Massaja
Lettere

Vol. 5

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Al cavaliere Antonio Thomson d’Abbadie
esploratore dell’Etiopia – Parigi

F. 314r Tres chère Mons[i]eur Antoine

Roma Martedì S. [12 aprile] dopo la S. Messa 1881.

Ecco arrivato il momento dell’Alleluja, cento ne siano per Lei, e cento per Madama d’Abbadie, ma Alleluja scritti tutti nel nostro cuore, e confermati in Cielo.

Già Le scriveva che io era disposto di partire prima di Pasqua per il Piemonte, dove era aspettato, di là avrei fatto qualche giro, e poi sarei venuto in Francia, ma il Papa tiene sempre ancora la chiave di queste mie risoluzioni, e neanche fin qui posso dire quando partirò.

Il mare politico di questo miserabile mondo solleva ogni giorno più minaciosi i suoi flutti: già non vi sono più monarchi, e certi simulacri che ancora restano sono benedetti coll’aspersorio delle bombe. Le potenze di nome sono divenute vere impotenze per difendersi. L’oracolo della Chiesa che ha sempre gridato col tono dei Profeti oggi si è verificato. La guerra a Cristo ed ai Re non è più un mistero, ma una legge con tutte le sue forme di dispotismo novi generis, non si parla più di libertà ma è una nuova aristocrazia che sorge a distruggere [f. 314v] la vecchia troppo teocratica, epperciò paterna ed amica del popolo; la nuova aristocrazia atea potrà essere tanto crudele quanto vorrà. La vecchia schiavitù oramai scomparsa dal mondo darà luogo ad un’altra, e tutto il popolo sarà schiavo legato con catene temprate in modo da far fuoco. Così è, caro Signor d’Abbadie, quando Mazzini eructabat i suoi sistemi, io dissi fin d’allora, ottime cose fatte per un mondo abitato da angeli, e non da uomini, tanto meno da uomini senza Dio; tutte queste crisi sociali non sono che per cangiare di male in peggio, e Iddio lo permette in castigo delle nostre infedeltà, e delle nostre ingratitudini.

Tre giorni sono ho avuto una visita del Signor Bianchi viaggiatore in Abissinia, quello che ottenne la liberazione del Capitano Ciecchi in Ghera col patrocinio dell’imperatore Giovanni, di Ras Adal del Gogiam, il quale ha già dominato i paesi Galla sino a Lagamara. Questo Bianchi venuto a Roma, venne da me, accompagnato da due impiegati della Società geografica; mentre noi eravamo prigioni in Devra Tabor, egli era là, ma non poteva venire da noi. Oggi si vocifera /88/ che l’Imperatore Giovanni sia stato ucciso, ma finora non è che una notizia particolare venuta dall’Egitto.

F. 315r Le mando coppia delle lettere di Menilik affinché Ella tutto sappia, essendo Ella sempre come fondatore della missione; io non sono che semplice collaboratore. Piacesse a Dio che avessi fatto tutto quello che poteva per eseguire la Sua volontà, ma in questo tengo molti rimorsi; forze avrei fatto meglio morire che partire; ma non poteva morire senza esporre altri a morire: Iddio perciò mi avrà misericordia.

Del resto, caro Antoine, siamo per arrivare alla fine della nostra campagna; per parte mia non penso più ad altro che a morire in pace col Signore. Ella poi non si dimentichi che non è lontana da me; è presto tempo di rinunziare ai lavori scientifici, e pensare più seriamente all’anima. Colla scienza si giova alla società, la quale sgraziatamente ai giorni nostri se ne serve solo per insuperbirsi ed allontanarsi [di] più da Dio.

Per fare l’ubbidienza ai Superiori ho già scritto 580. pagine di storia; sono arrivato al principio dell’ottavo anno: Ella a ogni costo deve vederla: se non temessi per la Sua età oserei invitarla a venire a Roma; allora m’incaricherei di presentarla al Papa.

La lascio ai piedi del crocifisso ed abbraciandola in spirito sono

sempre Servo
† Fr: G. Massaja V.o Capp.no