia piuttosto che l’imperatore abbia avuto qualche spia, il certo non lo so, il fatto si è, che invece di mandare a Gondar per riceverlo onoratamente, come conveniva ad un’inviato di una potenza limitrofa, mandò invece l’ordine di prendergli tutto, e di legarlo, e dicesi che sia il Vescovo eretico, che abbia poi per grazia impetrato di farlo accompagnare fino ai confini sano e salvo; frattanto quel povero uomo dovette soffrire molto, perchè, secondo il proverbio di quei paesi, fatto appunto per quei paesi di dispotismo: quando il padrone si spiega nemico, persino il cane cerca di fare le sue parti.

Dopo questo fatto l’Egitto si è contentato di fare qualche rimostranza, e tutto al più deve aver dato qualche istruzione alle truppe limitrofe di fare qualche comparsa sui confini, massime dalla parte di ponente che versa al Sennaar; qualunque possano essere state le scaramuccie seguite, non sapendosi che si siano fatte spedizioni colà di qualche peso, chi conosce le truppe egiziane del Sennaar, può formarsi un’idea essere state molto piccole, e non in caso di potersi innoltrare nell’interno dell’Abissinia; [f. 58r] eppure in tutta l’Abissinia si destò uno spauracchio terribile; sono incredibili le notizie che si spargevano ovunque di battaglie, di armate immense, e di movimento universale, come se fossero state vedute, e queste notizie arrivarono sino a Kafa, ben inteso, sempre crescenti in modo che noi stessi missionarii dei paesi Galla siamo stati più di un’anno nella persuasione che già l’Abissinia occidentale fosse già tutta posseduta dai Turchi.

Ne si creda che questa notizia fosse solamente popolare, la condotta dell’Imperatore tenuta d’allora in poi ha fatto conoscere che anche lui ne era persuaso, perchè da allora in poi lasciò tutte le guerre lontane dalla parte del Sud, sempre in attenzione dei movimenti turchi non lasciò più i contorni di Gondar; ne si arrestarono qui le sue operazioni; per togliere al nemico ogni sussidio, o spe- /137/ ranza di bottino, distrusse tutte le provincie a ponente della Capitale, perdonandola ne a granaglie, ne a bestie, ne a uomini, dimodoché tutti quei paesi situati nei contorni del lago di Tsana, i quali sono i migliori di tutta l’Abissinia sono diventate ora un vero deserto, dove non si trova più un’anima vivente; nel mese di Giugno dell’anno scorso di passaggio nell’Abissinia, essendo stato preso e portato dall’imperatore, nei pochi giorni che mi sono fermato al campo ho trovato che ancora nel campo medesimo e dagli stessi più intimi uffiziali si supponeva l’esistenza dell’armata turca sui confini, e l’imperatore senza neanche pensarvi di prendere l’offensiva contro i medesimi, seguitava a tenersi in allarme, più pensando alla fuga in caso di diffesa, che non alla battaglia, come mi assicuravano i suoi fidi stessi. Al mo[mento] [f. 58v] che scrivo, ricevo una lettera da Massawah datata dal 10. Maggio dell’anno corrente, nella quale Monsignor Biancheri V.o Ap.o dell’Abissinia mi scrive che l’imperatore è sempre a Gondar in osservazione dei movimenti Turchi, e che si sono moltiplicati perciò quasi all’infinito i rivoltosi contro di lui; dimodoché può dirsi che la sola comparsa di pochi turchi, e forse qualche scaramuccia, ha rovinato questo imperatore obligandolo a restare parecchj anni umiliato, innattivo, preparato o alla diffesa, o alla fuga, non si sa.

Chi non conosce l’Abissinia non può formarsi un’idea giusta del prestigio che può esercitare in tutto quel paese la comparsa di una truppa straniera qualunque anche in piccolissima quantità; la ragione prima, è perchè non conosce l’estero affatto, ed ha un’idea di superiorità dell’estero, a fronte che nelle sue bravure coi nazionali, e cogli estranei disarmati ed isolati spieghi un’orgoglio incredibile, ma nel fatto è tanto persuasa della superiorità, che si immaginano anche delle cose favolose come reali; in prova di ciò dirò che sul fine del 63. mi trovava in Gudrù sui confini Nord dei paesi Galla, vicini ai confini Sud del Gogiam, dove esiste un Principe per nome Tedla Gualu rivoltoso dell’imperatore, e che si è sempre sostenuto, grazie ad una montagna innaccessibile che è una delle più rinomate di tutti quei paesi, detta Givellà; essendosi sparso da quelle parti, che l’imperatore aveva formato una truppa europea (si noti che tutta quella truppa non arrivava a cinque persone), e che gli Europei avevano formato una macchina areostatica [f. 59r] per prendere la montagna; tanto bastò per Tedla Gualu per concepire dei forti timori in modo tale che mandò da me in Gudrù parecchie volte a domandare, se una tal cosa era sì, o no una cosa possibile, e benché io abbia cercato di fargli coraggio e che la cosa non poteva essere, ne vera ne possibile, solamente perchè ebbi l’innavedutezza di dire che nei nostri paesi realmente esiste questa macchina, nessuno potè più capacitarlo.

La seconda ragione, per cui una truppa straniera qualunque esercita un gran prestigio in quei paesi, è la facilità con cui si spargono le notizie, si esaggerano, s’inventano anche, secondo le passioni di chi parla, e secondo la voglia di chi sente; anche qui, chi non conosce l’Abissinia non può immaginarsi il prorito di quella nazione /138/ nello spargere notizie; non vi sono fogli publici, ma l’educazione, o piuttosto la corruzione ha sostituito degli usi e delle abitudini che ne fanno le veci, che sorpassano di molto le nostre gazzette; non si possono trovare due persone in strada, ancorché affatto non si conoscano a vicenda, senza che si diano a vicenda tutte le notizie che sanno, nei circoli non si parla d’altro; ed i due terzi di coloro che vanno al mercato, vi vanno per l’avidità delle notizie; una persona di qualche influenza che abbia delle viste politiche, la prima operazione che fa, manda i suoi fidi ai mercati dei contorni, e di quei paesi sopra i quali ha qualche vista, gettano nelle orecchie con gran secreto notizie le più stravaganti che sorprendono, secondo l’interesse di chi le sparge, ed un due o tre giorni il paese è pieno, e si vedono alle volte delle vere crisi popolari, prodotte da una notizia inventata, o [...] o di nemici vicini, sino al [...] [f. 59v] intiere ad emigrare per la combinazione di una semplice notizia tutta immaginaria.

Nei più grandi mercati di Massawah, di Adoa, di Soccota, di Gondar, di Derita, di Basso, e di Matamma, Galabat, si trovano dei gran mercanti monopolisti non solo del commercio, ma delle notizie politiche, ed hanno i loro commessi da tutte le parti, non solo per comprare e vendere, ma per spargere tutte le notizie politiche che possono in qualche modo favorire il loro commercio, collo scopo, ora di impedire l’arrivo di nuovi prodotti per esitare a caro prezzo quello che hanno comprato, oppure tutto all’opposto per invitare i concorrenti da tutte le parti onde abbassarne il prezzo; sono quindi infinite le storie che raccontano nel loro senzo, tutte al vivo, come vedute e circostanziate, eppure tutte perfettamente false.

Sul fine del 62., e nel 63. trovandomi in Kafa, e restando dopo qualche mese nell’Ennerea, sempre esiliato da tutti due quei paesi, due generi di notizie dominarono tutti quei paesi consecutivamente. Prima si supponeva l’Imperatore Teodoro in viaggio per i paesi Galla col piano di recarsi sino a Kafa, per conquistare tutti quei paesi, questa notizia dominò più di cinque o sei mesi, ora con detagli del viaggio dell’imperatore supposto, or qua or là, ora degli anneddoti odiosi da spaventare, e fu allora che i nemici della missione fecero credere a molti che noi missionarii, io in specie, era un’emissario dell’imperatore, o meglio suo precursore, e bisogna dire che la crisi dell’esiguo in gran parte è nata da questo. Dopo un certo tempo si cangiò il quadro delle cose, incominciando la gazzetta dell’armata turca, e sono incredibili le storie che si raccontarono; un’armata immensa Franco-Turca [f. 60r] esistente nei contorni di Matamma al ponente dell’Abissinia, con alla testa un Generale che alcuni dicevano Cristiano, ed alcuni Turco, secondo soffiava il vento dell’interesse e della passione, e che i narratori erano o Cristiani o mussulmani, minaciava di assorbire tutto quanto il paese; le notizie sparse dai mercanti in favore di questa armata erano tali, le false storie favorevoli alla medesima che circolavano dovunque, sino alle estremità Sud dei paesi Galla, erano tante, che tutti quei paesi, i quali temevano l’imperatore Teodoro, avrebbero preso la venuta della medesima come di un’angelo, e gli avrebbero ricevuto con canti di /139/ trionfo: se così passò la cosa dei paesi Galla lontani che non hanno provato il giogo duro dell’abissinia, cosa direbbe questa?

L’essermi dilungato sopra questi particolari non è già per un calcolo di moltiplicare volumi, e riempire le mie osservazioni di cose frivole, ma sibbene per far conoscere tutto lo stato delle cose, e tutti gli elementi che si possono prestare per saperli coltivare; come in Europa le gazzette e le scuole hanno preparate tutte le crisi che ci travagliano presentemente, in quei paesi sono le notizie e specialmente la casta mercante; talmente è vero ciò, che l’attuale imperatore comprendendone tutta l’importanza, e ben sapendo che le notizie non potevano essere a lui favorevoli, si risolse d’impedire affatto la circolazione dei mercanti, motivo per cui da alcuni anni il commercio di quei paesi è affatto perduto; e non contento di questo arrivò persino a proibire sotto pena di morte chiunque da o riceve notizie politiche, ordine che da principio fu gelosamente osservato pel gran timore di quel[l’]uomo, dimodoché non poteva sapersi ciò che succedeva lontano una sola giornata, motivo per [f. 60v] cui da principio fece degli affari con questo sistema; dopo poi, a misura che il suo prestigio si indebolì, l’ordine da lui dato, essendo stato molto dimenticato, il gazzettismo del paese gli indispose molto le popolazioni contro, e può dirsi che di là ha incomminciato il suo indebolimento.

Un’altro elemento che potrà molto concorrere, direi più anzi, che solo potrebbe bastare per operare una crisi favorevole, ed organizzativa, è il disgusto universale di qualunque siasi ceto di persone, e sotto qualunque siasi rapporto. Il disgusto universale di tutti i paesi componenti l’impero Abissinese, dal quale si trovano travagliati da circa un secolo, dopo la caduta dell’impero Abissinese antico, per le continue guerre sempre accompagnate da rappresaglie le più spaventevoli, fatte dai nuovi rivoltosi o dai rovesciati principi che di continuo si succedevano, bisogna dire essere stato quello che ha in qualche modo contribuito alla formazione dell’attuale impero di Teodoro; nel momento in cui egli incominciava a farsi un nome in Abissinia, trovavasi il paese divorato dalle fazioni interne di varii partiti, e di varii principi, sempre in guerra fra di loro, e da una febbre quasi universale di governare; qualunque avesse allora potuto radunare cinque o sei fucili con qualche giovane, cosa facilissima, massime a chi poteva contare qualche nome appartenente alle antiche o moderne famiglie dell’aristocrazia del paese, per le quali vi è sempre ancora qualche attaccamento tanto bastava per rivoltarsi all’autorità del luogo, fuggirsene nei deserti vicini, e colà formare subito una banda per gettarsi sopra le proprietà da tutte le parti; questi rivoltosi erano [f. 61r] a quell’epoca talmente cresciuti che le strade non erano più sicure ai mercanti, la più parte dei mercati sempre in fuga, le proprietà in gran pericolo, l’agricoltura quasi abbandonata per mancanza di sicurezza; in questo stato di cose, una gran parte delle persone influenti stanca dell’antico sistema avendo veduto nel giovane Cassa delle doti straordinarie da renderlo capace a stabilire una soda monarchia, la sola che avrebbe /140/ potuto sistemare il paese, bisogna dire che gli prestarono la mano, e da ciò si spiega la vittoria riportata da Cassa sopra Ras Aly, quella sopra lo Choa, e quella sopra Ubbiè, vittorie tutte state riportate più per maneggio, che per valore di armi.

La grandezza del principe Cassa, ora imperatore Teodoro, secondo il mio calcolo, sta appunto nell’aver saputo cogliere il momento, in cui tutti gli elementi indigeni domandavano un nuovo ordine di cose, egli conobbe il malcontento universale, e seppe prevalersene, quindi seppe maneggiare così bene da principio tutti gli elementi suddetti, e trarre partito da ogni bisogno o tendenza del paese in quel momento, che potè stabilire la sua dinastia universale sopra tutto quel paese, e come seppe cominciare, avesse saputo continuare nel giusto mezzo che aveva incomminciato, il suo impero avrebbe promesso ben tutt’altra stabilità di quella che ha.

Diffatti, da principio, seppe toccare certi punti nei suoi primi atti, da guadagnarsi tutta la simpatia della nazione in modo che certe provincie, ancorché non conquistate, tendevano le bracia a lui, a fronte di armate e di buoni guerrieri che le tenevano lontane, come il Tigre, che volle esser suo, a fronte che l’armata di Negussiè fosse formidabile, e lo tenesse in uno stato di continua violenza. Teodoro conobbe che l’Abissinia [f. 61v] nutriva un sentimento cristiano molto forte, quello che l’aveva fatta vittoriosa nel corso di dodeci e più secoli contro i maneggi e le guerre della meca [Mecca], e dell’islamismo, sentimento che tuttora esisteva, ma oppresso e prossimo a cader vittima delle mene e dei maneggj dei Ras cristiani di nome, ma di origine e di fatti mussulmani, i quali propagavano l’islamismo in modo spaventevole, di cui tutti si lagnavano e gridavano; cosa fece l’astuto [?] fece una guerra in modo di crociata dicendo a tutti di essere mandato da Dio per distruggere i mussulmani, ora, un paese che non conosceva altro sentimento nazionale, ed altro merito storico fuori di quello, non domandava altro per corrispondere subito con un eco universale di simpatia, seguendolo come un vero inviato dal cielo per liberare la nazione dal giogo mussulmano; fece il valoroso molti passi che ubbriaccò da principio la nazione in modo che tutto il mondo parlava di lui e raccontava anche ciò che non era, e si vedevano da ogni parte i mussulmani ad emigrare in modo anche troppo barbaro.

Teodoro però non si contentò di questo semplice punto di vista religioso, ma andò più avanti, ma fece dei passi di vero progresso, di civilizzazione Cristiana per certi punti di legislazione civile, per i quali il paese aveva una gran simpatia, e fece subito da principio delle leggi da tirarsi tutta la simpatia del popolo e dei grandi. L’Abissinia di sangue aristocratico, ha sempre avuto una grande inclinazione a seguire certe dinastie stabilite da secoli nelle diverse provincie; queste aristocrazie gemevano quasi tutte oppresse o da passeggieri conquistatori del tempo, oppure per la dominazione dei Ras mezzi mussulmani che le distrussero per mettervi altri; più la legge delle proprietà inviolabili che forma il carattere del codice Cristiano [f. 62r] a differenza del mussulmano, anche questa malmenata, ed in prat- /141/ tica quasi distrutta obbligava una gran parte degli abitanti di quelle contrade ad emigrare nei paesi Galla del Sud, dove si chiamavano fortunati di chiamarsi padroni di un pezzo di terreno comprato colà a caro prezzo, dopo aver lasciato vasti tenimenti all’ingodigia dei principi dei loro paesi.

Ora cosa fece Teodoro, egli conobbe tutto questo, e consacrò le primizie del suo regno con due leggi, una che dichiarava in pieno diritto tutti i principi di sangue nel paese dei padri loro, giurando che nei paesi di nuova conquista, non avrebbe messo nessuno, ma ciascheduno degli antichi titolari dovevano considerarsi come investiti di potere ordinario nei loro distretti, subordinato però all’impero; dichiarando ai titolari che lo avrebbero seguito in guerra, facoltà di farsi sostituire e rappresentare. Quindi una seconda legge fece publicare, in virtù della quale tutti i proprietari dovessero ritornare nei loro antichi terreni a far rivivere tutti i titoli di loro antiche proprietà, le quali in seguito sarebbero state considerate come sacre, invitanto gli stessi emigrati in paesi lontani a ritornarvi sotto pena di perdere i loro titoli dopo un certo qual tempo fissato.

È incredibile l’entusiasmo universale prodotto da queste due leggi. Chiunque pretendeva dei titoli nel governo dei varii paesi sì nel grande, che nel piccolo vidde il momento arrivato di dover prender le armi per la diffesa di un principe così giusto, e di una legge così santa; e fu allora che Teodoro si vidde padrone di tutta l’Abissinia; anche dai paesi ancora non soggiogati partivano a turme i grandi col loro seguito per unirsi a lui, guidati da una speranza avvenire; e fu allora che si viddero dei fatti di guerra classici [f. 62v] effetto di vero attaccamento al novello imperatore ed alle nuove instituzioni. La legge poi della proprietà fece anche essa una crisi quasi universale, crisi che si fece sentire anche nei più estremi e lontani paesi Galla del Sud, dove le popolazioni emigrate dall’Abissinia forma quasi la metà delle medesime, dimodoché colà si temeva fortemente uno sgombro quasi universale, e sarebbe certamente seguito, se le notizie seguenti poco consentanee, e molto disgustanti non fossero arrivate a tempo per trattenerlo.

Non parlo di altri punti che Teodoro seppe molto bene maneggiare da principio, come fra gli altri quello di spiegare un carattere religioso e cristiano, rispettando non solo il clero, le Chiese, i digiuni, e le feste, e simili, ma seppe ancora rendersi superiore alla corrutela universale, massime dei grandi con ripudiare tutte le sue concubine e sposare una sola moglie, colla quale visse cristianamente più di quattro anni in modo che nessuno potè imputargli il menomo neo, cosa anche, che contribuì molto a conciliargli tutto il rispetto, e la venerazione non solo, ma la confidenza di tutto il partito religioso; non pago di fare lui solo questo passo, nel suo principio lo esiggeva da tutti coloro che pretendevano qualche carica, ed arrivò persino ad ordinarlo ai soldati stessi.

Non basta ancor tutto questo; come le sue viste erano di fare una guerra di distruzione all’islamismo dei contorni, unico elemento, come soleva dire, eterogeneo, e che avrebbe impedito il progresso /142/ di un’impero Cristiano, e prevedeva che a questo scopo avrebbe avuto bisogno di tirarsi la simpatia degli europei sia collo scopo di ottenere col tempo qualche assistenza ed ajuto per il compimento dell’opera da lui machinata, ovvero sia solamente guidato dallo scopo di tirarne [f. 63r] una quantità di europei col piano di farsi una colonia dei medesimi per l’introduzione delle arti e delle scienze, il fatto si è, che ben conoscendo il sentimento di progresso europeo relativamente all’emancipazione dei schiavi si risolse di mettere in questo il suo paese a livello di tutti i paesi cristiani d’Europa facendo una legge generale di emancipazione dei schiavi di tutto l’impero abissinese, e proibizione assoluta di non più dare il passaggio a nessuno dei mercanti che facevano questo turpissimo traffico, sotto pena di confiscazione di tutto ciò che si sarebbe trovato nelle mani dei detti mercanti e di prigionia personale; legge che fu mantenuta ed esattamente osservata per lo spazio di quattro e più anni.

Dopo tutto questo, prima di riferire gli sbagli di questo uomo, originale e classico nel suo tempo e sopratutto nel suo paese, sbagli che mi daranno materia per avvanzarmi nell’esposizione di tutti gli elementi che si prestano al piano da me indicato, voglio riferire ancora di passaggio alcuni suoi detti per una parte ridicoli, ma per l’altra di un qualche merito; egli nel sistema di voler distruggere tutti i mussulmani dei contorni si avvanzava a dire nei discorsi di bravura coi suoi uffiziali, che non si sarebbe arrestato sino all’Egitto e sino a Gerusalemme, coll’idea di piantarvi colà la croce in luogo dello stendardo della mezza luna, dicerie poi, o meglio utopie che partite dalla sua bocca si fecero come linguaggio universale d’orgoglio a tutta l’Abissinia, e che fecero certamente ridere tutti quelli che conoscono lo stato delle cose; ma se il piano suo deve dirsi ridicolo in materia di calcolo, perchè il povero uomo non conosce ne la sua debolezza, ne la superiorità relativa dei paesi che lo circondano, bisogna però confessare, che l’idea per se stessa è molto sublime, degna dei più grandi eroj delle nostre crociate, idea che sarebbe [f. 63v] desiderabile non fosse venuta meno nella nostra europa, la quale ha dimenticato il voto dei nostri antenati a questo riguardo, e la missione da Dio ricevuta di distruggere il colosso eminentemente infedele e nemico del nome Cristiano, e l’ha dimenticata appunto nel momento che Iddio avevagli posto in mano la spada ed il potere per sconfiggerlo, e ciò per un mal inteso sentimento di umanità innestato nel razionalismo, quasiché l’islamismo sia capace di progresso, di società, e di fratellanza, mentre tutto all’opposto è una fiera appiattata che attende il suo momento per slanciarsi sopra di noi, quando divisi, e snervati dalla democrazia attuale che ci rode sarà spento ogni prestigio all’estero, ed in Europa non vi sarà più gran nazione per dettare la legge all’oriente; voglia Iddio prolungare ancora per qualche anno le sue viste di misericordia sopra l’Europa e concedergli tempo a compire la missione sacra che tiene, del resto la missione medesima sarà fatta passare ad altra nazione, e gli attuali progressi della potenza asiatica setten- /143/ trionale sono là che tendono le mani per riceverla a nostro scorno, e fatale castigo.

Se Teodoro avesse saputo conservare il sistema di monarchia cristiana incominciato, se non avrebbe ottenuto tutto e compito lo slancio cosmopolitico Cristiano, si e come è stato concepito dalla sua nobile immaginazione, avrebbe per lo meno organizzato un’impero cristiano, il quale per molti anni sarebbe stato un sufficiente baluardo per impedire la propagazione dell’islamismo in tutti quegli altipiani dell’Affrica orientale, l’unico elemento che ancora esista nelle mani della civilizzazione Cristiana per fare opposizione all’islamismo già padrone di tutta l’Affrica, e di una parte dell’Asia in quelle parti, e padrone in modo che nessuno della nostra razza ci metterà mai più i piedi, perchè l’islamismo, a fronte delle belle appollogie [f. 64r] che si stanno facendo da persone guidate da uno spirito di apostasia fatale del cristianesimo, egli è sempre là disposto e preparato a lavarsi le mani nel sangue dei nostri fratelli europei di qualunque religioni essi siano in adempimento della missione, che loro insegna l’infame Corano, e le stragi in ogni tempo, ed in ogni luogo tentate, e quelle che seguiranno, pur troppo! provano e proveranno l’insussistente calcolo di civilizzare l’islamismo con altro mezzo che quello della forza, non però con barbarie, ma sibbene con disperderne dolcemente il diabolico magistero.

A gloria del vero, bisogna dire però che sgraziatamente Teodoro, benché genio che si è sollevato al dissopra di tutta la civilizzazione del suo paese, pure per essere stato privo di consiglieri che lo assistessero ed ajutassero nella nobilissima sua missione, ma che dico mancante di consiglieri? pessimi consiglieri che sono la quientessenza della nostra corruzione medesima capitanati da lui, guidato quale era da nobili speranze, arrivarono a compire la più perfida delle diaboliche missioni sopra la sua stessa persona, distruggendo empiamente in lui il freno della poca religione e timor di Dio che aveva, ma che bastava per mantenerlo nella sua sfera sublime di genio e principe regeneratore, e tanto bastò, che, sciolto ogni freno, diventò una bestia ferroce frammezzo una mandra di pecorelle, come è sempre accaduto, ed accade tuttora ai principi di tempi barbari, e di regioni prive ancora di una religione e di una civiltà capace a servire loro di briglia; Teodoro divenuto ateo, e bevuto quel veleno che ora si sta fabbricando in quasi tutte le scuole dell’empietà europea, non pago di mettere da una parte tutti i nobili piani di civilizzazione abissina, cadde egli stesso nel più profondo del barbarismo, e possiam dire, che a questo momento non vi è genere di barbarie la più innaudita [f. 64v] che lui non abbia commesso; massacrò senza giudizio, senza giustizia, e senza fine, sino a publicarsi parecchie milliaja di scannati vilmente in un giorno che è il 29. di Giugno dell’anno scorso, mentre io mi trovava appunto colà nelle sue mani, e dieci io stesso gli viddi coi miei proprii occhj il dì 14. dello stesso mese; dimodoché io viddi che non vi era più ceto di persone sicuro dagli eccessi del suo furore, non impiegati, anche i più grandi, non amici, anche quelli che allevati con lui, l’hanno sempre scortato nei /144/ momenti i più delicati, non parenti, non forestieri, non mercanti, non preti, e neanche il Vescovo, colui che l’ha allevato e sollevato all’impero; mai alcun principe in Abissinia aveva per l’avanti messo le mani sopra gli Europei, anche questi divennero preda del suo furore, nel mio passaggio colà i rappresentanti della Francia erano sortiti da pochi giorni dalle catene, ma ancora se ne stavano custoditi, ed incerti della loro sorte, io passai, fui preso, ed obbligato a presentarmi a costo di un lungo viaggio, e mentre tutti avevano giusto motivo di temere della mia persona esiliata in quel paese per publico decreto nel 1847. con stupore universale, io solo fui il favorito e non solo rilasciato, ma mandato ed accompagnato con onore sino alle frontiere, dimodoché potei dire et fugi ego solus per parlare all’Europa e far conoscere la fatale catastrofe, e dopo di me, furono come cani caciati i due messaggieri di questo governo il Signor V. Console Le Jean, ed il bravo Dottore Lagard per essere testimonii della verità di ciò che dico; ma dopo di noi, caddero vittima tutti gli europei, non esclusi i rappresentanti della Brittanica nazione tanto benemerita di Teodoro, e nel momento che scrivo, Dio sa ciò che ne sarà di loro, e non furono risparmiati, per giusto castigo, coloro appunto che strapparono dal cuore il freno della religione al Principe [f. 65r] e si trovano ora ai piedi del leone che colle loro mani hanno voluto scatenare, come il sorcio trovasi fra le zampe del gatto incerto del balletto e della farsa che vorrà dare ai suoi gattini: Providenza e giustizia di Dio! il quale forse con ciò intenderà di dare una lezione ai maestri dell’ateismo europeo, per chi ha occhio all’avvenire, ma lasciamo queste applicazioni, perchè il nostro paese è troppo ammalato di testa per capire queste verità, e per essere capace di simili calcoli.

Cosa dico poi dei guasti immensi fatti, e che fa tuttora Teodoro? Provincie distrutte, campagne devastate, popolazioni immense o passate a fil di spada, oppur asportate, o date qual prezzo di vil passione, oppure vendute, mandre distrutte, chiese abbruciate, altari profanati con scandalo immenso di tutti gli infedeli di quei contorni, vergini deflorate, tori ? tori violati, mercatanti derubati, commercio distrutto, agricoltura sospesa, e la fame come ultima e necessaria conseguenza per mettere tutto quel bellissimo paese nella più barbara e compassionevole situazione, poveri abissinesi! il solo pensarvi mi si congela il sangue nel cuore!

Dopo tutte queste traggiche scene, comprenderà facilmente ognuno qual campo mi si apre avanti l’immaginazione per raccogliere degli elementi, il disgusto universale, quello appunto che mi fece riferire tante tragedie, potrà ognuno ben capire, a qual punto debba essere in tutta l’Abissinia, e quel paese, come chi ingojato da rapida ed impetuosa corrente, vede avanti di se prossima una traggica fine, debba tendere pietose le mani, e guardare verso l’Europa come lido di salute per vedere se compare qualche segno o umbra di angelo liberatore mandato dal cielo! si appunto come angelo liberatore sarebbe qualunque potenza d’Europa che stendesse la mano sino colà con un’operazione qualunque, fatta in modo simpatico [f. 65v] /145/ tanto che basti da potersi persuadere che, non una fiera nemica che va a gettarsi sopra il resto della vittima per ingoiarla, ma sibbene con un sentimento di Cristiana e fraterna simpatia, colà si reca a porgergli la mano liberatrice; e chi mai sarà quello ancora in Abissinia, il quale oserà respingere, e battersi col suo liberatore?

Forse l’aristocrazia dei principi antichi soliti a governare, i soli che potrebbero avere delle viste di dominare nell’avvenire di quel paese? questa estirpata, distrutta, e fatta schiava da Teodoro ha più nessuna forza, e qualora ancora qualche sforzo potesse rianimarla, essa ha perduto ogni speranza con Teodoro divenuto naturale loro nemico, nemico che potranno mai più vincere, perchè ha disarmato tutto il paese, e nelle sue montagne favorite e sicure radunò tutte le armi che possedevano i loro avi, ed anche ridotto a pochi mal’intenzionati che sempre rimarranno con lui sarà sempre forte abbastanza per diffendersi in qualsiasi luogo, e per sorprendergli nei suoi giri e scorrerie; veggono quindi chiaro che senza un solido appoggio dell’estero, mai più potranno tranquillamente governare i loro paesi.

Forse farà opposizione il clero? Veramente era questo anticamente il freno degli imperatori, stati anche dal medesimo più volte deposti ed eletti, ma quando era ricco di prebende e di benefizii, con degli asili ed immunità direi quasi infinite, dove rifugiati se ne stavano all’umbra loro tutti i rivoltosi dello stato, elementi tutti che mettevano il clero nella posizione superiore a tutte le aristocrazie del paese, e quasi arbitri del medesimo; ma ora che spogliate le chiese, violate le immunità e gli asili, tolti quasi tutti i benefizii, sono ridotti allo stato di mendichi, cosa ancora potranno fare? Senon che, vedono anche loro [f. 66r] che fino a tanto che regnerà Teodoro la Chiesa abissina avrà più niente a sperare, ne richezze, ne onori, ne altra politica influenza, e come quello è un clero eterodosso, affatto privo di quello spirito che suole rendere il clero cristiano, più forte quando è oppresso dalle violenze e persecuzioni, di quanto lo possa essere fra le aggiatezze e fra gli onori che sogliono prodigarsi al medesimo in tempo di pace dai paesi cristiani, ma sibbene sostenuto solo da una certa abitudine esterna, ed animato unicamente dallo spirito del guadagno e dell’onore, il clero attuale d’Abissinia, non solamente non potrà fare ostacolo, ma lusingato da una speranza di un’avvenire migliore, stenderà anche lui certamente la sua mano pietosa all’angelo liberatore, per non vedere il poco resto delle sue chiese tutte distrutte, divenuti deserti i monasteri; e ciò tanto più se la generosità dei novelli liberatori sapesse maneggiarli, sarebbero anzi quelli che potrebbero entusiasmare le masse a gettarsi nelle mano dei nuovi loro protettori.

Forse la casta mercante potrà col suo gazzettismo, di cui è quasi monopolista, indisporre la nazione? Chi conosce bene lo stato del commercio di quei paesi, e l’estrema miseria della casta solita a vivere del traffico, tanto indigeno, quanto all’estero, la gran quantità di coloro che muojono di fame, perchè da molti anni affatto intercettato ogni movimento commerciale, quanti mercanti ricchi spogliati, e quanti costretti a confidare alla terra i loro capitali e con- /146/ durre una vita meschina per non trovare le catene per l’unica ragione di possedergli, potrà di leggieri comprendere, che sarà questa la parte di tutti quei popoli la più animata per la speranza di una liberazione vicina: appena un governo europeo avrà posto i piedi in qualche parte, anche estrema dell’Abissinia [f. 66v] ed i mercanti avranno potuto accertarsene, saranno essi i primi a corrervi impazienti di portare i loro prodotti, e trovando sicurezza non avranno bisogno di altro per corrervi a turbe; ed appena avranno conosciuto l’assieme della legislazione europea, basteranno questi per entusiasmare, non solo tutta l’Abissinia, ma tutti i paesi Galla, sino alle sorgenti del fiume bianco; il solo elemento dei mercanti basterà per spargere la simpatia dovunque, e prestare alla colonia un servizio più forte di un’armata, essendo essi per lo più gli ambasciadori naturali di tutti quei paesi abissinesi e Galla, fra principi e principi delle diverse nazioni, e provincie, e per la bocca dei medesimi che si combinano tutti i politici interessi ed affari.

Cosa dirò poi delle masse popolari? Oppresse queste nel modo il più barbaro con delle imposte che sorpassano i due terzi dei loro prodotti, e soggetti a continue avanìe delle soldatesche sempre in giro sulle spalle dei paesani, con violenze e barbarie di ogni genere una gran parte emigrata all’estero, un’altra parte costretta ad abbandonare i bellissimi e deliziosi altipiani, dove avevano i loro patrimonii paterni, rintannati nei bassi fra i boschi e dirupi per sottrarsi alle violenze dei soldati e del governo, e per trovare colà un pezzo di terreno da procaciarsi un miserabile vitto, la maggior parte ramingo, spogliato e morto di fame, appena avranno potuto formarsi un’idea certa dell’esistenza di un luogo sicuro, e sotto l’influenza di un governo regolare, subito turme di colonie spontanee verranno da ogni parte coi loro bestiami, coi loro cavalli, e coi loro muli, e coi loro asini per cercarvi un’asilo, e passeranno appena alcuni anni che quel paese, fosse ben deserto, diventerà ben presto il più florido di tutti quei paesi, a misura che la fiducia si anderà propagando fra quei popolani.

F. 67r E la soldatesca abissinese starà quieta? basta conoscere il soldato abissinese per chiamarlo uomo affatto nullo in politica del paese: quanto egli è ardito nel suo mestiere, altrettanto poi è venale, ligio al suo padrone quando lo tratta bene, e cieco affatto in materia di calcolo avvenire; difficilmente il soldato ha amor patrio, oppure seguace di qualche politica particolare; quando il soldato abissinese discorre liberamente col suo compagno, oppure con persona, a cui può liberamente spandere il suo cuore, i suoi discorsi non si raggirano sopra di altro oggetto che i segnali di benevolenza o regalie ricevuti da suo padrone; in diffetto dei fatti di guerra, o proprii, o dei compagni più amici, e sopra tutto del suo capo o padrone, egli non conosce altro calcolo, altro interesse, altro bisogno; la questione sta solo nel farsi conoscere una colonia europea, e guadagnarsi la fiducia della soldatesca, in pochi mesi verranno a turbe per arrolarvisi = con duecento scudi, mi diceva il figlio di un grande rifugiatosi nei paesi Galla, e rimasto qualche mese in casa nostra, perchè cer- /147/ cato a morte da Teodoro, con duecento scudi un giovane, che abbia un certo nome nella sua parentela, e con qualche disinvoltura può farsi un seguito da spaventare il governo = La ragione è molto chiara, oltrecchè in Abissinia esiste sempre una quantità di soldati vagabondi, o fuggitivi, oppure senza padrone; anche quelli che si trovano con un padrone, non è legato a lui, se non dalla maggiore o minore speranza di star bene, e come un novello principe che si rivolta collo scopo di farsi una sorte, suole permettere da principio rubarizii, e trattare bene i suoi soldati, quella speranza trae per lo più una quantità al suo seguito per poco che sappia regalargli; ne si pensi alcuno che la paga [f. 67v] del soldato abissinese sia una cosa esorbitante, perchè, meno il caso che la colonia stessa ingannata da un calcolo di troppa condiscendenza non sollevi la passione di quella gente al di là delle sue attuali tendenze e bisogni, come è accaduto in Europa stessa, dove da un malinteso progresso di distruggere ogni differenza aristocratica, hanno seminato nelle masse popolari dei bisogni molto al di là delle sue tendenze, motivo per cui noi camminiamo verso un’epoca, in cui i governi si vedono sbilanciati da tre principii che ci portano verso un colcolo quasi impossibile a sostenersi, cioè, bisogni maggiori o passioni più forti nel popolo, bisogni maggiori di soldati e di uffiziali per contenere il popolo, e maggiori difficoltà per riscuoterne i publici tributi, meno un caso simile, il soldato abissinese, si e come trovasi capitanato attualmente dai suoi padroni, e calcolando gli attuali suoi bisogni, posso dire con certezza, che non costa la spesa di quanto vi vuole per le sole vesti di un soldato europeo, anzi forse un poco più della metà solamente; per poco adunque che la colonia europea aggiunga all’ordinario del soldato abissinese, non solo il soldato abissinese non sarà contrario, ma è cosa facilissima svegliare un movimento favorevole fra i medesimi, da produrre uno spontaneo arrolamento per la formazione di una truppa indigena tanto essenziale, sia affinchè la colonia non diventi un peso troppo enorme alla nazione europea che ne prende l’iniziativa, e sia ancora per tutti i bisogni e calcoli grandissimi che in avvenire potrebbero presentarsi di un grande interesse per la nazione europea medesima non solamente, ma per l’interesse universale del cristianesimo e della civilizzazione europea in quelle parti, di cui l’Abissinia ne è l’unico elemento, come dimostrerò in seguito, poiché è d’uopo disingannarsi, e sapere, che Cristianesimo, civilizzazione, progresso, ed interesse europeo sono la stessa cosa, massime dove si tratta di popolazioni mussulmane.

F. 68r

Compendio delle osservazioni sopra
l’Abissinia e paesi Galla

Il piano da me esposto molto in lungo, e con dei detagli molto minuti, ridotto a sommi capi sarebbe come segue

1. Piano d’operazione generico.

Non è il caso di una spedizione militare collo scopo di conquistare l’Abissinia, ma sibbene della semplice occupazione di un luogo /148/ sulle frontiere Est dell’Abissinia a qualche giornata dal mare, in modo simpatico, che abbia l’aspetto di ajutare l’imperatore, contro l’islamismo, oppure un’altro partito influente, e capace di appoggiare la spedizione.

Una guerra in Abissinia sarebbe molto costosa e difficile, sia per la sua lontananza, sia perchè il paese per se è un paese forte e quasi inacessibile all’estero, e che fornirebbe nel suo interno delle posizioni, come fortezze naturali, alle bande nemiche, sia ancora, perchè una guerra potrebbe suscitare una complicazione politica fra le varie nazioni europee, alle quali l’Abissinia potrebbe fare qualche ricorso.

All’opposto, fuggendo l’aspetto di guerra e di conquista, e prendendo invece l’aspetto di pacificatore, di conciliatore, e di ajuto, potrebbe guadagnarsi la simpatia della nazione, e godere ancora del concorso del governo indigeno, sia per facilitare l’iniziativa di uno stabilimento sulle frontiere, e sia ancora per godere e partecipare dei prodotti indigeni, onde facilitare il mantenimento della nuova colonia.

Resta perciò di tutta necessità tenere il più gran segreto del piano politico, sia per schivare le difficoltà che potrebbero nascere per la gelosia di altre potenze europee, sia ancora affinchè esso non venga conosciuto in Abissinia, come sopra.

F. 68v

2. Posizione marina da scegliersi

Il governo francese colla compra di Obbok vicino allo stretto di Babelmandel ha fatto conoscere una disposizione di voler formare una stazione marina in quelle parti, probabilmente in conseguenza dei lavori che si stanno facendo per il taglio dell’istmo di Suez; è questo un’ottimo calcolo, perchè il mar rosso deve diventare una posizione molto importante per la marina dopo il taglio suddetto. Obbok è una posizione di grande interesse, perchè vicina allo stretto, e che potrebbe diventare come la chiave del medesimo, unito a Perim di proprietà della gran Brettagna, ma solo servirebbe poco allo scopo suddetto.

Riguardo ad Obbok vi sono due riflessioni abbastanza interessanti. La prima è che la posizione marina difficilmente potrà calcolarsi, come stazione di un’armata navale più di quanto sia capace di contenere il posto, abbastanza conosciuto e descritto dalle carte della marina, senza che io ne facia una descrizione, la ragione è, che in tutta quell’imboccatura dello stretto il mare è soggetto a delle correnti formidabili, come estremità dell’Oceano. Il secondo riflesso, è che Obbok è il luogo più lontano dagli alti piani fertili dell’Abissinia, sia per una futura influenza nell’interno della medesima, sia ancora molto più per potere godere dei prodotti indigeni di essa, per la manutenzione della colonia, che di necessità dovrà risiedervi alla custodia della posizione, e per tutte le provviste che potrebbero occorrere in caso di guerra da quelle parti; anche le tribù che avvicinano quel luogo sono mussulmane fanatiche, della natura /149/ stessa di quelle che esistono dalla parte opposta vicino ad Aden, affatto indoma[mi]bili, e meno ricche ancora.

Il luogo più a proposito e strategico, sarebbe, o Hedd, o Anfila, oppure qualunque luogo frammezzo, il quale si presti per un porto. Hedd appartiene a qualche proprietario francese, ma ha un miserabile porto, anzi una semplice rada, però molto tranquilla e facile ad aggiustarsi come porto, perchè vi sono [f. 69r] dei banchi in poca lontananza, suscettibili di essere uniti ed accresciuti con pochissima spesa, da Hedd per arrivare agli Eggiù primo paese, [primo paese] dell’Abissinia vi vogliono dieci giorni di piccole tappe, cioè al più tre giorni per un’espresso, e la strada è buona. Il miglior luogo però sarebbe Anfila circa 40. leghe più al Nord; Anfila ha un mediocre porto, ed altri piccoli porti frammezzo ad alcune isole che vi sono in vicinanza. A due giornatine da Anfila si trova la pianura del Sale, punto molto importante, perchè, se la colonia si impadronisse del medesimo, con questo elemento potrebbe prendere per la gola tutti i paesi dell’interno, essendo il sale che parte da questo luogo l’oggetto principale del commercio di tutti quei paesi. Da Anfila all’alto piano dell’Enderta si contano otto giorni dai mercanti, ma un’espresso può arrivare in due giorni. Questa è la strada più piana e più bella che vi sia, ed è l’unico punto della costa, dove i cameli vanno e vengono sino all’alto piano dell’Abissinia. Anfila però è di proprietà di un’arabo, proprietà però contradetta dagli indigeni Taltal, come lo sono quasi tutti gli altri punti di quella costa, non esclusa quella di Massawah, che gli abissini pretendono.

Giova ancora notare qui che vi sono ancora altri punti della cost[r]a tra Hedd ed Anfila, punti abbandonati, i quali potrebbero anche essere calcolati. In tutta questa costa il mare è più tranquillo, e la distanza sino all’alto piano è al più di venti o venticinque leghe, laddove Obbok dista più di 50. o 60. leghe, e popolazioni più cattive. Quando vi fosse una stazione in Hedd o in Anfila, il custodire Obbok di là è una piccola cosa.

3. Modo di eseguire il piano in politica.

Se l’imperatore Teodoro ha fatto delle richieste precedenti per essere ajutato, come si suppone da molti quasi universalmente, allora si potrebbe mandare un’ambasciata a lui, significandogli la disposizione del governo di ajutarlo e di assisterlo ad organizzare il suo regno. Non è qui il caso di dire delle bugie o fare delle finzioni, potendo il governo avere anche [f. 69v] delle intenzioni reali di limitarsi ad una sola posizione sul mare, ed un’altra nell’interno a poca distanza dal medesimo; anzi, essendo di tutta convenienza che da principio non si pensi affatto all’interno, ma solo a stabilirsi e rinforzarsi nei due luoghi suddetti, non pensare ad altro, e non parlare di altro che di voler ajutare l’Abissinia. In quanto all’interno poi, senza che il governo cerchi, per poco che sappia maneggiarsi verrà tutto da se, ed il luogo preso dal medesimo diventerà subito il centro del commercio e di tutto il movimento, appena sarà conosciuto.

L’imperatore Teodoro non mancherà di prestarsi al piano sud- /150/ detto, quando spererà di avere un’appoggio, ed il governo potrebbe servirsi di lui, onde essere anche ajutato, ma ad ogni evento che si rifiutasse si potrebbero intavolare delle relazioni con altri capi della frontiera, in specie col principe degli Agau Waxum Taffarì, e con qualche altro del Tigre, tutte persone che non cercano altro. Io poi mi esibirei di dare delle note particolari sul modo d’incominciare le trattative, e di guidarle, affinché la buona fede, e la simpatia del governo indigeno continui sino a tanto che la colonia sia sufficientemente stabilita.

4. Vantaggi di questa spedizione nel luogo suddetto a preferenza di altro.

Lasciando di notare qui i vantaggi di mare, cioè tutta l’influenza che guadagnarebbe il governo sopra tutti i littorali del golfo arabo, dove il governo turco si sta rinforzando da alcuni anni a questa parte, e lasciando da una parte i calcoli avvenire sull’importanza di avere un luogo in quel mare, dove dovrà svilupparsi un nuovo bisogno dopo il taglio di Suez, come calcoli, che sono alla portata di tutti; limitandomi ai soli vantaggi che presenterebbe la posizione suddetta di Hedd, ma più ancora di Anfila relativamente all’interno che tutti non possono conoscere, sono i seguenti.

F. 70r 1. Col tempo la colonia si impadronirebbe immancabilmente delle miniere del sale, le quali sono la chiave del commercio di tutta l’Abissinia, paesi Galla, e paesi Sidama.

2. Da Anfila alle vicinanze di Antalo, capitale dell’Enderta, una delle piazze più forti del commercio di tutto l’interno, è la strada più breve, più piana che si possa trovare dal littorale all’interno, unico luogo, dove vanno e vengono i cameli per i grandi trasporti, sia mercantili, sia ancora per le occorrenti provisioni di guerra.

3. Questa posizione getta nell’interno dell’Abissinia, quasi ad eguale distanza di Adoa capitale del Tigre, e di Gondar capitale del Beghemeder, e vicino a Soccota capitale degli Agau.

4. Dal momento che la colonia avrà preso una posizione sulle frontiere dell’Enderta, avrà preso la chiave di tutto il commercio di Massawa, perchè si impadronirebbe della strada dei mercanti che vengono dal Sud, ed avvanza ai medesimi più di sessanta leghe di viaggio.

5. L’Enderta è il paese più ricco in granaglie ed in bestiami; i mercanti possono portare dai paesi Galla del Sud dei cavalli e dei muli in gran quantità per i bisogni della colonia, anche indipendentemente dall’Abissinia in caso di rottura colla medesima.

6. L’Enderta è un paese forte e con delle fortezze naturali, nelle quali cinquanta soldati con qualche pezzo d’artiglieria possono resistere a tutta l’Abissinia in caso di ostilità; questo paese poi si presta molto bene per la formazione di una truppa indigena; anche il carattere della popolazione è il più sodo, ed il più tranquillo.

7. Prendendo una posizione la più vicina alla costa, e non nel centro dell’Enderta, la colonia avrebbe al nord la razza Taltal, al /151/ sud gli Azzobou Galla, e all’ovest i Cristiani dell’Enderta; sono queste tre razze nemiche fra loro, che potranno mai unirsi per far la guerra [f. 70v] alla colonia; all’opposto questa sarà sempre nella posizione di conciliare la pace, e conciliarsi l’affezione, e nel caso che qualcheduna ricalcitri avrà sempre l’ajuto e simpatia delle altre.

5. Circostanze favorevoli all’operazione –

Giammai vi è stato in Abissinia un’epoca più a proposito per l’introduzione di una colonia europea; anticamente il paese era dominato da un’orgoglio indomabile, perchè non aveva provato ancora la miseria, che ha provato in seguito, e che prova tuttora, ed anche perchè l’elemento europeo era troppo straniero e sconosciuto; tutti erano governati da una passione di dominare, e qualunque movimento avrebbe cagionati sospetti. Dopo l’impero dell’attuale imperatore, tutto il mondo è stanco all’estremo ed attende con anzietà una crisi.

1. L’imperatore Teodoro stesso, dopo 15. anni di guerra, di distruzione, e di sangue, avendo come perduta la speranza di poter soggiogare il paese ed organizzarlo in impero, sarebbe fortunato di trovare un’appoggio, e con questa speranza sono come certo che acetterebbe delle condizioni, che mai, ne lui, ne altri, avrebbero acettato per il passato; condizioni che possono servire per incominciare l’operazione con maggior facilità, e preparare il piano per l’avvenire.

2. L’aristocrazia delle famiglie antiche che hanno governato nelle varie provincie dell’Abissinia, si trovano tutte avvilite, con nessunissima speranza di rientrare al governo dei loro principati; alcune sono raminghe all’estero, ed aspettano che si faccia giorno per loro; altri sono al servizio dell’imperatore, che odiano a morte, perchè compromesso di sangue con tutte, esse lo temono, ma aspettano il momento di potersi ribellare con sicurezza, e con qualche appoggio.

3. Il paesani contano quindeci anni di continue rappresaglie; una gran parte sono raminghi all’estero; un’altra parte scoraggiata, e mancante [f. 71r] di mezzi ha lasciato di coltivare la terra, e muore di fame; i pochi che ancora coltivano, le loro fatiche sono assorbite dai tributi, e non bastano per mantenersi e per mantenere i soldati che continuamente hanno nelle loro case. Dal momento che sapranno esistervi una colonia europea, dove si gode sicurezza, si porteranno colà turbe di coltivatori coi loro bestiami, ed il paese fosse ben deserto diventerà subito popolarissimo.

4. I mercanti poi, stanchi dell’inerzia in cui giace il commercio da dodeci anni in qua, saranno fortunatissimi, e sarà questa la casta, che ben trattata, spargerà notizie favorevoli sino all’estremità Sud vicino al fiume bianco, e predisporrà tutte quelle popolazioni in favore della colonia, mentre sarà fortunata di portare i suoi prodotti alla medesima.

5. Avvi ancora una gran quantità di soldati delle antiche aristocrazie, i quali si trovano senza padrone, e se la colonia avrà il /152/ suo interesse di fare della truppa indigena, potrà farla subito, appena avrà preso un luogo nell’interno, e potrà anche trovare degli operai per i lavori sulla costa; per questa ragione, conviene accelerare la presa del luogo dell’interno, perchè faciliterà anche le imprese della costa, dove mancano operaj.

6. Carattere della popolazione abissina, e modo di prenderla.

Per comprendere il carattere religioso e cristiano d’Abissinia, basta sapere, che questo paese conta più di dieci secoli di resistenza, e di guerra contro l’islamismo, e dobbiamo a questo paese la conservazione di tutti gli altri alti piani al Sud della medesima, come tutti i Galla e Sidama, ancora pagani, e non mussulmani, motivo per cui sono ancora accessibili a noi e coltivabili, a differenza di tanti altri paesi di quei contorni. Il carattere dell’abissino è religioso, benché con una religione più di abitudine, che di convinzione, ed anche molto corrotto di costumi, perchè non è più coltivato da molti secoli, ed ha un clero ignorante e venale, come tutti gli eretici; [f. 71v] ciononostante bisogna convenire essere di un carattere così religioso, che per loro è un gran scandalo, quando una persona presenta un’esteriore affatto privo di ogni sentimento religioso, oppure che disprezza la religione[;] una persona simile dall’abissinese è disprezzato nel suo cuore, benché nell’esterno alle volte non lo manifesti; sarebbe perciò desiderabile, che le persone le quali saranno alla testa della colonia fossero religiose, e dimostrassero un grande impegno per promovere la religione; tanto più deve pensarsi questo, perchè l’abissino che ha perduto la religione diventa di una corruzione tale, che è capace di tutto. In prova di ciò l’imperatore attuale nel suo principio temeva Iddio, e piaque perciò anche alla nazione; in seguito alcuni europei di carattere volgarissimo, e di nessuna religione sono andati colà, e riuscì loro di guastarlo colle dottrine volgari ora in Europa, e guastato divenne una best[i]a feroce insoffribile a tutti, a quei medesimi che l’hanno guastato. È bene perciò che la colonia abbia delle istruzioni particolari a questo riguardo, le quali potrebbero essere concepite così –

1. Attesochè i mussulmani non sono nel genio degli abissinesi, ed il favorirgli sarebbe una specie di scandalo; d’altronde favoriti si moltiplicherebbero all’infinito, cosa molto pericolosa, attesa la vicinanza della Mecca, e del fanatismo arabo, senza fare ai medesimi una persecuzione, il governo dovrebbe limitarsi a trattargli nel modo medesimo che essi trattano i cristiani alla Mecca ed in Arabia.

2. In quanto agli eretici, come questi sono cristiani, e che col tempo facilissimamente potranno farsi cattolici, da principio prodigando ai medesimi qualche favore, anche alle Chiese potrebbe guadagnare molto di simpatia per la colonia; il clero abissinese ha molta influenza sul basso popolo, e con qualche regalo alle Chiese, potrebbe anche svegliare un’entusiasmo, molto utile sia alla colonia europea, e sia anche per predisporre i medesimi ad unirsi ai cattolici.

3. Parlando del clero eretico debbo far notare qui che il Ve- /153/ scovo eretico è un’allievo inglese, ed è lui che ci ha sempre perseguitati per compiacere ai protestanti.

F. 72r 4. Affinchè la colonia si investa di uno spirito nazionale europeo, e spieghi un’attaccamento all’europa, ed alla nazione che la civilizza, non solamente conviene tener lontano l’islamismo, ma dolcemente promovere il cattolicismo, e fare in modo che tutti quei paesi col tempo abbiano una sola religione cattolica, affinchè siano di un solo sentimento molto essenziale per far fronte alla corrente mussulmana che la circonda; ottenuto questo, gli stessi mussulmani più vicini, ed ancora non molto fanatici, saranno da essa naturalmente concentrati al medesimo spirito ed alla medesima nazione col tempo. La maggior parte dell’Abissinia essendo eretica, il governo sarà obbligato a concedergli un vescovo eretico egiziano, elemento di nessun valore per la civilizzazione, ed anche sospetto di simpatia straniera; laddove spingendo dolcemente il cattolicismo, potrà col tempo esservi un vescovo della stessa nazione coL governo, e così potrà camminare d’accordo col medesimo.

7. Clima di tutti quei paesi, e temperatura

Il clima di tutti quelli alti piani dell’Abissinia, paesi Galla, e Sidama è generalmente ottimo, ad eccezzione di alcuni luoghi bassi, dove regnano le febbri, come pure vicino ad alcune paludi, dove qualche volta si lascia vedere la febbre gialla, quasi le due uniche malattie che esistano colà, del resto tutte le altre malattie d’Europa, come apoplessie, polmoniti, pleuritidi, e generalmente qualunque malattia prodotta da stato pletorico e sanguigno, nei diciotto anni che vi ho passato le ho mai vedute, come altresì la malattia dei denti affatto non è conosciuta. Per dare un’idea della salubrità di quel clima a differenza del Sennaar, dirò che la missione Galla è stata stabilita nello stesso anno della missione del Sennaar, questa conta più di cinquanta missionarii europei morti, laddove la missione Galla ne conta solamente uno morto vittima delle fatiche, [f. 72v] Lo stesso si deve dire della missione abissinese appartenente ai Lazzaristi, stabilita prima della missione Galla.

Il clima non solo, ma la temperatura non ha l’eguale in tutti i paesi conosciuti: gli europei che hanno conosciuto l’Abissinia, non finiscono di lodare la sua temperatura, che non discende sotto il quindeci di calore nelle altezze ordinarie, e non passa il venticinque; nei paesi Galla poi e nei paesi Sidama noi abbiamo la casa in certi luoghi dove il Reumur [Réaumur] non si abbassa sotto il 18., e non passa il 22. Le pioggie dell’Abissinia sono molto regolari, ma ancor più regolari e frequenti a misura che si cammina verso la linea. Io credo che l’Europa ne farebbe di quei paesi una villeggiatura, se vi fossero le strade, ed un governo un poco più organizzato e regolare.

8. Agricoltura e prodotti del suolo.

L’agricoltura è un poco abbandonata in Abissinia per causa delle guerre continue, benché il popolo sia di genio agricolo se trovasse la pace. Nei paesi Galla poi e nei paesi Sidama, l’agricoltura nella sua /154/ universalità è quasi eguale all’Europa, benché minore nella perfezione. Nei paesi Galla si comprano i terreni a misura ed a caro prezzo, come in Europa, ed il padron del terreno col solo titolo della padronanza del fondo, senza nulla occuparsi della coltivazione, ha in paese il diritto della metà dei frutti.

In tutti quei paesi si trovano tutti i cereali dell’Europa, e molti che non vi sono in europa, ad eccezzione del riso; in molti luoghi si fanno due raccolte nell’anno, segnatamente di orzo e di grano turco. I legni vi sono in gran quantità anche di specie eccellente per i lavori. Io ho portato le patate europee, le quali in due mesi vengono a maturità e di una grossezza che [...] in Europa; lo stesso di altri generi ortensi [f. 73r] da me colà trasportati; ho fatto venire la vite dall’Abissinia ai paesi Galla, ed ho veduto che produce molto bene. Nei paesi Galla del sud e nei paesi Sidama il caffè ed il corriando sono produzioni spontanee della terra; nei paesi bassi dei Galla situati all’ovest verso il Fasuglu si trova anche il cotone spontaneo, il quale affinchè produca non ha bisogno di altro, che di essere purgato dalle erbe. Generalmente poi la vegetazione è portentosa ovunque, ed il suolo è capace di produrre tutto ciò che produce il suolo freddo d’Europa, e quello d’oriente e delle indie, come palme, banani e cose simili.

9. Miniere e sorgenti minerali.

Il suolo poi sia dell’Abissinia che dei paesi Galla e Sidama è ricchissimo di prodotti naturali. L’Abissinia ed il nord dei paesi Galla è quasi tutto ferro di natura eccellente, ed i ferrai indigeni che non conoscono la fusione delle pietre lo trovano in natura. Verso il Sud è più scarzo, ma se ne trova sufficientemente. Tanto nell’Abissinia, che in Kafa si trovano marmi di diverse qualità, ed il cristallo rocca è in grande abbondanza ovunque. Sia nei paesi Galla, che in Kafa ho veduto molte tracce di carbon fossile che si mostrano spontanee in certi scavi fatti dalla corrente. All’ovest dei paesi Galla verso il Fasuglu si trova l’oro, ed argomentando dalla sola quantità che si trova in commercio, benché solamente quello che si presenta all’occhio, e che si trova casualmente, massime dopo le pioggie senza nessuna industria, bisogna convenire, che ve ne sia in gran quantità. Tutti quegli alti piani poi sono richissimi di aque minerali di ogni genere, le quali si trovano ad ogni tratto; come altresì delle terme ammirabili, massime più verso il Sud.

10. Bestiami di ogni genere.

La vegetazione essendo molto ricca, viene naturale che il paese deve essere molto ricco di bestiami. Sono per- [f. 73v] ciò tutti i bestiami di ogni genere la richezza principale del paese, e sarebbero ancora molto di più, se gli indigeni conoscessero il modo di coltivargli, e di tagliare i fieni come in europa, invece del sistema pastorale dei pascoli. Bisogna però confessare che il latte non è in quantità proporzionata, perchè tutti i mammiferi diminuiscono di latte a misura che si avvicina l’equatore. Nei paesi Galla poi avvi una /155/ gran richezza di cavalli, muli, ed asini di ottima qualità. Vi sarebbe pure il buffalo, ma è selvaggio e feroce; come si trova altresì gran quantità di elefanti nei deserti, specialmente del Sud. Pecore poi e capre senza fine, però con una lana molto grossa e poco suscettibile di essere lavorata. Galline perfettamente come nei nostri paesi; la caccia poi di ogni genere richissima.

11. Formazione del suolo.

Tutti quegli alti piani all’estero, tanto dalla parte del mare Est e Sud, quanto dalla parte Nord ed ovest sono quasi innaccessibili, perchè montagne altissime, e senza strade, dimodoché si potrebbero dire come una sola fortezza continuata, e quasi innaccessibile all’estero.

Nell’interno poi l’Abissinia è molto montagnosa in modo che difficilmente si potrebbero fare delle strade commode, e quasi impossibili sarebbero le strade ferrate dal Nord al Sud attraversando i fiumi, i quali corrono in gran vallate. I paesi Galla poi, ed i paesi Sidama sono colline deliziose come l’Italia e la Francia, e sopra quegli alti piani possono farsi delle strade di ogni genere e direzione. Le strade ferrate anche in Abissinia sarebbero facilissime dall’est all’ovest, seguendo la corrente dei fiumi; così dal Sennaar, seguendo il Takazzè o il Nilo, si può fare una strada ferrata che porta sino all’Est dell’Abissinia, e sino all’Ennerea e Kafa; di là [f. 74r] seguendo il fiume Goggieb verso il Sud al di là di Kafa, una strada ferrata potrebbe discendere sino al mare delle indie vicino a Zanzibar.

In Abissinia esiste un lago delizioso e grande, conosciuto da molti europei, richissimo di pesche, e un littorale anche richissimo e delizioso, e delle isole nel suo seno. Altri laghi poi si trovano nei paesi Galla non tanto grandi come quello di Dembea suddetto, ma anche deliziosissimi; come altresì se ne trovano al Sud di Kafa, che io non ho visitato.

12. Tipo della popolazione

Gli abitanti primitivi di tutto quell’angolo orientale dell’Affrica erano i negri figli di Kam, come quelli della Nubia e del resto dell’Affrica, ma un’emigrazione continua di tutte le epoche venuta dall’Egitto, dalla Siria, e sopratutto dall’Arabia di razza semitica, ha respinto la razza nera verso il Sennaar e verso l’interno dell’Affrica, e si impadronì di tutti quegli alti piani; dalle medesime si formarono tutte le attuali popolazioni di razza semitica, molto ardita, e capace di tutta l’educazione che si vuol dare. Come il colore è un’effetto della luce, come ognun sa, e probabilissimamente effetto della maggiore, o minore obliquità dei raggi solari, quelle popolazioni, benché semitiche sono di colore nerastro, meno nero della razza affricana in generale, ma il tipo è perfettamente semitico; le loro lingue, diversissime fra loro nel materiale dei termini, e diverse dalle altre lingue semitiche da noi conosciute, come l’arabica, l’Ebbrajca, e la Kaldajca, pure nella formazione grammaticale, convengono fra /156/ loro quasi perfettamente; ciò prova l’identità della razza tutta semitica, e la capacità per conseguenza di tutte quelle popolazioni di arrivare ad una civilizzazione eguale a quella dei greci, e di tutti le popolazioni orientali.

F. 74v

13. Avvenire religioso della colonia supposta.

Tutti quei paesi presentemente divisi in varie piccole nazioni, cristiane, pagane, ed in parte anche mussulmane, nemiche fra loro, e quasi barbare, la sola religione cristiana, e direi la sola cattolica per se stessa educatrice dei popoli massime barbari e quasi l’unica capace di farle, facendole cristiane potrebbe unirle in una sola nazione civilizzata, di sentimento tutto europeo, e cristiano. In tale supposto sortirebbe colà una nazione cristiana di circa dodeci o quindeci millioni; nazione che potrebbe col tempo giuocare un gran ruolo per la civilizzazione di tutta l’Affrica, ruolo formidabile contro i progressi dell’islamismo in tutte quelle parti, e ruolo che avrebbe un gran numero per la politica europea in quelle parti. Quegli alti piani sono ancora l’unico elemento che si presta in tutte quelle parti per l’istruzione Cristiana, e per la civilizzazione europea contro i progressi dell’islamismo, il quale a misura che fa proseliti chiude la strada agli europei.

L’Abissinia ha il merito d’averci conservato questo angolo dell’Affrica intatto dall’islamismo, epperciò ancora accessibile a noi; ma l’Abissinia presentemente è indebolita, e dalla perdita del suo impero ha perduto anche in gran parte il suo sentimento nazionale, e corre verso il barbarismo anche essa; ha aperto le porte ai mussulmani, i quali si trovano già in gran numero in quel paese, ma ciò che è più ha dato il passaggio verso i Galla, ed i mussulmani attualmente minaciano d’impadronirsi di tutti quei paesi; hanno già fatto mussulmani molti principi, ma siccome le masse delle popolazioni sono ancora pagane, ancora sarebbe tempo, ma aspettando non si potrebbe più.

Se la missione fra i Galla fosse stata mandata nel principio di questo secolo, o almeno trenta anni prima, avrebbe trovato tutte quelle popolazioni [f. 75r] ancora intatte, ed a quest’ora la maggior parte di quei principi sarebbero cristiani, e poco per volta il popolo gli seguirebbe; abba Baghibo Re dell’Ennerea quante volte ci fece questo rimprovero = perchè non venir prima = invece presentemente tutti quei principi sono mussulmani, ed incominciano lasciarsi guidare dalla politica della Mecca, e noi missionarii dobbiamo a questa tutte le nostre persecuzioni sofferte colà, gli esilii, le prigionie, le torture, e tutto ciò a dispetto dei popoli, che ci amano, ed amerebbero di essere invece cristiani. Come però la maggior parte dei paesi Galla sono ancora liberi dall’islamismo, ancora si potrebbe rimediare col mezzo di un’influenza europea, che ajutasse il ministero, e tutte quelle popolazioni potrebbero ancora divenire tutte cristiane, e fare una sola nazione coll’Abissinia, e fare una sola nazione cristiana, la quale immancabilmente assorbirebbe tutte le popolazioni nomadi dei contorni sino alla costa, anche quelle che sono già mus- /157/ sulmane, e che chiudono tutte le strade agli europei sulle coste del golfo arabo, e dell’oceano; sarebbe questo l’unico mezzo per sanare quei paesi, e consacrargli per sempre alla nostra politica.

La Francia che ha fatto tanti sacrifizii per l’A[l]geria, paese che sarà mai cristiano, epperciò mai francese, e che aspetta il suo momento per scuotere il giogo per essere più barbara di prima, e più potente nel suo barbarismo contro di noi, perchè ammaestrata ed arrichita di mezzi, con molto maggior vantaggio potrebbe formare colà una colonia tutta cristiana, la quale avrebbe un grand’avvenire in tutte quelle parti.

14. Avvenire politico

Quell’angolo dell’Affrica orientale divenendo tutto di un solo sentimento nazionale cristiano, continuerà la lotta ammirabile che l’Abissinia ha sostenuto contro l’islamismo, lotta che, avendo conservato tutti quei paesi dell’interno, i quali sono i migliori, [f. 75v] dall’infestazione mussulmana, ha impedito la formazione di un’impero mussulmano colà; della natura dell’arabia, del Darfur, e dell’antica barberia; come però la colonia cristiana sostenuta dall’Europa, avrebbe certamente uno sviluppo di civilizzazione molto maggiore con dei mezzi che non hanno i paesi mussulmani del contorno, e della stessa Arabia, il primo vantaggio politico nell’avvenire di questa colonia sarebbe quello d’impadronirsi naturalmente di tutte le frazioni, anche mussulmane che si trovano nei suoi contorni sino al mare all’est, ed al sud, e sino al Sennaar ed al Fasuglu.

Questa colonia poi essendo cristiana e cattolica, epperciò naturalmente attaccata all’Europa ed incarnata colla politica della medesima eserciterà certamente un prestigio sopra tutta la politica dell’Egitto, della turchia d’Arabia, e cangierà la posizione di tutti quei mari. La potenza poi che avrà la fortuna di possederla potrà farla giocare nel bilancio politico delle potenze europee, e se mai la Russia arrivasse a minaciare da quelle parti, come è probabile, la colonia d’Abissinia preparata per tempo potrà sempre dare, alla nazione che la possiede, un gran peso negli interessi colla Russia molto più delle Indie medesime, perchè queste dovranno essere passive all’influenza russa, laddove l’Abissinia al di qua dei mari, sarebbe lontana per non essere toccata e vicina per imporre colla sua marina.