/121/

14.
Consenso di Ras Aly
per il ritorno alla costa di Massaua.

[dal giu. 1849] Ras Aly era in guerra con Berù Gosciò in rivolta, ed era venuto in Gogiam con proposito di finirla con lui per un’odio antico che vi era frammezzo, odio fomentato dal Vescovo Salama per ragioni che sarebbe lungo descrivere (2a). fortezza di Somma. Berù Gosciò vedendosi [a] mall’apparato si fece aggiustare una monta[gna] inacessibile detta Somma sul pendio verso il Nilo non lontano da Dima Ghiorghis; sopra questa montagna egli si era rifugiato con delle provisioni per tre anni. Ras Aly aveva piantato il suo campo tutto vicino e faceva custodire tutti i passi per impedire ogni relazione col paese. Con lui [Berù Gosciò] si portò l’Eccechiè Matantò l’Ecciechè Matantò Capo dei monaci, perché cattolico secreto, e possiamo dire confessore della fede. Egli aveva trovato modo di mandare a me messaggieri, ed ho potuto anche mandargli qualche soccorso; avrebbe voluto confessarsi ma non fù possibile, mi sono contentato di mandargli una lettera anonima per fargli coragio. Questi morì un’anno dopo la mia partenza dal Gogiam, e come cattolico, e nel suo senso eretico, Deg.[iace] Berù non permise che fosse seppelito sulla Montagna, ma lo fece mettere fuori di essa, ed i suoi amici [p. 198] lo fecero trasportare a Dima Giorghis, dove fu sepolto con gran solennità.

atacco di Somma. Un bel giorno Ras Aly volendo fare un tentativo contro Berù, all’improviso con tutta la sua armata tentò un’assalto che non riuscì: morirono molti degli assediati, ma, come è naturale morirono moltissimi dalla /122/ parte di Ras Aly. morte di Lemma fratello di Berrù Frà gli altri morì Degiace Lemmà fratello minore di Degiace Berù; così arriva in Abissinia, dove il Padre fa la guerra al figlio ed il fratello al suo fratello; mancò poco che non morisse Degiace Gosciò padre di tutti [e] due.

mia simpatia per i paesi galla Al di là del Nilo si vedevano [si vedevano] i bellissimi paesi Galla ed ogni sera che sortivamo a fare due passi io mi pascolava a vederli, ed era tentato di lasciare tutti gli impegni che ancora aveva sia alla Costa, sia in Aden, e sia ancora in Europa e volarmene colà, ma Ras Aly non voleva saperne di permetterlo, non perché si opponesse ad evangelizzare i Galla, sibbene per non compromettersi ad ogni evento di cattivo incontro; sicché fui forzato a studiare altra via.

Dopo circa un mese dopo il mio arrivo presso Ras Aly venne una deputazione del Re di Scioha portando cavalli a Ras Aly, e vennero anche lettere dal P. Felicissimo, il quale mi scriveva che il Re di Scioha era furioso contro Ras Aly per avermi fatto ritornare indietro. Gli inviati avevano istruzione di condurmi colà, ma i due regnanti non si accordarono frà loro, eppercio fui costretto di rispondere al P. Felicissimo di ritornarsene: risposta del P. Felicissimo dallo Scioha tanto più che, come egli mi scriveva, il Re di Scioha non sapeva risolversi per il piano [p. 199] della strada di Zeila, adducendo per motivo che tutto il suo paese era contrario all’apertura di quella strada.

Vedendo che le cose andavano così io ho parlato a Ras Aly, acettando il partito che egli mi faceva di andare in Europa per parlare in Francia al governo, e communicargli alcune idee rapporto all’Abissinia; egli sarebbe stato molto favorevole alla missione cattolica, ma avrebbe avuto piacere che il governo Francese l’ajutasse in qualche modo [e mi confidò]: bellissimo piano di Ras Aly alla Francia. noi in Abissinia siamo schiavi dell’Egitto perché questi vescovi ci fanno schiavi, io bramerei di tagliar curto coll’Egitto, e lasciare anche nel caso di domandare un vescovo Copto; io non [gli] impedirei di venire, come sono i missionarii cattolici attualmente, ma egli starebbe da se coltivando chi lo cerca, ed il governo non se ne mischierebbe più: fu sempre il vescovo Salama che mi fece far la guerra due volte con Degiace Ubiè, ed oggi è per causa sua che facio la guerra qui con Degiace Berù. Ma per prendere questa iniziativa avrei bisogno dell’appoggio di una potenza come la Francia.

Questo discorso di Ras Aly mi piaque molto, ed io gli ho promesso di fare il possibile, ma sgraziatamente la Francìa si trovava in Republica con un governo precario agitatissimo per gli sforzi che faceva Luigi Napoleone per arrivare all’impero; quindi non tardò anche in Abissinia a spiegarsi la crisi di Teodoro che mandò in [s]fascio il suo regno.

/123/ decisa la mia partenza per l’Europa.
Ras Aly e Bel preparano lettere
[p. 200] Fu dunque conchiuso il mio ritorno alla costa al più fra otto giorni per preparare le lettere ed ogni altra cosa. Ras Aly doveva pensare a farmi accompagnare per salvarmi dai rivoltosi che stavano sempre sulle montagne, che impedivano le communicazioni col Beghemeder; e quindi per preparare le lettere che pensava [di] spedire. Il Signor Bel volle cogliere la circostanza per scrivere a tutti i suoi parenti ed amici, e trovandosi senza carta, come arriva a molti europei dopo qualche anno di dimora in Abissinia, io gli ho somministrato tutto il necessario, ed il poveretto passò cinque giorni a scrivere, e tutte le sere veniva [a] dirmi [circa] il suo lavoro per il quale dava molta importanza; la sera precedente la mia partenza venne con gran premura ad annunziarmi che finalmente aveva terminato il piego: una scimmia nikilista egli aveva una scimmia chiamata Berentu dal luogo dove è stata presa, e l’amava molto; ora mentre egli faceva il piego questa scimmia stava guardando mentre il Signor Bel metteva una lettera dentro l’altra; finito il suo piego e messo il sigillo, mentre venne da me premuroso di darmi la notizia, Berentu sapendo forze che in Europa si trattava da molti di far regnare le scimmie sopra gli uomini ha voluto servirsi del suo alto dominio[:] prese quel piego, e forze non piacendogli quello che è stato scritto ha messo in pezzi ogni cosa, e finito il suo diplomatico lavoro prese un pezzo in mano e venne nel cortile a divertirsi [p. 201] poco lontano da noi; il povero Signor Bel restò morto, si levò, corse, volò subito, andò subito alla sua tenda per vedere se vi era ancora qualche cosi di salvo, ma trovò che di dieci e più lettere nemanco una era più intiera; la scimmia nikilista si appella ai suoi fratelli d’Europa venne furioso da me e voleva ammazzare la scimmia, ma si alzarono tutti, ed invece di dar torto alla scimmia diedero torto a lui, ben sapendo che la scimmia divenuta cittadina in Europa non si poteva precipitare una sentenza in questo modo; per calmarlo le persone del mio seguito promisero di prenderla, povera Berentu l’hai fatta grossa[!]. I miei la presero con loro, e strada facendo la povera Berentu non avendo educazione volle andare a far qualche facezia poco onesta, la scimmia condannata a morte da un barbaro [uno di costoro] per non disgustare certi uni della compagnia studiò un stratagemma per disfarsene, egli benché abissino non essendo ancora totalmente persuaso che la scimmia fosse nostra [conterranea] l’aspettò di notte che venisse per cercare [di far] certe facezie e con un’ago d’imballagio gli fece una carezza che gli andò al cuore, e così l’indomani gonfiò e morì.

Conferenza al uomo scimmia Venuto in Europa avendo inteso e veduto lo strascio fatto da certe compagnie scimmiotiche, del Vangelo e di tutto quello che avvi di più santo e grave che ci ha educati ed onorati fin qui, ho detto fra me[:] si vede veramente the questa gente che non lo era è divenuta scimmia; /124/ Iddio facia loro una carezza che arrivi al cuore, o per [con] convertirgli, o per finirla con questa gente [p. 202] Homo cum in honore esset non intellexit, comparatus est jumentis: pare incredibile come l’uomo tanto onorato da Dio, unicamente per la malizia di non voler riconoscere il suo padrone, ed il suo creatore per una straciata conformità di certi organi materiali, che pur non esiste, voglia tanto abbassarsi e farsi simile al più innetto ed al piu ributtante di tutti gli animali, ma di grazia non siamo tanto analitici di una parte solo, perché una moneta di rame non sarà mai moneta d’oro, ancorché un poco simile e capace d’ingannare i semplici; siate più sintetici[:] dilatate un tantino di più i vostri punti di vista, e pensate che non potete sbrigarvi del principio, e del sistema teocratico che v’insegna diversamente senza essere obligati a dar causa di scienza di molte cose, che pure sono collegate insieme, [da] tante leggi d’armonia e di proporzione che noi dopo presto centinaja di secoli, appena con mille fatiche siamo arrivati a conoscerne l’esistenza nella loro bilionesima parte.

La nostra Berentu è stata sempre Berentu ab initio perché non ha intelletto, e la scimmia è il più triste, il più innetto, il più immundo di tutti gli animali, e per lasciar tante altre prove vi basti questo che tutti gli altri animali, anche la più parte degli insetti si fanno una casa che la scimmia non è capace, la scimmia non è capace di [di] educazione più di quanto sia capace il cane, ed il Signor Bel dopo aver faticato tre anni finì per dire che la sua Berentu [p. 203] e sempre stata Berentu; persuadetevi che quello che vi fa parlare è l’unico pronto di sbrigarvi di [di] un padrone [Dio] a cui dovete ubbidire. il diavolo da principio ha perduto l’uomo colla tentazione di farsi eguale a Dio:
oggi lo tenta sbalzandolo al livello dei bruti
Nel principio dei secoli il diavolo aveva tentato una via opposta per perdere l’uomo: vedendolo dotato di qualità superiori a tutti gli altri esseri, non sperando di arrivarvi per la via dell’abbassamento l’ha preso per la via opposta e gli fece credere che sarebbe stato eguale a Dio, invece in questo ultimi tempi l’uomo assolutamente vuole negare la sua grandezza per essere una derivazione [della] scimmia, ma se volete essere scimmia fate la prova[:] mïschiatevi con una famiglia di scimmie e vedete un poco se potete addattarvi: experto credo Roberto, perché io ci sono stato molti anni vicino alle scimmie, ed ho veduto che è l’ultimo degli animali.

Ma lasciamo la grotta quibus non est intellectus, e ritorniamo agli uomini, quali, benché neri, pure sono ancora sempre superiori ai bianchi, che ad ogni costo vogliono essere scimmie e fratelli di Berentu. Fiturari Ciukul capo di 200. soldati già mi aspettava accampato non molto lontano per accompagnarmi. Mi sono recato dal Ras per congedarmi in compagnia del P. Giusto, e del buon Fratello Filippini che si trovava /125/ con noi in luogo del P. Stella ritornato a Gondar, nostra partenza dal campo di Ras Aly
[30.1.1850]
e ritornati dal Ras siamo andati a raggiungere il campo, dove la nostra guida già aveva fatto preparare la tenda. Il Signor Bel era con noi e doveva accompagnarci [p. 204] per qualche giorno; mentre sortivamo dal campo passiamo vicino ad un’asino morto di quella mattina stessa, ed una nuvola di avoltoj in menò di un’ora l’avevano già quasi finito: che flagello, dissi io! prese la parola il Signor Bel, Monsignor mio, non dica così, in Abissinia Iddio provede all’igiene coi corvi e colle jene dica anzi[:] che fortuna, perché non pensando qui gli uomini all’igiene Publica ci pensa Iddio; nel campo del Ras muoiono ogni giorno almeno centinaia di bestie, ed un’altro centinaia sono scannati per mangiare, ed una parte non è mangiata, come gli intestini ed altre parti che l’uso superstizioso lascia cadere nel luogo stesso [lascia cadere]; ora se non ci fossero di giorno gli avoltoj, e nella notte le iene il cattivo miasmo ci distruggerebbe tutti, grazie a tutti questi animali si gode salute. Quando si parte per la spedizione militare ci accompag[na]no nuvole di avoltoj, ed in tempo del combattimento sono sopra di noi che svolazzano aspettando una vittima che cada; appena caduto, ed allontanatisi gli uomini, se il caduto non ha più forza per diffendersi in un quarto d’ora non rimane altro più che le ossa; la prima operazione è sempre quella di cavargli gli occhj.

i soldati cantano le lodi della villanella che sciacciò la testa al suo padre. Mentre, arrivati al campo, stavamo aspettando che finisse di radunarsi il mondo viaggiatore, ecco che arrivava una quantità di soldati che cantavano, cosa cantavano? [p. 205] cosa orrida! cantavano le glorie di quella sgraziata villanella che aveva schiacciata la testa a suo Padre, uccisore di sua madre: l’avevano [presa] in mezzo come un’eroina idolatrata e cantando descrivevano i contorcimenti ed ulti[mi] gesti che fece la vittima morendo. Prevedendo che questa scena immorale e dolorosa poteva continuarsi in tutta la strada, ho pregato il Signor Bel di avvertire il nostro capo Fittorari Ciuccul di farla camminare dietro, per non avere sempre quel triste spettacolo avanti di noi. Io che aveva veduto tante volte quella ragazza venendo[,] restai stordito di vederla così cangi[a]ta persino nella fisionomia!

Invece di tenere la strada del Damot, di Meccia, e di Quarata ci siamo tenuti più all’est ed si prende la via di Nazzaret e di Mota abbiamo presa la strada di Nazzaret (1a) e di Motta /126/ per passare il Nilo sull’altro ponte fatto dai Portughesi. I soldati tardarono molto a radunarsi, epperciò non si camminò che due ore al più, e la sera si è fatta stazione sui piano a un’ora circa da Devra Work. L’indomani si camminò tutta la giornata montando quasi sempre, ma dolcemente, ed arrivammo la sera a Nazzaret Santuario, e piccolo villagio, dove il Signor Bel aveva un’amico, il quale ci regalò un buon castrato con qualche vaso di birra e d’idromele.

ghiacio trovato in Nazzaret sopra l’aqua stagnante. Nazzaret si trova ad un terzo circa dell’altezza che dovevamo passare, e la notte fu molto fredda, e benché non vi fosse il termometro, credo sia disceso sotto lo zero, perché la mattina [p. 206] si trovò un poco di ghiacio nei luoghi dove l’aque era stagnante; non [ci] si deve stupire, perché eravamo sul fine di Gennajo stagione la più fredda dell’anno, anche in quei paesi. Qui ci siamo separati dal Signor Bel, il quale doveva ritornare al campo del Ras, e nel separarci ci consegnò una donna ammalata di sifilide (1b), la quale si recava alle acque calde di Beghemeder.

Siamo partiti di buon mattino sperando di poter passare la montagna, e passare la notte dall’altra parte, ma invece per causa di alcuni ammalati che non potevano camminare molto abbiamo dovuto passare la notte in un ripiano della montagna vicino alla sommità, ma fortunatamente il tempo era nuvoloso, e fece meno freddo che in Nazzaret. L’indomani siamo partiti, e verso le dieci eravamo sulla sommità della montagna, dove la vegetazione era quasi simile a quella del Semien, epperciò poco presso la medesima altezza del piano ordinario del Semien, benché non delle più alte montagne del medesimo. Da quell’altezza si vedeva Motta, il Nilo, e tutto il Beghemeder sino a Gondar; avevamo però perduto di vista il lago di Tsana, detto anche di Dembea.

Come la discesa è naturalmente più facile della salita alle quattro circa siamo arrivati a piantare il campo in un piccolissimo villaggio di pastori, dove abbiamo trovato carne e latte in abbundanza, e passammo la notte molto bene, perché il freddo era affatto scomparso. Il giorno seguente siamo arrivati in Motta, dove avvi una piccola città ed una gran /127/ chiesa. arrivo in Motta città con gran santuario.
casa di degiace Gosciò
La maggior parte della popolazione di Motta appartiene alla casta sacerdotale, come abbiamo osservato in simili santuarii. Qui siamo stati [p. 207] ricevuti nella casa di Degiace Gosciò, il quale aveva dato ordine al suo rappresentante di riceverci, e di darci il consueto trattamento dei forestieri distinti. Fiturari Ciuccul aveva ordine di accompagnarci sin quì solamente coi suoi soldati, epperciò fù da noi congedato con lettere di ringraziamento al Ras.

Avendo saputo qui che il Ponte dei Portughesi rotto nell’arco di mezzo non era stato ancora aggiustato con legni, l’autorità del paese mando l’ordine ai paesani di radunarsi per il nostro passaggio. Noi intanto partiti da Mota vi siamo arrivati alle due dopo mezzo giorno, e tutto essendo già preparato in meno di un’ora siamo passati tutti.

modo curios[o] di passare il fiume. È curioso però il modo che si usa colà a far passare il forestiere. Circa cento mettri lontano dal Ponte suddetto avvi un luogo dove il Nilo è incassato talmente che le due rive di rocca pura si avvicinano a sette o otto mettri al più: il passeggiere è legato sotto le bracia con una corda abbastanza forte e sicura; le estremità della corda sono tenute dalle due rive da una quantità di persone, il passaggiere si lancia nell’aria, così sospeso senza toccar l’aqua passa all’altra parte; naturalmente a misura che si avvicina al mezzo del fiume la corda cede un poco e spaventa, ma, non vi è pericolo, perché i paesani sono abituati [p. 208] [e non c’è pericolo]; qualche volta solamente per ridere [giunto] in mezzo lo lasciano andare un poco nell’aqua, ed allora il grido di S. Pietro si fa sentire. In simili circostanze io uso di lasciar passare qualcheduno prima per vedere il sistema, e poi mi lascio guidare. Per assicurarsi di questi selvaggi in simili circostanze bisogna guardarsi di non dare motivo [a screzi] con qualche inimicizia; meglio di mostrar loro piena confidenza; ancor meglio poi, sopra tutto per un’europeo lasciar trasparire una certa disposizione di dare loro qualche mancia se tutto anderà bene.

m.r Petit compagno di m.r Lefevre morì quì nel 1844
[1843];
più tardi il mio servo Berrù, morì pure quì.
In quello stesso luogo, se non erro nell’anno 1844. un viaggiatore Francese per nome M.r Petit compagno di M.r Lefevre non avendo voluto passare così [il fiume] volle passare a nuoto e scomparì, mangiato probabilmente dai coccodrilli. Più tardi, mentre io era in Gudrù un giovane nostro cattolico, ed allievo di casa nostra per risparmiare una miserabile paga volle passare [il fiume] a nuoto e perì nel medesimo luogo.


(2a) Per non lasciare il mio lettore digiuno della vera causa, la dirò in poche parole. [1841-1842] Nella prima guerra che ebbe luogo trà Ras Aly ed Ubiè, il vescovo eretico Salama, il quale mestava la pentola in quella guerra, disse a Berù, se il Ras sarà vinto, tu prenderai la sua moglie figlia di Ubiè. [9.2.1842] Si diede la fatalità che il Ras fu vinto e costretto a fugire; così ebbe luogo per qualche tempo la solenne prostituzione della povera moglie del Ras. Ma dopo qualche tempo l’armata del Ras, ripresa la sua forza vinse Ubiè, e lo legò; [nov. 1846-lug. 1847] così, la moglie ritornò al suo vero marito. Ma, come ognun sa, la piaga in questo genere non si guarisce tanto facilmente; ecco la vera radice dell’odio antico da me sopra indicato. [Torna al testo ]

(1a) In Abissinia il cristianesimo ha cercato sempre d’imitare la nomenclatura dei luoghi di Terra Santa, secondo che i luoghi più o meno presentavano qualche somiglianza. Il Santuario di Nazzaret sotto questo aspetto fù così chiamato, perché (si trova) ai piedi della grande Montagna Ciocché. Nel versante est di questa montagna si trova Cranios, cioè Calvario [detto così] per la stessa ragione. [Torna al testo ]

(1b) Il Gogiam paese meno volcanico manca di aque minerali e di terme. Gli ammalati perciò passano il Nilo e vanno a cercarle in Beghemeder, dove se ne trovano in quantità. La montagna Ciocchè è la più grande altezza del Gogiam, ma non è eguale al Semien, o meglio alle altezze del Semien. Sopra la montagna Ciocchè cade molta grandine, ma non si conserva come sopra le altezze del Semien. Il Ghiaccio di cui si parla qui è visibile anche nelle altezze ordinarie nei mesi di Decembre e di Gennajo; ghiaccio che si scorge di buon mattino, ma suol liquefarsi nel giorno, perché non arriva ad un mezzo centimetro, ed è sottilissimo come il cristallo di una caraffa, e porta il nome di barciccò, che significa vettro. [Torna al testo ]