Schede storiche sulle chiese di San Domenico e San Leonardo e Chieri

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Testi tratti dal pieghevole n. 12 della serie Monumenti aperti, miniguida a cura della
Associazione Carreum Potentia
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Chiesa di San Domenico
in Chieri

Le origini

I Frati Predicatori (Domenicani) giunsero a Chieri verso il 1250. Il primo religioso chierese di cui abbiamo notizia, fu un certo fra Umberto Benzo, che morì ottuagenario a Savigliano nel 1276. Già nel 1260 il comune s'impegnava a fornire il tessuto per l’abito dei frati. Come per loro consuetudine, i Domenicani si stabilirono presso le mura della città, in una casetta che consentiva di officiare una chiesetta preesistente, S.Maria del Portone: ne rimangono ancora, all’entrata del convento, due finestre romaniche. Predicatori per vocazione, i Domenicani avvertirono presto la necessità di costruire un edificio più ampio: nel 1317 la nuova chiesa risultava già a buon punto, ma solo nel 1388 potè venire solennemente consacrata. Ripetendo i canoni propri degli Ordini Mendicanti, la pianta originaria era a croce Latina e comprendeva le tre attuali navate (solo nel sec. XV si incorporarono le adiacenti "cappelle" laterali, già sepolcri nobiliari).

La chiesa

Dal prezioso portale in cotto con cinquecentesco portone in legno (restaurato nel 1987), si accede alla vasta aula che misura in lunghezza 55 metri e in larghezza 18. Le tre navate sono di eguale altezza (mediamente 15 metri): originariamente, fino al presbiterio, erano coperte da soffitto in legno e solo nel 1657 si girarono le volte in muratura. Mentre i capitelli delle prime quattro colonne sono in stucco, gli altri sono finemente scolpiti in pietra e risalgono al 1317 (scene bibliche e santi dell’Ordine).

4 - Cappella del Rosario

Il più antico documento che accenna alla devozione del Rosario nella nostra chiesa, risale al 1511. La fioritura di questa devozione indusse i Domenicani a dedicare l’antica cappella di Ognissanti alla B. Vergine delle Vittorie (così denominata dopo la sconfitta della flotta turca a Lepanto nel 1571). Nel 1606 i lavori erano ormai avviati. Al famoso Guglielmo Caccia, detto Moncalvo (+ 1625), era stata affidata l’esecuzione della splendida pala d'altare; il chierese Francesco Fea attese alla decorazione e all’indoratura della grandiosa ed armonica ancona lignea, eseguita da minutieri di Livorno. La tela raffigura la Vergine con il Bambino in atto di porgere la Corona a San Domenico e a Santa Caterina. Accuratissima nella fattura (si notino i particolari delle mani, i broccati del tempo, i coraggiosi passaggi cromatici), questa pala ha confermato, nel restauro del 1980, l’eccezionale capacità del Moncalvo ad operare liberamente le sintesi più difficili: dagl’inconfondibili ritratti dei "devoti", alla composta grazia dei Santi, al vivace stormire dei puttini e degli angioli. Anche i quindici misteri del Rosario, raffigurati in cornice, rivelano originalità di impostazione e raffinato gusto del colore. Probabilmente gli allievi del Moncalvo completarono la decorazione pittorica del soffitto (nel 1662 mastro Giulio da Lugano aveva profuso stucchi e ori). Il restauro del 1980 ne ha evidenziato alcuni tratti di pregio, soprattutto nei quattro medaglioni del soffitto. Del mediocre Bonello sono invece le manomissioni dei due affreschi laterali (1896): la "prova" del libro di San Domenico (a sinistra) e la battaglia di Lepanto con San Pio V (a destra).

5 - Cappella di San Pietro martire

Quando fu canonizzato San Giacinto (1594), la cappella fu dedicata al nuovo Santo. L'attuale tela (S.Pietro martire ai piedi del Crocifisso) fu eseguita dal Moncalvo e nei secoli gravemente danneggiata. Nel 1898 una pesante manipolazione del Rovej ne alterò profondamente alcune parti (paesaggio, panneggio, putti) così da renderne pressoché illeggibile il messaggio pittorico, ma consentendo così la conservazione dell’opera. Nel corso del 2002 la tela è stata restaurata riportando alla luce quanto rimasto della stesura originale del Moncalvo. Sulle mensole, ai lati dell’icona, due statue lignee del secolo XVIII, provenienti all’inizio del 1800 dal monastero delle Domenicane di S. Margherita e raffiguranti S. Ludovico Bertràn (originariamente S. Tommaso d'Aquino) e il beato Giacomo da Varazze (gia S. Antonio).

Sulla parete laterale, singolare tela, attribuita a Orsola Maddalena Caccia, figlia del Moncalvo, raffigurante la Sindone sorretta da cinque angeli.

7 - Coro e zona absidale

Fu nei primi anni del secolo XVII che, assecondando il nuovo gusto, il coro gotico (all’esterno sono ancora visibili cinque monofore) subì una profonda trasformazione che avrebbe dovuto ripercuotersi su tutta la chiesa. Al pittore Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, ormai ai fastigi della celebrità, venne affidata la decorazione pittorica del grande vano: e il Moncalvo ne fece il suo cenacolo, dispiegando tutte le risorse della sua arte manierista. Nei quattro spicchi di volta, incorniciati da costoloni, dipinse a fresco i quattro Evangelisti affiancati dai rispettivi simboli e, sui lati, collocò, con movimenti aggraziati, angioli tripudianti. Sempre a fresco, nelle due lunette laterali, rappresentò episodi della vita di S. Domenico: a sinistra la sua predicazione (si osservino i forti ritratti degli ascoltatori) e a destra la resurrezione di un fanciullo. A questi corrispondono, in basso, due enormi tele, che riproducono, rispettivamente la Moltiplicazione dei pani e la Resurrezione di Lazzaro.

Nel catino absidale, incorniciati da preziosi stucchi settecenteschi e su uno sfondo d'ocra alternato da tasselli d'oro, contenuti in una suggestiva conchiglia, cinque medaglioni o scudi che riproducono i massimi santi dell’Ordine: da sinistra S. Raimondo di Penafort, S. Tommaso d'Aquino, S. Domenico di Guzman, S. Pietro martire, S. Vincenzo Ferrer. Di altra mano e più tardivi, i riquadri inferiori che rappresentano (da destra): s. Caterina de' Ricci, s. Antonio da Firenze, s. Pio V, s. Giacinto e santa Agnese da Montepulciano. Tra le finestre, due statue in stucco: S. Maria Maddalena e S. Cecilia. L'austera chiostra dei trentuno stalli lignei, in stile ionico, era terminata nel 1615. I lavori di restauro del 1981, dopo la rimozione dell’altare marmoreo che ne precludeva la vista e alterava la prospettiva, hanno conferito a tutta la zona absidale un insospettato decoro. Nel 1987 sono stati collocati in presbiterio gli arredi lignei che lo completano, attorno all’artistico altare. Il tutto è stato eseguito da artigiani locali su progetto dell’architetto Luciano Re di Torino.

Madonna del Latte

14 - Madonna del latte

Anticamente denominato "Santa Maria delle misericordie", su una colonna (poi incorporata nel pilastro) è il suggestivo affresco trecentesco, riportato nel 1980 al suo primitivo splendore. Qualche minuto d'attenzione consente di cogliere la fascinosa compostezza e la mistica ispirazione del frescante che, senza mai oltrepassare la misura, riesce con tratto d'incomparabile sicurezza a creare una composizione di armonia senese o fiamminga.

Le tracce del fumo di candela, affiorate sotto successivi intonaci, ora rimossi, attestano l’antichità del culto a questa icona.

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Precettoria e Chiesa di San Leonardo
in Chieri

San Leonardo 3

La storia

La chiesa di San Leonardo è nominata per la prima volta in una bolla del papa Innocenzo II del 1141. L'ordine dei Cavalieri del Tempio stabilì attorno ad essa, allora fuori dal centro abitato, un hospitale, denominato di Santa Croce, luogo di assistenza e ospitalità per i pellegrini.

Nel 1285, durante scontri tra fazioni rivali cittadine, furono incendiati diversi fabbricati della mansione, tra cui la chiesa. Un accordo con i Templari portò la repubblica chierese a risarcire i danni subiti, riedificando a proprie spese chiesa, ospedale e casa conventuale.

Dopo la soppressione dell’ordine dei Templari, nel 1313 tutta la mansione passò ai Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme.

Nel 1407 il cavaliere gerosolimitano precettore di S. Leonardo, frate Tommaso degli Ulitoti, decise di ricostruire prima la chiesa e poi anche la casa e l’ospedale (1412).

Nel 1505 in questa chiesa fu eretta la Confraternita della SS. Trinità, poi trasferitasi nel 1599 nella chiesa di S. Rocco ed infine (alla demolizione di questa, che sorgeva a fianco del campanile della vicina chiesa di S. Domenico) passata nel 1836 nella chiesa di Santa Margherita (vedere su di essa anche il pieghevole n. 11 di questa stessa serie).

Con la soppressione degli ordini religiosi, imposta dal governo napoleonico agli inizi dell’800, tutti gli edifici vennero confiscati e venduti a privati. Così il campanile venne abbattuto e l’aula della chiesa ospitò la fucina di un carradore. Le sue decorazioni pittoriche, descritte ancora nel 1878 dallo studioso di storia locale canonico Antonio Bosio, andarono irrimediabilmente perdute e nella memoria popolare diventò la "cesa dij magnin" (la chiesa dei calderai, sporchi di fuliggine).

Dal 1934 l’intero complesso è di proprietà dell’Istituto Salesiano "S. Luigi". Solo negli ultimi anni si è potuto iniziare una campagna di restauri, che vede nel 2006 il compimento di un primo lotto di interventi, riguardante principalmente l’importante ciclo quattrocentesco di affreschi rinvenuto nel locale che fu sede del precettore e che fino al 1553 era la cappella dell’ospedale di Santa Croce.

San Leonardo 2

L'ordine dei Cavalieri del Tempio

Fu fondato in Terrasanta, intorno al 1118, da alcuni cavalieri crociati che, pur professando i voti religiosi, continuarono ad impugnare la spada per difendere i pellegrini dei Luoghi Santi. Nel 1291, con la caduta di Acri, ultimo baluardo difensivo in Terrasanta, i Templari mantennero in Europa il compito di assistere i pellegrini, costruendo a tal fine una ricca e ramificata organizzazione.

L'ordine venne soppresso, nel 1309, per volere del papa avignonese Clemente V, su istigazione del re di Francia, Filippo IV "il Bello". Una serie di processi - farsa ebbero lo scopo di giustificare, con l’accusa d'eresia, la soppressione dell’ordine e l’eliminazione fisica di molti dei suoi appartenenti.

In epoca illuminista (XVIII e XIX sec.) fiorirono svariate leggende circa attività segrete dell’ordine, senza però alcun preciso riscontro storico.

San Leonardo 1

L'ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme

I monaci - cavalieri di questo ordine, nato per assistere i pellegrini in Terrasanta, dovettero presto far fronte anche alle necessità di difesa militare. Con la caduta di Acri (1291) si ritirarono prima a Cipro e poi (1308) nell’isola di Rodi, cambiando così nome in Cavalieri di Rodi. Dopo la perdita anche di questa loro sede (1523), ottennero dall’imperatore Carlo V l’isola di Malta (1530) e da allora cambiarono denomina-zione in Cavalieri di Malta. La croce a otto punte, loro stemma fin dalla fondazione, è per questo oggi conosciuta come croce di Malta.

Dopo il periodo napoleonico ed il passaggio dell’isola agli inglesi, i Cavalieri rinunciarono al ruolo militare e si concentrarono nell’assistenza ai malati ed ai poveri.

San Leonardo di Limoges

Nell’XI sec. la sua venerazione era molto diffusa in Europa, ma della sua vita sappiamo solo da fonti risalenti appunto a quel secolo. Secondo queste, Leonardo sarebbe nato in Gallia alla fine del V sec., da nobili genitori parenti del re Clodoveo. Ottenuto dal re il potere di liberare i prigionieri, accorreva ovunque venisse informato della loro presenza. Molti malati, attratti dalla sua fama di santità, venivano da lui guariti. Costruito un oratorio nei pressi di Limoges, vi si ritirò con alcuni compagni, costituendo una comunità religiosa che si sviluppò presto.

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