/285/

33.
Apostolato
tra i pastori primitivi Zellàn.

mio ritiro ai zellan per bere del latte. Pensando che io era esiliato, e che restando molto tempo in una città centrale come Iffagh, poteva sempre darsi qualche caso straordinario di essere conosciuto, tanto più che ogni giorno si andavano moltiplicando le visite, ho pensato di recarmi a fare un poco di ritiro presso i Zellan per bere del latte, come già, aveva fatto altra volta, venendo dal Gogiam. il figlio di Maquonen mi condusse. Intesomi col padrone di casa, senza nulla dire neanche al mio Prete sono partito un bel giorno col figlio di Maquonen, il quale mi condusse presso un capo Zellan molto ricco, ed amico della casa. Il villagio di questi pastori era quasi tre ore lontano. Ho portato con me il solo breviario, un poco di carta e calamajo per riempire i vani delle mie note.

[p. 445] Arrivato là ci trattarono con un vaso di latte fresco da bere, e riposati un poco in una piccola capanna che subito, mi prepararono, il mio compagno se ne ritornò promettendomi di ritornare a rivedermi.

semplicità nel vitto;
persone molto semplici;
non mancavano ragazzi e adulti da istruire;
il padrone contava 2.000 bestie bovine.
Colà in famiglia il vitto ordinario è il latte o fresco, [o] quagliato. La padrona di casa fa raramente mi poco di pane di tiefe (specie di miglio), e bagnato nel latte è molto buono; io aveva un poco di caffè con me, ecco tutti il mio nutrimento. Non mancavano là piccoli ragazzi da poter dire qualche parola di ministero mattina e sera, perché lungo il giorno i grandicelli stavano a custodire i varii drapelli di bestiami, restando presso la madre i soli piccoli. Non è che la sera che ho veduto tutta la famiglia, almeno la maggior parte, perché hanno altre stazioni separate per i vitelli più grossi, per le vacche da latte, per i vitelli piccoli, per i bovi da macello, e per le vacche di generazione o razza. Non mancava anche la stazione di pecore e di capre. Il padrone mi disse che contava circa due mille bestie bovine, senza le pecore e [le] capre.

la sera ho cominciato ad istruire con molta soddisfazione. La sera ho conosciuto quasi tutta la famiglia, ed ho contato circa venti persone tra figli e schiavi. Ho passato circa un’ora in conversazione, ed /286/ ho veduto una grande semplicità che faceva piacere. Senza prendere un’aria di prete non ho lasciato di dire qualche cosa di Dio. Pare incredibile, la più parte della famiglia non conosceva la città di Iffagh, ed il Padre e la madre mi dicevano che non amavano [p. 446] che [vi] si abituassero, per timore che si guastassero; epperciò le sole persone abituate ogni mattina andavano in città a portare il latte ed il butirro a persone che stavano colà abitualmente a vendere. Tanto schiavi che figli, tolti alcuni vecchi abituati non andavano affatto in città.

religione mista di questi poveri pastori. Questi Zellan erano pagani, avevano anche un dialetto a parte, benche tutti sapessero la lingua amarica. Conoscevano la storia biblica, almeno i fatti principali sopratutto dell’antico testamento. Conoscevano il cristianesimo nelle loro feste, senza conoscerne il mistero; di modo che era per me un motivo d’istruzione spiegare le feste cristiane; essi sentivano questa parte volontieri; avevano però un’idea confusa di cristianesimo e di islamismo, ma tolte alcune corruzioni nelle passioni materiali, che [non] mancano mai, in tutto il resto erano di una semplicità invidiabile.

monogamia consolante fra di loro;
gran corruzione però nei ragazzi per mancanza di educazione.
Fui molto contento di una cosa, ed era il matrimonio ben custodito; raramente, da quanto ho potuto conoscere, lo stesso padrone di casa si accostava ad altre donne, benché ne avesse tutta la commodità, avendo molte schiave. Appena si aquistava in famiglia una schiava subito era data ad uno schiavo: di modo che [non] ho mai sentito una lagnanza a questo riguardo. Solamente i più piccoli non arrivati a matrimonio, tanto figli che schiavi dei due sessi non erano custoditi, e come avevano piccole case, in famiglia non vi era mistero[:] in genere de sexto tutto era visibile, l’unica cosa cattiva era questa; gli stessi padri di famiglia vedevano certi atti trà i giovani colla massima indifferenza, ed anche ridevano vedendoli, ecco tutto il male [rilevato] trà questa gente.

mia esortazione ai padroni di casa di separare i maschi dalle piccole femmine; i non maritati dai maritati nella notte. [p. 447] Io poi ho voluto incomminciare un poco di apostolato, ed appunto principiare dal Padrone dicendogli che non era bene che i ragazzi e le ragazze si accostumassero tanto presto a tutte queste cose; prima di tutto dissi non essere conveniente che i piccoli dormissero vicini ai maritati, e vedessero tutto quello che passa trà loro, perché si accostumano troppo presto a certe miserie prima che la loro persona sia matura con grave danno anche della loro salute; e quindi accostumati così diventeranno come le scimmie, ed arrivati al matrimonio non sapranno più rispettarlo come si deve, ed il loro cuore così da bonora dissipato e sazio di piaceri non avranno più figli, o se gli avranno, saranno figli deboli. Che perciò facessero dormire i ragazzi e le ragazze /287/ a parte. Io raccontava loro che il mio Padre e la mia madre, quando mi avessero veduto colle mani sopra la mia stessa natura mi davano uno schiaffo, e se mai per disgrazia avessero veduto certi atti immodesti tra noi compagni, allora era certo di avere una buona bastonata. Così io sono arrivato ai 15. anni, e non sapeva ancora come gli uomini nascevano, così di molti altri.

con quanta docilità sentivano i miei consigli...! Non posso spiegare come quella brava gente sentivano volontieri queste cose. Così poco per volta agli stessi ragazzi ed anche alle ragazze ho incomminciato a [s]gridargli quando vedeva qualche cosa. Come erano abituati questi piccoli ragazzi [a] prendere colle mani le loro parti naturali, quando io gli vedeva andava in collera, e così alle ragazze quando erano scoperte. In pochi giorni ho ottenuto molto, ed a misura che io parlava [p. 448] mi prendevano più affezione e mi rispettavano di più. belle qualità di un ragazzo;
egli si chiama «melak» (in amarico Angelo) veramente angelo!
Fra gli altri aveva un ragazzo, il quale non mi lasciava più vivere, egli stesso cercava di essere istruito; questi si chiamava melak, ed in abissino melak vuol dire angelo, ed era veramente un angelo. Questi mi diceva tutto quello che era solito [a] fare prima, per sapere quello che è male. Una volta venne da me, [dicendomi:] venga, venga subito, lo [ho] seguito, e trovo che [il fratello] faceva quello che facevano i fratelli di Giuseppe; prendo un bastone, ed egli fugge; ma poi essendosi avvicinato l’ho [s]gridato alla presenza di melak, ma quello più ardito, ed anche impertinente mi disse, risposta impertinente di suo fratello magiore. quello che fanno le pecore e le capre non posso farlo io? Caro mio, gli dissi, sei tu contento se ti dicessi che sei un caprone? la capra è capra, e quando è bella grassa tu l’ammazzi e la mangi, ma tu sei fatto per governare le capre, e non per essere capra, o governato dalla capra; chi fa così non è uomo, ma è capra; se prima eri una capra, guarda bene di non esserlo più, pensa che sei uomo, e non far più queste cose.

semplice confessione di Melak ai suoi genitori. Melak è corso subito dalla madre ed[d]al Padre, e disse[:] Papà io prima era una capra e meritava di essere mangiato come una capra, oggi sono uomo, e non voglio piu essere capra, [e rac]contò tutta la storia accaduta. La schiettezza di quel ragazzo aveva dell’ammirabile, ah se potessi averlo, dissi! che bella riuscita farebbe! A questo ragazzo ho detto al più quattro volte i dieci comandamenti dalla legge di Dio, e già gli ripeteva al Padre ed alla madre e gli insegnava ai compagni; prima di partire già sapeva il Pater, l’Ave, e qualche articolo del credo; in altri quindeci giorni [p. 449] avrei potuto battezzarlo; tanto più che [ap]prendeva tutto quello che io diceva, massime [gli] esempi di santi.

mie passeggiate alle diverse stazioni dei pastori con Melak e compagni.
nostre conferenze.
Tutti i giorni faceva una passeggiata con melak, divenuto indivisibile [compagno], a qualcheduna delle altre stazioni, e mi seguivano anche /288/ alcuni altri quando erano liberi, per la strada non mi lasciavano più vivere, e mi pregavano di raccontar loro qualche storia. Raccontava le preghiere che si facevano in famiglia, qualche storia delle scuole, qualche esempio di santi i più popolari; sopratutto fatti della Sacra Scrittura, come la nascita di nostro Signore, ed altri fatti che contenevano qualche punto d’istruzione. Appena arrivato alla stazione Melak prendeva la parola [per] il primo dicendo a tutti i compagni: io non voglio più essere un caprone, ma un’uomo, e contava a tutti le storie passate: quindi insegnava a tutti i dieci comandamenti del decalogo, sopratutto spiegava il sesto, come aveva sentito da me. Raccontava ai suoi compagni le conferenze che io soleva fare la sera prima di dormire.

riforma della disciplina in casa del Zellan dopo i miei consigli. Difatti, dopo che io ho parlato ai due padroni, si è fatto subito un poco di riforma in casa. Il Padre e la madre di famiglia non lasciavano più dormire con loro i figli e le figlie un poco grandicelli. I maschi dormivano tutti vicini a me, e le femmine dormivano con una vecchia schiava rispettata in casa come [una] madre, e che aveva lasciato di coabitare cogli uomini. Così pure tutti quelli che erano considerati come maritati restavano da soli, ed avevano lasciato ogni promiscuità, ad esempio del padrone e della padrona. Come questa era la miseria unica di quella casa, con belle maniere era arrivato a mettervi un poco di riparo, almeno esterno.

Riguardo all’interno, una volta entrato il fermento era un poco più difficile senza la grazia; ma tuttavia cercava di gettare certe massime utili a calmare la passione. il diavolo e l’angelo custode che si fanno sentire nel cuore del uomo. Vedete, io diceva, nel cuore nostro, se staremo bene attenti, [p. 450] da una parte Iddio per mezzo del suo angelo, ci fa sentire la sua voce che parla al cuore, e dice che certe cose non vanno bene; dall’altra parte poi il diavolo, ci invita a fare, ci presenta il piacere, ci suscita dei [dei] pensieri cattivi, e noi ci lasciamo lusingare; e quando il peccato è fatto, allora il diavolo se ne ride di noi, Iddio va in collera, ed il cuore diventa malcontento e prova un dispiacere, Vero vero, subi[to] mi prendeva la parola Melak, io l’ho provato quando faceva il caprone, prima tutto era bello, e poi dopo il dispiacere [che segue] è la collera di Dio, ho capito, avete sentito diceva ai suoi compagni, avete capito? la voce di Dio, che non vuole, e la voce del diavolo che ci inganna, e poi dopo la collera di Dio... [Io riprendevo:] Ma lasciatemi terminare figlio mio. Qui non finisce la storia. Iddio ci è padre. Se proibisce queste cose non è per lui, è per noi, perché se abusate di queste cose da giovani la vostra persona, non essendo ancora un’albero maturo vi rovinate la salute, e poi prendete cattive pieghe.. la figlia accostumata da piccola a queste cose non sarà mai più una buona /289/ moglie capace di aver figli; così il marito [non] sarà mai più un buon marito, e buon padre di famiglia... il figlio [non] sarà mai più un buon marito, la figlia [non] sarà mai più una buona moglie, andava ripetendo Melak, oh questo vale per tutto, diceva il buon ragazzo, ho capito, diceva, ho capito la ragione per cui Iddio non vuole...

eco ammirabile del mio Melak a tutte le mie parole. Io non aveva altra fatica che gettare questi germi, che egli non gli dimenticava più, e la sera, quando io lasciava di parlare per fare qualche preghiera prima di dormire, egli continuava a trattenere i suoi compagni ripetendo sempre certe mie sentenze. Oh quanto io avrei pagato per avere questo ragazzo con me, ma cosa inutile a pensarvi, perché fra tre o quattro altri fratelli, questo era l’idolo dei genitori, persone che avevano milliaja di bestie, epperciò richissimi. Ma, comunque, anche dopo la mia partenza farà sempre del gran bene a quella famiglia [dicevo fra me stesso].

ritorno del figlio di Maquonen da Iffagh per prendermi.
rivoluzione in famiglia per la mia partenza.
[p. 451] Intanto passavano già i dieci giorni dal mio arrivo ed il figlio di Maquonen è venuto a prendermi; appena si seppe questa notizia fu una costernazione in tutta quella famiglia, e fecero tanto presso dell’inviato e presso di me che fummo costretti ad aspettare. Il figlio di Maquonen sarebbe subito ripartito per Iffagh, ma vedendo l’entusiasmo di tutta questa famiglia di Zellan da me suscitata, volle passare la notte con noi. Si mangiò il pranzo consistente in poco [di] pane, latte fresco, e latte quagliato, e poi tutti insieme siamo partiti per fare la nostra passeggiata ad una stazione che non avevamo ancora visitato. Strada facendo il figlio di Maquonen era estatico nel sentire tutto quello che dicevano quei ragazzi che ci accompagnavano, in specie Melak, e stentava [a] credere quello che sentiva. un peccatore convertito. Mentre si avvicinava il luogo delle mandre, io mi sono allontanato un momento dietro un cespuglio per i miei bisogni, e ritornando ho veduto che [Melak e] il figlio di Maquonen erano soli a discorrere, non volendo disturbarli mi sono seduto dietro un’altro cespuglio, ed ecco venire da me il più gran fratello di Melak, quello appunto che io aveva preso in fragrante, e che mi disse quelle parole impertinenti[:] non posso fare io quello che fanno le capre? Si avvicina piangendo e mi dice che il diavolo veniva sempre a to[r]mentarlo, e che si lasciò vincere ancora una volta: perciò Iddio è andato in collera con me subito dopo; fatevi coraggio, figlio mio, [dissi;] gli ho dato qualche avviso in particolare, cosa che non aveva fatto con lui, [p. 452] e gli ho fatto una buona conferenza; Melak dice che era un caprone, disse, ma il vero caprone era io che ho scandalizzato tutti. Fatti coragio, figlio mio, dissi, è già una gran fortuna, quello che mi hai detto, Iddio ti salverà da questa malattia; vedi, soggiunsi, la /290/ disgrazia che ti è arrivata oggi, non è più tanto la malizia come prima, perché tu non la volevi, non è vero? ma è venuto da se quell’affare, non è vero? [Replicò:] da una parte Iddio mi proibiva, ma dall’altra parte io guardava gli animali, e poi ho lasciato andare le mani un sol momento, e il diavolo m’ha vinto. Questo prova quello che ti ho detto, a forza di abusare, è divenuta una malattia; ma colla pazienza, e pregando Iddio la vincerai; l’ho benedetto, e l’ho licenziato.

un’altro peccatore convertito. Appena è andato l’altro venne il giovinastro di Iffagh, anche egli penetrato da migliori sentimenti, e mi fece una gran lagnanza, perché coi Zellan pagani ho detto tante belle cose, mentre in Iffaghe, Ella [non] dice nulla. Hai ragione, dissi, ma ti dirò che questi sono pagani e non hanno preti, mentre voi altri siete cristiani, ed avete molti preti, i quali si lagnerebbero di me, forestiere come sono, come se volessi entrare negli affari loro. Noi siamo cristiani è vero, disse, noi abbiamo preti è vero, ma sappia che io cristiano sono un diavolo, ed i preti sono più diavoli di me. Ne vuole una prova? il giorno che siamo andati a vedere quella gran casa dei schiavi, il nostro Prete di casa confessore di mia madre aveva domandato una schiava per Lei, e vedendo che Ella se ne partì la diede a me. Sia detto in confidenza, il nostro Prete di casa ha dato parola ad una donna del paese per introdurla [p. 453] [d]a Lei; essa essendo venuta di notte ha passato la notte con me, perché non osò [ad] avvicinarsi a Lei che dormiva. Figlio mio, lascia queste cose, dissi, perche forze [h]a fatto questo per provarmi. Ma lasciamo il Prete, [continuò;] perché Ella non [mi] dice qualche cosa anche a me, mentre ha detto tante belle cose a questa gente? Caro mio, dissi, domani tu devi partire, e resta inutile incomminciare, quello che hai sentito oggi ti basta, quando ritornerai, allora incommincieremo. Solamente ti raccomando di nulla dire in Iffagh di tutto questo, altrimenti non saremo più amici. Ma io vorrei restare quì con Lei, disse, perché se ritorno il diavolo distruggerà quello che ho guadagnato oggi. In questo io non posso entrare, perché io non conosco il bisogno che il tuo padre può avere di te; potrai andare, e se il tuo Padre te lo permetterà potrai ritornare.

nostro ritorno alla stazione;
apostolato di Melak ai compagni;
mio falso giudizio sul prete che voleva essere mio confessore
Ciò detto siamo ripartiti, e ritornati a casa. Strada facendo Melak faceva la sua predica a quel giovinastro, e ripeteva quelle famose parole[:] un giovane che fa queste cose [non] sarà mai un bon marito e bon padre di famiglia, una giovane che fa queste cose [non] sarà mai una buona moglie e buona madre di famiglia; e mentre egli faceva la sua predica io pensava al giudizio che io aveva fatto di quel prete, e del giovinastro figlio di Maquonen, io credeva quello un galantuomo, e questo un dia- /291/ voletto, mentre incomminciava [a] scoprire tutt’altro orizzonte, o[h] quanto è fallace il mondo!

occupazioni dei pastori la sera e mattina. In queste case di pastori la sera sono tutti occupati, il padrone passa al controllo il numero delle bestie, altri pensano al latte, al fare tettare i vitelli, e mungere, [p. 454] altri poi a ritirare le bestie ciascheduna a luogo suo, le vacche da una parte, ed i vitelli da un’altra, affinché non tettino il latte di notte, e finalmente si consegna il latte sia fresco, che quagliato che nella notte deve partire per la città unitamente al butirro, e datti tutti gli ordini opportuni la padrona di casa avvicina il pane ed il latte per la cena, con un poco di carne tagliuzzata, mentre i giovani preparano gran fuoco per arrostirla; fino a tanto che tutto sia finito si fà tardi; musica delle vacche separate dai vitelli.
centinaja di vacche, e centinaja di vitelli si conoscono;
il pastore conosce ciascheduna al grido.
per due ore poi [si ode] una musica che non finisce più, le vacche che sono state separate dai loro vitelli tutta la giornata, e gli hanno veduto un momento in tempo di terrare, vedendosi separate muggiscono, ed i vitelli rispondono dal luogo lo[ro]. È singolare il sentire che fra centinaja di vacche e centinaia di vitelli che muggiscono, quelle e questi nel muggire si conoscono a vicenda, e ciascheduno dei vitelli risponde alla sua madre. Ancor più singolare il rilevare come i pastori stessi conoscono la voce di ciascheduna madre, e vitello, e se a qualcheduna madre il figlio non risponde sanno quale è e lo chiamano per nome.

conferenza della sera Noi intanto abbiamo mangiato la nostra cena, ed incommincia[ta] la conversazione, per me una vera occupazione, ed anche fatica, perché mi tocca [a] rispondere a tutti i quesiti che mi fanno in modo istruttivo; qualche volta Melak risponde per me, ed io lo [s]grido quando il suo zelo lo fa esaggerare in qualche cosa; sopra tutto poi quando rimprovera qualcheduno di certe cose vedute nella giornata in qualcheduno [p. 455] ed io fingo di prenderne le parti per introdurre qualche dottrinale prattico, ha fatto quello, io dico, ha pregato prima molto Iddio, non voleva, ma poi il diavolo lo ha vinto, bisogna compatirlo, oggi è stato vinto, ma domani speriamo che vincerà; caro mio, il diavolo ieri era padrone di tutti, e tutti eravate tanti diavoletti, vuoi tu che il diavolo se ne vada senza fare tutti i suoi sforzi, questo è poi troppo; e Melak[:] confessione dei due fratelli. a[h] Padre mio, ha ragione, oggi vedendo tutte quelle bestiacce ho dovuto chiudere gli occhj, altrimenti subito il diavolo è venuto e stava per vincermi; il suo fratello maggiore allora la prima volta, ha fatto un’atto di umi[l]tà publica, tu hai vinto, disse, ma io sono stato vinto, alludendo all’affare di cui mi aveva trattenuto nel giorno; io era disperato, ma il Signor Bartorelli mi ha consolato, bisogna pregare Dio, /292/ e la Madonna, altrimenti, se parte il Signor Bartorelli saremo di nuovo tutti diavoli.

Finita la nostra conferenza sortì la madre di famiglia, e mandò tutte le figlie a dormire colla vecchia schiava, e Melak con un’altro sono andati a preparare il letto per me nella capanna dei giovani, bona sera, e siamo andati, ed avevamo anche con noi il giovinastro di Ifagh. Questi molto più grande era più taciturno, ma il pensiero incomminciava [a] dominarlo molto, ed avrebbe voluto essere solo con me.

notte passata in conferenze. Appena arrivati alla nostra capanna, io ho preso posto sul mio letto; per il giovinastro di Iffagh avevano preparato un’altro letto un poco lontano da me, ma egli ha scielto invece di stare vicino a me da una parte, e dall’altra si disputavano [il posto] [p. 456] Melak col suo fratello maggiore; io ho consigliato Melak a lasciare il posto al suo fratello nuovo convertito, ed egli si occupasse a trattenere g[l]i altri più giovani con qualche buon discorso. Intanto ho raccomandato di invilupparsi ciascuno nella sua tela colle mani fuori della medesima, affinché il diavolo non potesse passare.

non sono istruiti sulla confessione e vogliono confessarsi. Appena poteva contare dodeci giorni di ministero più indiretto che altro, e non aveva parlato ancora direttamente della confessione, appena indirettamente, raccontando qualche fatto aveva detto qualche cosa; anzi erano tutti pagani e non avevano ancora imparato il catechismo diretta[mente] insegnato, eppure tutta quella notte quei poveri giovani avevano tutti un gran bisogno di manifestarmi da solo le loro miserie, tanto è vero che dal momento che l’angelo è disceso nella probatica piscina del cuore, e si trova questo in movimento di salute, l’uomo si trova in un vero bisogno di esternare tutte le sue piaghe anche le più umilianti. In quella notte non mi lasciarono dormire. (1a)

ho passato la notte fuori della capanna per sentirgli. Come la capanna era gremita di giovani non potendo parlare da solo senza che sentissero gli altri ho detto al giovinastro di Iffagh, di prendere il mio tappeto e portarlo fuori, un poco lontano; così siamo sortiti, /293/ ed ho incomminciato a sentirlo, e ragionano, [che] tenesse solo fermo nelle risoluzioni prese; perché dopo [dopo] avrebbe avuto tutto il tempo in Iffagh; si preparasse solo a partire per intendersela col suo Padre. Dopo di lui venne il fratello di Melak, il quale volle raccontar[mi] tutta la leggenda delle sue miserie, alle quali ho cercato di fargli coraggio. Dopo [di] lui venne Melak dicendo che tutti [p. 457] volevano venire a contarmi le loro miserie, egli stesso sentiva il bisogno di manifestarmi molte cose, e come questi mi stava a cuore più di tutti l’ho lasciato parlare, e dopo che si è sfogato, Melak mi sorte la qu[e]stione del battesimo mi sortì una questione che non poco mi imbarazzava, quella cioè del battesimo, [diceva:] tutto questo [a] cosa mi serve se non sarò battezzato? io sarà sempre un caprone come [ero] avanti: per questo, dissi parleremo poi dopo, e così l’ho licenziato, per sentire presto gli altri, e così risparmiare un poco di tempo per dormire. Vennero tutti, circa sei o sette quasi tutti schiavi, gli ho sentito, ho fatto loro coraggio, e poi dando loro speranza che gli avrei sentito altre volte g[l]i ho congedato alla meglio.

[Circa] Il virus di pentapoli, e l’onanismo non ci era gran cosa da dire; il divertimento dei due sessi, e sopratutto il crimen pessimum dei figli di Giacobbe, era divenuto come una cosa così comune che si praticava quasi publicamente da quei pastori alla stessa presenza degli adulti. Comunque fossero i loro peccati, questo poco mi avrebbe imbarazzato, perché col movimento del cuore che vi era in otto giorni avrei potuto preparargli al battesimo, perché erano disposti a ricevere ogni specie di esortazione e di istruzione; la questione del battesimo era una gran questione. ma il difficile era la questione del battesimo. Io mi trorava là come semplice secolare, e tutta quella gente neanche pensava che io fossi Prete. In quei paesi l’amministrazione del battesimo [eseguita] dai laïci, è una cosa affatto sconosciuta e scandalosa, come è sconosciuto il Battesimo di necessità senza liturgia. Fra pochi giorni io doveva partire per i paesi Galla, epperciò battezzarli e poi abbandonarli, [costituiva] altro inconveniente. Battezzandoli solennemente io avrei messo il pericolo la mia [p. 458] risoluzione di arrivare al Paesi Galla ad ogni costo per salvare la missione già in ritardo. Acconsentire che questi neofiti si facessero battezzare dagli eretici, sarebbe stato come dargli al diavolo; d’altronde dietro le ultime osservazioni mie il battesimo degli abissini era molto dubbio rapporto alla stessa validità. Come fare? In questi paesi la soluzione di un caso pratico non si può aspettare da Roma, perché tarderebbe degli anni. La guerra poi minaciava di mettere in dubbio l’esistenza della missione di Gondar.

ho preso il partito di battezzare il solo Melak. Ho preso il partito di battezzare col battesimo di necessità il solo Melak, il più disposto, fin là l’unico che mi aveva domandato [il sacramen- /294/ to]; di lasciar gli altri in buona fede con promessa di cercare loro qualche Prete al mio ritorno dal Gogiam, e lasciare fin là l’istruzione a Melak di battezzare col battesimo di necessìtà qualunque fosse in pericolo di morte, e mantenersi nella loro qualità di Zellan come prima, aspettando la Providenza di Dio.

partì il giovane d’Iffagh, e ritornò la sera portando notizie di prossima guerra. Obligato da me, partì l’indomani il giovinastro venuto da Iffagh, ma andò per intendersela col suo Padre, ed avvertirlo che io avrei tardato ancora otto giorni; la sera era già di ritorno, tanta era la voglia di continuare nelle sue risoluzioni. Venendo però mi portò la notizia che i rumori di guerra trà Ras Aly e Degiace Kassà prendevano forza ogni giorno più, e che si facevano preparativi dalle due parti con tutta energia.


(1a) Il lettore di questi miei manoscritti troverà forze che io ho descritto le cose troppo al minuto; quando scrissi non pensava alla stampa; il mio scopo poi mirava più lontano: io mirava a rilevare l’esistenza del principio naturale, per una polemica ai giorni vostri divenuta troppo necessaria; le mie mire innoltre di far conoscere che il cuore umano sente il bisogno di una guida: altro punto di polemica essenziale in diffesa della Confessione sacramentale; quindi per una norma agli stessi confessori, i quali debbono [p. 457] [essere] riservati, ma non troppo con pericolo di seppelire certe abitudini sotto un monte di sacrileggi con gran danno delle anime, o della salute corporale stessa. La riserva del confessore per non scandalizzare il figlio spirituale deve essere misurata dalle circostanze, il prudente Confessore, e sperimentato nel ministero deve conoscere fin dove deve gettare la sua rete nella pesca. [Torna al testo ]