Massaja
Lettere

Vol. 3

Questo scritto è seguito cronologicamente dal → n. 1220 collocato fra gli Aggiunti

/354/

444

Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 105rM.r d’Abbadie

Marsilia 10. Aprile 1866.

Appena partito V. S. da Marsilia l’indomani essendo stata decisa la mia partenza per il 19 corrente sortì il bisogno di determinare pure la funzione della benedizione della prima pietra fondamentale dello stabilimento di educazione dei nostri Galla. La funzione si farà Domenica prossima 15. corrente alle tre di sera nella parrochia di S. Barnaba.

Io avrei gran piacere che Ella si trovasse presente, perché è una delle circostanze in cui il di Lei nome dovrebbe fare una delle prime figure, ma non oso instare affinché venga, perché conosco il grave incommodo, ed anche la grave spesa, tanto più che sono pochi giorni [f. 105v] dacché ha fatto questo viaggio, mi basti perciò averLe esternato il mio desiderio.

/355/ In quel giorno sarò vestito del magnifico piviale fatto dalle mani materne di Madama d’Abbadie. La pianeta ha già fatto la sua figura due volte. La prima nel giorno di Pasqua, in cui ho detto la Messa della communità qui in Convento. La seconda il Lunedì seguente nella gran funzione di un’ordinazione. La prima delle due Messe è stata applicata per la nostra benefattrice. La pianeta fa una mirabile figura in lontananza per la combinazione dei due colori; tutti mi notarono questo. Sia dunque di tutto lodato Iddio, il quale solo potrà pagare questo mio debito.

Se da Roma viene niente in contrario la mia partenza e definitivamente fissata per il 19. corrente. Come già Le dissi qui, io confido in Lei per la correzione della grammatica. Il P. Paolo [f. 106r] continuerà [a] ricevere dalla stamperia le prove per la prima correzione, onde sgravare un tantino V. S.; quindi farà passare a Lei il foglio per le lingue amarica e Galla; Ella farà le correzioni opportune e poi segnerà il bon pour tirer. Ne ho già avvertito direttamente le chef des travoux, ma se Ella crede necessario che io Le passi una procura formale mi scriva e lo farò subito: credo però sufficiente una procura privata senza atto notarile. Comunque Ella mi dica come debbo fare e lo farò.

Come penso di andare a Massawah per prendere i giovani che debbono arrivare dal Gudrù, e comprarne ancora alcuni altri da me scielti per questo stabilimento, l’operazione, come vede, sarà un poco lunga e non mi permetterà di ritornare tanto presto. Ella conosce le difficoltà ed i pericoli che ci sono; resta perciò inutile [f. 106v] che io Le parli del mio ritorno quando sarà con pericolo di dire bugie, tutto essendo nelle mani di Dio, il quale giuoca degli uomini. Più Ella non stenta a credere come io sono stanco di restare in Europa, non veggo il momento di rivedere i miei Galla. Divenuto quasi barbaro anche io, non son più fatto per l’educazione attuale dei nostri paesi, troppo complicata e piena di bisogni fittizii, che io oserei chiamare caricature, se non temessi di passare per un cinico. Se il nostro avvanzamento fosse più consentaneo allo sviluppo del cuore verso Dio e verso il prossimo sarebbe desiderabile, ma tutto nei nostri paesi è divenuto un calcolo materiale e stommachevole alla moda dei pagani; presentemente fra noi le persone di cuore debbono soffrire.

Prima di partire Le scriverò ancora; riceva intanto i sentimenti di gratitudine la più viva per Lei, per Madama d’Abbadie, coi quali ho l’onore di ripetermi

Divot.mo Servo
Fr: G. Massaja V.o