Massaja
Lettere

Vol. 5

/378/

1225

Al cardinale Alessandro Franchi
prefetto di Propaganda Fide – Roma

F. 115r Eminenza R.ma

Licée – Scioha 16. Decembre 1876.

Sul principio di Ottobre scorso ho risposto alla di Lei veneratissima rapporto all’affare dei limiti dei due Vicariati abissino e Galla, lagnandomi della Sua decisione fatta senza conoscere, e senza intendere le parti. Se la decisione suddetta ha avuto per base il regno di Scioha, considerato come regno cristiano, oggi posso dirLe che il mio Vicariato non esiste più, perché Menilik attuale Re di Scioha è divenuto padrone di tutti i paesi Galla del Sud da me prima evangelizzati, e non mancheranno gli eretici di piantare chiese dapertutto. Se poi la medesima decisione ha avuto per base le razze cristiana e Galla, allora sortiranno difficoltà ancor più gravi, perché la mia casa medesima è mista delle due razze; [f. 115v] e le capitali del Re stesso sono miste, e composte più di Galla che di Cristiani; il regno di Scioha è formato di Galla, e conta pochissime frazioni in alcune valli di razze veramente cristiane d’abissinia. Tanto io che M.r Tauvier siamo tutti due semplici vicarii, che vuol dire vicecurati del S. Padre; non è perciò necessaria nessuna sentenza canonica per finire tutte le questioni; se Ella mi ordinerà di andarmene in America o in Laponia sono ai di Lei ordini, ma trattandosi di giurisdizione, il caso è sempre grave che può turbare le conscienze, e dar motivo a questioni inutili, e poco edificanti. Non avrei difficoltà d’intendermela con M.r Tauvier, ma le communicazioni col Nord d’Abissinia sono più difficili che quelle di Roma; per altra parte alcuni Vescovi giovani si formano delle illusioni sul giuramento della loro consacrazione, applicabile ai vescovi titolari e non ai semplici Vicarii dipendenti in tutto da[lla] S. Sede: Ella parli solo chiaro, e sarò suddito, se vorrà dopo 31. anno di ministero...

F. 116r Nella precedente mia summentovata ho dimenticato di risponderLe rapporto all’affare della consacrazione di Monsignore Coadjutore. Se V. Em. R.ma avesse fatto leggere le mie lettere precedenti avrebbe trovato che la rinunzia di Monsignore Cocino esiste nelle mie mani, epperciò non era il caso di rimproverarmi. D’altronde Ella si convinca, che tra noi e Monsignore Cocino esiste la più perfetta armonia, da quanto io credo, ne mai è stata interrotta da 31. anno a questa parte; la sua rinunzia ha avuto per motivo unicamente la sua debolezza ed età; egli si trova in Kafa, e serve la missione per quanto può; epperciò La prego di non mettersi in pena, bastando a Lei le pene che avrà altrove: fino a tanto che vivo spero di non darLe grandi disturbi; ci troviamo in paesi molto difficili sotto ogni riguardo, ma grazie a Dio regna fra noi la più gran pace.

/379/ Pregando intanto l’Em. V. R.ma di procurarmi la benedizione [f. 116v] del S. Padre, e di unire la Sua sopra di me, dei missionarj, e di questi sgraziati popoli, Le bacio la S. porpora e sono

D. Em. V. R.ma

Figlio divot.mo in G. C.
† Fr. G. Massaja V.o

P. S. Il Marchese Antinori col suo compagno Chiarini, e Landini loro socio, che V. Em. mi raccomandò molto, sono arrivati qui nella sostanza felicemente, ma trattati alla peggio in viaggio e rubati barbaramente dalle tribù Dankali. Occorrendo di parlare con qualsiasi persona interessata dei medesimi, potrà dire con tutta certezza che, se cotesto governo non prende misure energiche per aprire la strada di qui a Zejla, questi signori isolati e senza mezzi non so come potranno continuare i loro studj più al Sud dell’Africa equatoriale. Se prima di spedirli mi avessero domandato io avrei certamente esposto le cose come sono e sarebbero partiti con migliori condizioni.

[Questo scritto dev’essere collocato tra i nn. → 715 e → 716]