Massaja
Lettere

Vol. 2

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Al padre Cesare Orengo da Castelfranco OFMCap.
ex missionario apostolico dei Galla – Kaffa

F. 1263rSignorino mio

Legamara – Gemma 29. Novembre 1857.

Non stupitevi se mi vedete a cangiare il titolo di rispetto usato nell’interno indirizzo di questa mia, poiché voi (tolto il carattere indelebile) non siete più Prete, essendo sospeso a Divinis, deposto ab officio, e scommunicato con formale sentenza publicata in tutte le nostre Chiese della Missione, di cui coppia fu spedita a Roma. Attese le circostanze non ho potuto osservare la formalità di mandarvi coppia della sentenza col mezzo del prescritto cursore; ho però ordinato che vi sia spedita da Limu, quale credo avrete ricevuta. Con ciò è finita ogni causa con voi coram Deo et hominibus, non essendo più voi membro della Chiesa militante di Cristo, perché dato in interitum Satanae. Una simile sentenza affrettata, non credete che sia effetto di malignità mia, ma bensì una vera necessità, onde togliere l’enorme scandalo a tutta questa Missione, quale per farvi comprendere, vi dirò che dopo questo fatto vostro, tutti gli allievi studenti per il Sacerdozio che io aveva, in numero di circa dieci, hanno voltato le scattole, e screditato io nel ministero, ho dovuto incomminciare di nuovo l’operazione, ed ancora attualmente ho ben che fare per stabilirmi un poco di credito apostolico... Pensate quindi voi ciò che dovettero dire questi nuovi Cristiani che vi conobbero e vi venerarono come apostolo e padre. Lascio di apportarvi tante altre ragioni del mio operato, quali però non avete lasciato di sentirle dalle lettere mie monitorie, delle quali ora solamente mi accusate accidentalmente ricevuta, e quali ragioni, benché abbiate perduta la testa ed il buon senso, pure dovete averne ancora abbastanza per comprenderle, e talmente avete dovuto comprenderle, che il solo rossore o pudore suppongo avervi costretto ad un contumace silenzio. Non credete però che la pronunziata sentenza debba togliere da me il Sacro dovere di cercare la perduta pecorella, voi siete abbastanza istruito per comprendere che le sentenze della Chiesa non sono puramente vendicative, ma medicinali, e voi conoscete abbastanza il mio cuore per giudicare diversamente di me e di tutti i Superiori ecclesiastici soliti a piangere quando condannano, ed esultare di cuore al ritorno del povero condannato. Ho pronunziato contro di voi sentenza di scommunica; /116/ se ho peccato prima di ciò fare ed in ciò fare, perché forse avrò mancato di debito zelo nel custodire l’anima vostra [f. 1263v] prima di cadere nel precipizio, e perché forse non ho osservato tutte le formalità prescritte dai Sacri Canoni, Iddio perdoni la mia ignoranza, e tenga conto delle strette circostanze di questi luoghi da voi ben conosciute; ho però ferma fiducia di non avere peccato nel fine retto che mi diresse in tale operazione. Comunque Iddio, purché facia della Sua misericordia con voi ad conversionem, rivolga pure contro di me la Sua collera misericordiosa, e finisca pure la s[c]ena con una conversione gloriosa vostra guadagnata col prezzo della stessa mia vita, e vi assicurò che sarò consolato di morire quel giorno che avrò tale consolazione. Voi forse non credete a ciò che dico, ma coram Deo vi assicuro che il mio cuore sinceramente anela di morire in riscatto dell’anima vostra, e Dio sa se non prenderò un partito che vi farà stupire, quello cioè di versare il mio sangue sul terreno stesso dei vostri sacrilegj: dico versare il mio sangue, perché, nel supposto, il demonio non mancherà di suggerirvi nuove malizie per cacciare dai voi le misericordie del buon Gesù, che vi anderà sempre in cerca a fronte della vostra vile debolezza. Se la cosa si verificherà coll’ajuto di Dio, potrebbe essere che si verifichi pure un’espressione vostra che in una vostra lettera di Jebunna così diceva: io come altro Agostino sarò fortunato di versare qualche lacrima sul sepolcro di un padre che morì cercando me pecorella perduta... faxit Deus. Parlando di versare il mio sangue pel riscatto dell’anima vostra, non credete che io dica ciò per vantare la gloria vana di essere martire, ma bensì perché credo questo un sacrifizio dovuto, onde espiare il grave peccato, di cui mi rode la coscienza sul vostro conto. Trovandovi ancora in Jebunna vi scrissi dal Gudrù dandovi conto di una visione avuta in Marsilia nel giorno della SS. Annunziata a vostro riguardo: viddi allora il P. Cesare giacente in un deserto senza forze, attorniato da sorcj che lo mangiavano vivo, senza che lui si risolvesse a caciargli; il Signore mi fece poscia conoscere che questi sorcj erano le donne, e dopo di ciò io ho sempre esitato trattandosi di darvi la missione che vi ho dato, ma l’anno passato con voi in Gudrù fu così consolante che vinsi ogni mia esitazione; la vostra condotta fu così edificante in Gudrù, che mi fece dimenticare ogni cosa; le vostre lacrime spontaneamente più volte versate, il vostro zelo per i lavori apostolici (se non era studiata ipocrisia onde prepararvi la strada alla rovina) m’indussero a farvi capo della spedizione con tutte le formalità concilianti rispetto per la vostra nuova carica, ma aveva combinato le cose in modo che sarebbe stato difficile al demonio di impontarla sopra di voi, avendovi unito il P. Felicissimo ed il P. Ajlù, persone di nessun timore; la vostra fermata di un’anno in Limu, ed il cangiamento delle circostanze [f. 1264r] avendomi obbligato a lasciare il P. Felicissimo in Limu col P. Ajlù a custodire quella nascente Chiesa, fu allora che permisi la vostra rovina, permettendo con pena la vostra partenza col solo neo sacerdote P. Giacomo, persona di poca forza per tenervi in freno; ho detto con pena, perché a /117/ dirvela ho esitato molto a prendere questa risoluzione, e talmente ho esitato, che prendeva la penna per impedire la vostra partenza, quando ho ricevuta la notizia che siete partito, e con questa notizia subito alcuni segni della studiata ribellione; piccoli segni dati in Limu nella vostra partenza, e sopratutto la vostra lettera ultima ricevuta da voi, scrittami dalle frontiere di Limu, nella quale dicevate che appena arrivato in Kaffa non avreste più temuto ne Abba Salama ne altro diavolo, e che avreste fatto tanto che basti per impedire l’entrata di ogni altro colà, dove il prete, sia buono sia cattivo è tollerato e rispettato come un principe... Allora ho incominciato a piangere sopra di voi e questo pianto lo porterò nel sepolcro, facia Iddio che col pianto non porti ancora il peccato... Ciò posto, pensate se il dire di versare il mio sangue per voi, ed anche fosse bene per le stesse vostre sacrileghe mani, può essere sentimento di gloria vana, bensì il timore di non poter dire quos dedisti mihi custodivi, et nemo eorum periit, nisi filius perditionis; che voi vi siate perduto per vostra pura malizia, Iddio vi giudichi nella Sua misericordia, che poi vi siate perduto per mia incuria, è per me questo un gran pensiere, ed a questo pensiero vi prego di attribuire ogni mio operato passato e futuro.

Veniamo ora alla risposta della vostra lettera. Prima di tutto debbo dirvi che al ricevere una vostra lettera, dopo una contumacia di due anni ed una sentenza canonica, mi si rivoltò il cuore, non so se per piacere o per paura: per piacere come potete immaginarvi dopo tutto ciò che vi dissi sopra, per dolore poi, perché ho detto un momento fra me: il poveretto scomunicato cosa dirà qualora avesse ancora qualche sentimento figliale...! ma non tardai a vedere che mi sono affatto ingannato in questo secondo momentaneo supposto; la vostra lettera che mi parla del solo schiavo, che si da vinto di ogni perfidia, e che conchiude con queste parole: vivano lungamente i vivi coi loro vivi, piangano i morti nei loro sepolcri, senza esternare il menomo senso di rincrescimento, non solo mi convinse dell’opposto, ma mi ha spaventato, pensando al profondo dove siete caduto; il peccato è debolezza propria dei figli di Adamo, ma il dire freddamente sono peccatore e voglio esser tale, non so dire se ciò sia proprio di uomo – Voi vi qualificate per un Giuda, ma non pensate che Giuda ebbe anche un poco di cuore per piangere, benché non ad salutem, mentre voi tranquillamente risolvete di piangere coi morti [f. 1264v] nel sepolcro del peccato – Confessate verificata in voi la parabola del Signore sino alle strettezze del figlio prodigo costretto a mangiare le ghiande col porco, ma poi lasciandovi vilmente vincere dal demonio non pensate a verificare il resto di detta parabola col dire peccavi in Coelum et coram te, cosa che tanto avrei aspettato per compire la mia parte di parte di padre di famiglia andandovi all’incontro anche sino a Kaffa, se ciò esigge il bisogno dell’anima vostra e del vostro fratello Sacerdote da voi gettato nel precipizio. Voi dite che morite di fame, cosa che pare un poco contradditoria al numero dei schiavi, terreni, e bestie che dite di avere; comunque io pregherò il Signore che moltiplichi talmente questa /118/ vostra fame da farvi antipatizzare per questa via il deplorabile stato in cui vi trovate spiritualmente, poiché la grazia finora implorata con lacrime sopra di voi non è stata bastante. La misericordia del gran Padre di famiglia che veglia ancora sopra di voi, essendovi andato in soccorso colle buone maniere, e con quelle dei rigori spirituali, ma inutilmente, pare ora prendere un’altra via, quella cioè di pesare la sua mano sopra di voi; la fame è piccola cosa fra le molte che vi ha preparato. Già da tutti si dice che in Kaffa avete nessuna stima ne voi ne il vostro compagno, voi perché superbo, avaro, con tutto il resto che io non saprò; il compagno perché ignorante; io vi aggiungo che una deputazione del Gogiam al Re arriverà prima di questa mia lettera a conferire ciò che la Providenza vuol fare di voi, e Dio voglia che non siate spogliato dei beni stabili che avete ricevuto come falso Prete; allora sarà il caso della vostra vera fame e tribolazione, e ciò che non avrete deciso per amore di Dio, lo deciderete costretto dalle disgrazie che vi opprimeranno da ogni lato, ma allora sarà troppo tardi, perché non potrete più per una parte riprendere il decoro del tradito ministero, e per l’altra sarete fischiato da tutto il mondo che ha pianto sopra di voi venditore di tutto il regno di Kaffa al demonio per sempre per l’amore di donna vile. Se sapessi che al leggere la presente debba nascere nel vostro cuore qualche sentimento di consiglio, vorrei aggiungervene uno, ma temo che sarà gettato al vento come tutti gli altri precedenti; tuttavia non voglio privarvi del medesimo. Voi non avete altro mezzo per cavarvela avanti Dio ed avanti gli uomini che quello di volgere coraggiosamente le spalle al demonio vostro padrone e convertirvi a Dio. Voi direte, come posso farlo incantenato con mogli e forse figli? Non vi è cosa impossibile per chi confida in Dio, e cammina verso di Lui: voi dovete incomminciare a conferire spiritualmente col vostro compagno Sacerdote per distruggere lo scandalo operato sul suo cuore; in pari tempo dovete incomminciare a fare il sacrifizio a Dio della donna schiava concubina che avete mandandola alla malora; [f. 1265r] per disfarvi di questa non avete nessuna misura a prendervi, essendo schiava; in pari tempo dovete fare divorzio quoad thorum colla donna sposata in facia al paese come moglie, e frattanto non mancherà di presentarsi qualche occasione e motivo per fare anche divorzio secondo le formalità del paese; ciò non basta, dovete mettervi subito a fare un poco di scuola al Sacerdote P. Giacomo, quale non tarderà ad avvicinarsi a voi dietro la vostra conversione e spirituali conversazioni; quindi poco per volta introducete un poco d’istruzione alla vostra casa ed un poco di preghiera. Non abbiate timore a riparare lo scandalo, pensando che al riparo di questo ricupererete l’onore dovuto al vostro ministero; dietro un poco di riparazione del medesimo, io non vi prometto di sciogliervi subito publicamente dalla scommunica, ma posso permettervi di confessarvi segretamente dal P. Giacomo, quale non è ancora publicamente scomunicato e sospeso, perché non è ancora abbastanza publico il suo traviamento; prendendo voi quindi un poco di forza nello spirito, ed aquistando un poco di credito apostolico, non te- /119/ mete che io non avrò difficoltà di sciogliervi publicamente dalla pronunziata sentenza di scommunica con solennità anche superiori a quelle colle quali fu publicata. Riaquisterete così la vostra tranquillità colla grazia del Signore che riceverete, e riparerete così lo scandalo e l’onore perduto in facia a tutto il mondo cristiano – Diversamente, ancorché vi riesca di sortire di Kaffa, con questa bruttissima tacia, io non potrei neanche ricevervi nelle nostre case, dovrei anzi dare nel vostro passaggio segni di detestazione per voi, e recandovi in Europa non sarete tanto presto creduto, anche convertendovi, e quando anche sarete creduto avrete sempre un gran rimorso a conturbarvi sino alla morte, lo scandalo cioè dato in Kaffa non riparato, ed a tutta questa missione, alla quale avete fatto un male immenso. Oh se avessi questa consolazione! quante sono state le lacrime versate per voi, altrettante saranno le consolazione mie, e tali che non so se il mio cuore sarebbe capace a sostenerle senza qualche scoppio... Il solo concepire qualche speranza, subito il mio cuore prova un non so che, che non posso spiegare, cosa sarebbe se una vostra lettera sottoscritta dal vostro confessore mi annunziasse la formale vostra conversione? come siamo lontani e non conosciamo i misteri profundi della divina misericordia, colla presente vi dichiaro occultamente sciolto da potervi confessare ed essere assolto di tutto coram Deo al solo segno del divorzio che farete dalle vostre concubine; riservandomi di sciogliervi poi publicamente quando la vostra conversione sarà abbastanza constatata [f. 1265v] e conosciuta ad oggetto di poter celebrare publicamente i divini misteri, tanto è il desiderio che ho di abbraciarvi di nuovo come figlio. Facendo questo non avrete più da temere la fame, e le cose in Kàffa per voi si cangieranno a misura del rispetto che vi concilierà la vostra condotta, e preso un poco di piede nel ministero apostolico nulla avrete da temere dai Gogiamesi, perché saranno arrestate le collere del Signore contro di voi. Presentemente conosco abbastanza il paese di Kàffa per relazione; In Kàffa avvi abbastanza idea della confessione sacramentale, e del Sacramento dell’Eucaristia, e molti alla vostra entrata colà speravano di vedere risorgere il ministero in questa parte, come assicura il P. Giacomo nelle informi lettere sue e mi assicurano alcuni mercanti nostri Cattolici venuti di là, e quanto è stato il dispiacere loro nel vedersi delusi dalle loro speranze, altrettanto sarebbe il piacere che proverebbero al vedervi incominciare l’operazione apostolica. Facendo così io potrò fare con voi tutto ciò che bramate; in caso diverso posso fare nulla, perché sarei taciato da tutti di connivenza con voi, persino in Europa; per questa ragione lo stesso comprare lo schiavo Guglielmo di cui mi parlate non potrei farlo, od almeno avrei molte misure a prendermi. Voi fareste meglio mandarmi questo schiavo in regalo, per il quale neanche potrei mandarvi qualche cosa, se prima voi non date segni di avvicinamento – In caso che tutti questi miei consigli vadano a monte, e che siate proprio disposto a vendere lo schiavo suddetto vi pregherei di venderlo al latore della presente, dal quale io lo riscatterò ad ogni costo, perché è nostro figlio; se però voi avete /120/ qualche sentimento di avvicinamento sospendete, perché è meglio che questo ragazzo vegga coi suoi occhj la vostra conversione prima di venir qui a raccontare ai nostri giovani i vostri scandali. Fatevi dunque coraggio, io pregherò il Signore per voi, ed affinché questa mia produca tutto il suo effetto sul vostro cuore, oggi prima Domenica d’Avvento, e festa di tutti i Santi dell’Ordine Francescano, celebrando la S. Messa per voi la presente era sotto il corporale, sotto i piedi del buon Gesù... Presentemente dovete essere convinto che allontanandovi da Dio avete trovato e troverete tutte le disgrazie. Prima di tutto incominciò per separarsi da voi il Sacerdote compagno con tutta ragione, e vi siete veduto chiamato in giudizio da lui per la divisione delle sostanze come Sacerdote eguale; ho detto con tutta ragione, perché egli si teneva a voi subordinato in virtù del mio ordine, e vedendo che voi [f. 1266r] avete ribellato a me, coll’istesso diritto, ed anche più giusto egli si ribellò a voi, poiché egli più costante di voi nel buon proposito venne di necessità investito di tutte le vostre facoltà e titoli, dimodoché presentemente la vera e legittima missione trovasi in lui e non in voi, non essendo egli ancora sospeso e scommunicato come lo siete voi. Se voi quindi vi convertirete al Signore, piangendo ai suoi piedi i vostri peccati, predicherete con ciò a lui pure la dovuta penitenza e ritorno a Dio (qualora sia vero ciò che incommincia a vociferarsi) e riprenderà anche lui, come speriamo la disciplina, e poco per volta ritornerà l’unità e la dovuta subordinazione; in caso diverso, quanti Preti verranno, se non mandati da me, venuti dal Gogiam, tutti divideranno con voi egualmente, se pure non cercheranno altro, ed il paese con simili sacerdoti scandalosi camminerà verso l’islamismo, ed a misura che questo passerà ad altra fede si diminuiranno anche per altra via le rendite ed il rispetto per voi, motivo per cui ancorché non vi accada di essere caciato o spogliato come falso Prete, sarete sempre ogni volta più nelle miserie; diverso il caso se voi vi animerete nel ministero ed invece di generare figli carnali penserete coll’istruzione a generare figli spirituali, voi senza cercarlo, aumentando i cristiani ferventi aumenterete il vostro patrimonio e la vostra influenza nel paese.

Vi do notizia poi che sono prossimo a consecrarmi un coadjutore col titolo di Vescovo di Marocco; sono venuti i Brevi Pontificii sopra un soggetto a mia scielta con diritto di successione al Vicariato: due soggetti devono arrivare da Massawah, si vedrà chi sarà l’eletto dal Signore, per ora non posso dire nulla; solamente vi dico che sono arossito di me stesso nell’avere parlato di voi al S. Padre nella domanda che ho fatto; per fortuna che egli più saggio mi mandò i Brevi in bianco lasciando a me la scielta. Non vi dico e non posso dirvi di pregare Iddio per questa circostanza, perché voi non fate più parte del nostro coro.

Vi notifico pure che il P. Giusto recatosi in Europa perché caciato dall’Abissinia, mentre ritornava di là con sentimenti più apostolici di prima morì in Kartum nel Sennaar in Ottobre dell’anno scorso; neanche posso dirvi di pregare per il riposo dell’anima sua. È pure /121/ passato agli eterni riposi S. E. il Cardinale Franzoni a rendere conto della Missione Galla data ad uno stupido mio pari, ma troverà misericordia, perché in tutto il resto era un’anima bella; qui abbiamo fatto solenni funerali a questi, e voi.............? [f. 1266v] ed a voi occorendo che funerali faremo? invece di cantare in Paradisum deducant te Angeli... canteremo in infernum sepeliant te daemones... et cum Juda quondam proditore... Possibile che a tutti questi sentimenti debba prevalere l’amore insipido di una donna?

Dovrei conchiudere questa mia coi soliti saluti e pastorali benedizioni, ma che saluti a chi l’Apostolo ci proibisce l’ave...? Ma che benedizioni per chi dice portio mea cum rnortuis et maledictis...? Facia Iddio con voi della Sua misericordia secondo la Sua sapienza e giudizio imperscrutabile, ecco tutto ciò che posso per voi nel caos immenso che ci separa...

† Fr: G. Massaja V. I.