Massaja
Lettere

Vol. 2

/122/

1858

218

Al cavaliere Cristoforo Negri
direttore capo degli Affari esteri sardi – Torino

[F. 1r]Illustrissimo Signor Cavaliere

Lagamara Gemma (grado 8 lat. Nord 33 long.) 1 febbraio 1858.

→ P. Gribaudi, Una lotteria missionaria a Torino nel 1858... Ho ricevuto qualche giorno fa la di Lei pregiatissima colla data del 15 gennaio dell’anno scorso. Dal tempo che la medesima ha scorso per arrivarmi alle mani, Ella potrà argomentare la lontananza che ci separa, e sopratutto le gravi difficoltà di communicazioni che vi sono tra questi paesi, e la nostra cara patria. Veda, caro Signore, se non è più facile andare in paradiso che non arrivare in questi paesi; così è, mentre io aveva in Europa una strada molto commoda e sicura per salvare l’anima ed il corpo, ho preso qui una via di capestro fra questi poveri tapini lontano da tutti gli amici.

Venendo ora a quanto Ella ha la compiacenza di scrivermi a norma di cotesto Ministero di S. M. Sarda, il nostro Sovrano, Vittorio Emanuele II, mentre debbo lodare lo spirito per ogni riguardo commendevole di cotesto Governo e fare col medesimo le mie congratulazioni per tutte le operazioni che ha fatto e che cerca di fare all’Estero, le quali non mancheranno certamente di preparare alla patria un’avvenire molto glorioso, debbo poi candidamente esporLe il pro e contra sul piano e sulle viste che Ella degnossi espormi relativamente a questi paesi. Non v’ha dubbio che potendosi effettuare trattati con questi governi dalla parte orientale dell’Affrica non solo il commercio ma anche le nostre operazioni apostoliche sarebbero non poco favorite. Ma resta a vedere, se convenga al regio Governo di farlo ed a me di proporlo. Se cotesto Governo è disposto a fare simili trattati semplicemente ad honorem, io potrei proporre molti principi, coi quali mi trovo in relazione ed amicizia, come il Principe di Ennerea, quello di Gemma, quello di Gomma, quello di Kullo e quello di Kaffa, oltre al paese di Gudrù e di Lagamara dove mi trovo: tutti paesi in verità, che hanno anche una tal quale ricchezza di generi interessantissimi al nostro commercio come muschio, caffè, oro, avorio, cera, coriandolo e simili. E potrei anche aggiungerLe che nella loro piccolezza sono governi sufficientemente solidi, dove le proprietà [f. 1v] sarebbero abbastanza custodite. Ma che cosa importa tutto ciò, se questi governi sono poi sequestrati da tutti i littorali in modo che sono affatto innaccessibili? Dalla parte dell’Abissinia, dove attualmente /123/ avvi la strada unica, le guerre continue di questo paese, rendono il passaggio come impraticabile anche impossibile sopratutto ad un’europeo. Per dargliene una prova, le dirò che io qui sono fortunato di poter ricevere nell’anno un corriere franco dalla costa di Massawah e più fortunato di farne arrivare uno colà, benché molti si spediscono continuamente. Crederebbe Ella che da quattro anni che sono qui, la spedizione di danaro fatta a me a Massawah è di 1800 talleri, e che ciò che ho ricevuto non arriva a 600? Il resto fu perduto per istrada, parte rubato dai corrieri traditori e parte dai governi stessi. Io tengo sulla costa un capitale di vesti ed utensili di chiesa con varii strumenti che qui mi sarebbero utilissimi: eppur nulla ho potuto ancora far venire, neanche il mio pontificale ed i libri essenziali per l’istruzione. Debbo io stesso fare vesti da Chiesa con stracci del paese; e debb[i]o io aver la santa pazienza di scrivere i manuali in stampatella pel Sacro Ministero e per l’istruzione dei giovani. Ciò posto che cosa servirebbero i trattati d’amicizia con questi varii governi dell’interno? Quando fossero consolidate le cose dell’Abissinia, cotesto Governo dovrebbe prima di tutto cercare di fare trattati col Principe o meglio coi Principi della medesima, per i quali Ella potrebbe dirigersi a Monsignore Dejacobis, l’Ap.lo di quella regione oppure a Monsignore Biancheri genovese di lui coadjutore. Fatto questo con maggior vantaggio potrebbero farsi qui bellissimi trattati – In caso diverso, se così si vuole, io potrei bensì fare; ma la prevengo che sarebbe cosa semplicemente nominale e ad honorem per mancanza di strada. Quando il Governo del Re volesse avere un po’ di pazienza, le significo che tengo tre Sacerdoti sulla costa di Zanzibar, i quali hanno per iscopo di aprire da quella parte una strada per Lamo, Canonè, Wallamo e Kaffa. Ottenuta questa, potranno avere benissimo luogo i trattati desiderati. Qualora il Governo Sardo voglia cooperare a questa gloriosa impresa, potrà dirigersi al P. Leone des Avanchers, Savoiardo, che io ho posto in Capo di quella Spedizione, tutta di Piemontesi nostri fratelli. Certamente che sarebbe una cosa onorifica al nostro Governo una simile cooperazione, come cosa intentata da tre secoli e non mai riuscita, la quale presenta ora una tal quale probabilità dopo che ci riuscì d’incomminciare l’operazione Apostolica in questo centro dell’Affrica Orientale. Questa Missione è composta quasi tutta di Sudditi [f. 2r] Sardi: ma come il nostro Governo non ha mai usato per l’addietro di prendere alcuna parte attiva per le Missioni Cattoliche, noi qui siamo tutti considerati Sudditi francesi; perchè bisogna dire la verità la Francia è finora l’unica nazione che usa di adottare tutti i Sacerdoti dell’Apostolato all’estero, e di considerarli come suoi figli, benché naturali di altre nazioni. Vorrei bene che la Sardegna, la quale da qualche tempo ha preso una posizione gloriosa in politica fra le Potenze d’Europa, cercasse ancora di mettersi al rango di altre nazioni le quali prendono parte attiva alla Chiesa di Cristo, come sono, la Francia, l’Austria, e possiamo dire anche l’Inghilterra; benché quest’ultima lodevolissima per i suoi sforzi, nulla possa poi ottenere perchè priva del vero Apostolato /124/ Evangelico, il quale è l’unico fattore della perfetta civiltà, come quello che ha per Suo principio, Iddio, per sostegno la divina grazia, e riceve la vita e la fecondità dal centro dell’unità cattolica, la Fede Apostolica. Io non nutro più la speranza di rivedere la Patria, ed amo di avere il mio sepolcro fra questi nuovi figli rigenerati al Vangelo; ma l’assicuro che sarei molto consolato, se prima di morire potessi vedere la mia Patria entrata nei veri sentimenti di un cristiano cosmopolitismo, di autrice della propagazione cattolica, l’unica nostra Cattolica religione, vera riformatrice del mondo. Nel che io non ho altro in mira se non che la gloria di Dio e la felicità del mio paese nativo, del Regio Governo e del mio Amatissimo Sovrano.

Relativamente alle notizie che mi domanda, Le dirò che qui non avvi nessunissima relazione col Sennàr e colla Nubia. Venendo io qua credeva di potere penetrare in questi paesi per quella via, vi sono rimasto due mesi in Gassan, ultima posizione dell’Egitto vicinissima a questi paesi, poi ho dovuto ritornarmene girando più a basso verso Gondar ed innoltrarmi per la via del Goggiam. La ragione per cui questi paesi non sono affatto in communicazione col Sennàr, è perchè il Governo turco facendo tutti schiavi i nomadi che può avere nelle mani, questi popoli hanno un odio eterno contro dei medesimi: di modo che nessuno di là può venire qui e nessuno di qui pensa andare là – Noti la S. V. che Gassan è lontano di qui niente più di otto giorni, compra il caffè di questi paesi e lo compra carissimo venuto per la via dell’Abissinia, Dembea, Sennàr, ecc. dopo aver fatto due mesi di viaggio. Bisogna dire che il governo turco non sa colonnizzare, altrimenti sarebbe già padrone di tutti questi paesi.

In quanto poi ai Sudditi Sardi, in tutta l’estensione del mio Vicariato non [f. 2v] credo che colà ve ne siano, se pure non ve ne sarà in Zanzibar porto di mare; lo stesso credo dell’Abissinia. Le darò perciò nota del nome e della dimora dei Missionari, che sono i seguenti.

  1. 1. Fr. Guglielmo Massaia dalla Piovà Prov: di Casale Vescovo.
  2. 2. P. Felicissimo di Cortemiglia, Prefetto di Ennerea.
  3. 3. P. Cesare di Castelfranco, Prefetto di Kaffa.
  4. 4. P. Leone des Avanchers, Delegato per la Costa Sud in Lamo.
  5. 5. P. Gabriele da Rivalta, Missionario in Lamo.

Tutti questi sono Cappuccini, la più parte della Provincia di Torino e tutti Sudditi Sardi, i quali lavorano sotto la mia disciplina, parte qui nell’interno, e parte sulla Costa Sud in Lamo, dove si fabbrica uno stabilimento e di dove si fanno tutti i tentativi per aprire la strada di Canonèa di Wallamo, dove speriamo d’incontrarci, potendo noi di qui coll’aiuto del Re di Ennerea e del Re di Kullo facilmente arrivare in Wallamo. Ciò ottenuto, il primo trattato che si potrà fare, sarà col Re di Wallamo, quindi con quello di Kullo e poscia con tutti gli altri dell’interno. Ma per ciò ottenere vi vogliono almeno due o tre anni di fatiche. Da questa parte le difficoltà sono spianate; dalla parte della Costa si incomminciò l’operazione solamente nel passato anno; ed il P. Leone, di quest’anno /125/ deve ripassare lo stretto di Babel-Mandel e venire in Massawa a prendere gli ultimi ragguagli per quindi ripartire per Lamo, e colà piglierà il fiume per venire alla volta di Wallamo, dove potrà aver luogo il nostro incontro per la Pasqua del 1860. se piacerà a Dio di conservarci tutti in salute e darci il suo Angelo tutelare che ci custodisca nel disastroso viaggio. Per parte mia dopo l’inverno di questi paesi, parto, volendolo Iddio, per la visita pastorale a Kaffa; e potrebbe essere che di là prendessi subito la via di Wallamo all’incontro del P. Leone. A questo riguardo se l’Accademia di Torino mi favorisse degli strumenti per le topografiche osservazioni cogli opportuni calendarii dei calcoli fatti, potrei fare le osservazioni da Kaffa sino a Wallamo; perchè da Kaffa in qua sono già state fatte dal Cav.re Antonio D’Abbadie. Io aveva domandato questi stromenti in Parigi, ma pochi giorni dopo la domanda avendo dovuto partire improvvisamente, la cosa restò senza effetto, tanto più che Parigi allora trovavasi vicina ad una crisi politica.

Colgo l’occasione per umiliarle i mei sentimenti di rispetto e di amicizia, coi quali salutandola godo dichiarami.

Divot.mo Servo
† Fr: Guglielmo Massaia Vescovo
e Vicario Apostolico dei Galla