/188/

22.
Per la via del Nilo.
Il monastero copto di S. Antonio.

proteste sulla storia del Nilo. [p. 302] Se io fossi un semplice viaggiatore laico, coll’unico scopo di viaggiare e farmi un nome, il viaggio del Nilo si presterebbe molto a tale scopo, a fronte che descrizioni di simili viaggi ve ne siano molti. Ma vi sono molte ragioni in contrario. 1. Per il solo Nilo sino a Kartum non mi basterebbe un libro, e dieci per conseguenza non basterebbero per tutta la storia di 35. anni di missione. 2. Scrivo oggi ventinove anni dopo, e le mie note prese sono rimaste in Kafa nel mio esilio del 1861. e poche sarebbero quelle che potrei procurarmi. 3. Le descrizioni scientifiche, o puramente dilettevoli non entrano nel mio scopo.

Lascio perciò tutte le descrizioni puramente materiali e scientifiche, e lascio anche la maggior parte dei nomi dei luoghi dove siamo passati, dove abbiamo passata la notte, ed alcune storiette che sarebbero anche curiose, e facendo dei voli di cinque o sei giorni mi trattengo in certi luoghi, dove ho avuto qualche cosa da fare. circostanze sulla navigazione Non essendo propizio il vento, ed il nostro viaggio essendo contro aqua il Reis della barca aveva promesso di camminare giorno e notte quando il Nilo sarebbe stato navigabile anche all’oscuro, quando cioè l’aqua non sarebbe stata troppo divisa in diverse correnti, come per lo più arriva nel basso Egitto, e quando la vela aveva abbastanza [di] vento. Così i primi tre o quattro giorni; ma poi a misura [che] si monta più [in] alto, benché il vento sia più favorevole, qualche volta conveniva superare certi spazii coll’ajuto del tiro dei marinari, allora il cammino di notte oscura si faceva più difficile. Un’altra cosa da notare si è, che dopo [aver] lasciato il Cairo per quattro o cinque giorni non vi sono per lo più coccodrilli, ma un poco più [in] alto questi animali [p. 303] facendosi più comuni i marinari erano obligati a guardarsi di più nella notte, tanto più che io non avendo fucili da sparare per spaventarli, la barca aveva qualche fucile, ma per lo più mancava di polvere.

/189/ Per tutte queste ragioni nei primi giorni abbiamo camminato bene anche di notte, ma poi dopo, la sera cercavamo di star fermi con questa scusa; benché forze non mancassero altre ragioni d’immoralità, trovando nei villaggi di che divertirsi, ed io essendo solo mi era fissato di non fare tanto facilmente delle questioni colla mia gente, tanto più, che non avendo servi, doveva servirmi di loro. contratto e condizioni col personale della barca. Il mio Procuratore Hanna Messarra aveva procurato che vi fosse sulla barca un giovane, il quale sapesse [fare] un poco di cucina, ed anche [conoscesse] un poco di lingua franca, cioè un’italiano corrotto molto comune in Cairo; così io pensava di poter imparare un pochino l’arabo. Nel contratto aveva pure messa la condizione che avrebbero ricevuto un terzo della paga in Cairo nel loro ritorno dietro una mia lettera, e coll’aggiunta di una mancia, come io avrei ordinato; per tutto il resto tutta la barca era perfettamente al mio ordine, e non potevano ricevere altre persone a nolo senza il mio consenso; il contratto scritto in due lingue araba ed italiana, stava nelle mie mani, ostensibile alle autorità locali ad ogni caso.

Con tutte queste condizioni io viaggiava molto bene, e le persone della barca conosciute dal mio procuratore erano perfettamente al mio ordine. 4. Luglio
siamo arrivati ad una città;
conferenze col Comandante e col vesco[vo] copto sul viaggio a s.t Antonio.
raccomandazioni ottenute
In dieci giorni siamo arrivati ad una città, dove si trovava un Vescovo Copto, ed un comandante, per cui io aveva una lettera del governo di [p. 304] [di] raccomandazione; quì si trovava pure una lettera per la Missione cattolica fattami dal Prefetto del Conventino piccolo, nella quale era io raccomandato come un semplice prete Cattolico in viaggio per Kartum. Quì ho fatto un poco di stazione. Ho visitato prima di tutto il comandante egiziano, il quale mi ha ricevuto molto bene; dopo ho visitato il Vescovo Copto eretico, a cui ho fatto vedere la lettera del Patriarca che ha baciato. Sia al comandante che al Vescovo ho detto che io desiderava di andare al Convento di S.t Antonio, e che prima di partire avrei domandato una raccomandazione. Sono andato quindi alla missione Cattolica, ma non vi era il missionario europeo, vi era solo un prete copto indigeno, il quale mi tratto molto bene, e mi fece pranzare con lui. Questi mi disse che per andare a S.t Antonio bisognava andare al paese N. di proprietà dei due conventi di S.t Antonio e di S. Paolo, lontano una buona giornata di viaggio di barca, e forze due, se il vento non sarebbe stato favorevole. Postoché io aveva raccomandazioni al Vescovo Copto io faceva bene [di] prendere qualche raccomandazione da lui; mi disse però che egli andare non poteva da lui, perché non erano molto d’accordo.

Come quella piccola città, di cui non [mi] ricordo il nome, è sulla riva del Nilo, epperciò vicino alla barca, io non faceva che andare e venire /190/ ora dagli uni, ora dagli altri; in un giorno di fermata ho potuto aggiustare le mie cose. Il Vescovo mi ha dato una lettera per il Superiore dell’Ospizio, ed il Comandante volle darmi una persona al Sciek del paese con ordine di vegliare, affinché nulla mi acadesse sia nel viaggio, sia ancora per gli effetti [p. 305] che io avrei lasciati in deposito, perché badassero bene che io era una persona particolarmente raccomandata dall’Effendina (vice Re).

partenza per il villaggio patrimonio dei due monasteri s.t Antonio e s. Paolo. Come vi era la luna siamo partiti la sera, camminammo tutta la notte, e l’indomani verso sera già eravamo ancorati nel villaggio del monastero. Appena arrivati, i miei effetti furono subito trasportati all’Ospizio del monastero di S.t Antonio, dove quei pochi monaci mi alloggiarono, e mi diedero la cena. Il villaggio è un gran villaggio tutto cristiano copto eretico. Quel villaggio conterà forse cento famiglie, tutto compreso; saranno 80. famiglie di contadini, e venti famiglie trà impiegati, e camelieri destinati per la carovana settimanale che va a S.t Antonio, e l’altra che va a S. Paolo, di cui anche avvi un’ospizio a parte, poiché i due monasteri hanno amministrazione e proprietà a parte, essendo come due ordini distinti con regole diverse.

consegna del bagaglio alla procura di s. Antonio. Alla presenza del Scieh o Scjek (specie di sindaco dei piccoli villaggi) ho dichiarata libera la barca per 15. giorni, o al più tre settimane, pendenti le quali potevano in qualche modo utilizzarla, purché, passato questo tempo, si trovassero là pronti a partire. Ho preso tutto questo tempo, perché io contava di visitare tutti [e] due i monasteri; benché poi da S.t Antonio a S. Paolo, per mancanza di cavalcatura e di compagnia, sia rimasto il [solo] progetto. Il Superiore dell’Ospizio aveva preso due giorni di tempo per organizzare la carovana: in capo ai due giorni siamo partiti.

[p. 306] La carovana contava sei cameli, e quattro persone oltre di me. Un camelo per me, uno per un monaco giovane che mi accompagnava, e gli altri portavano proviste per il monastero: con me di bagaglio non aveva altro che un sacco da notte per cangiarmi.

partenza della carovana per s. Antonio;
qualità del monaco e delle persone che ci accompagnavano.
Sortiti dal villaggio, dopo un quarto d’ora circa di cammino siamo entrati in una pianura di pura sabbia, di cui non se ne vedeva il fine. Il monaco parlava un poco la lingua franca (l’italiano corrotto del Caïro) e strada facendo non faceva altro che chiacchiarare di cose di mondo, anche troppo liberamente a segno che molte volte mi trovava imbarazzato a dargli una risposta un poco polita, poiché aveva fatto il piano di non dire che era prete; i camelieri, per lo più capi di famiglia, erano molto più modesti di lui. Io aveva quasi sempre la corona in mano, e /191/ per liberarmi da certe chiacchiare meno gravi, io rispondeva che essendo [un] pellegrino che andava al sepolcro di S.t Antonio, era obligato a far preghiere. La sera un poco prima che cadesse il sole siamo arrivati ad una piccola Wasis, dove vi era un poco di erba; là ci siamo fermati, ed abbiamo passata la notte.

Fra i camelieri due erano uomini fatti da trenta a quarant’anni, persone che facevano i loro affari, il terzo era un giovane di vent’anni circa e faceziava anche volontieri. cena e conversazione la prima notte nel deserto. Fatta la nostra modica cena venuta dall’ospizio, si fece un poco di conversazione per quanto fù possibile con persone che per una parte non comprendono abbastanza, e per l’altra sono piene e regurgitanti di passioni materiali: ho voluto domandare a quel monaco se aveva voti, ma egli mi disse rotondo che no; [p. 307] fra noi, disse, non [ci] sono voti, ma solamente, una volta fatti monaci non possiamo più prendere moglie, poco presso lo stesso come in Abissinia; allora io ho voluto incalzare un poco il discorso dicendo che forse sarebbe stato meglio prendere moglie che fare certe cose che non vanno bene, alludendo a certi atti veduti nella giornata; allora egli si mise a ridere, ben vedendo che non aveva capito, o che il filo non è entrato nell’ago. Ho cangiato discorso e gli ho domandato se pagavano tributi al governo, egli rispose che i tributi si pagavano al Patriarca, pagate molto[?] dissi, più della metà di quanto si raccoglie, egli rispose; [ripresi:] il Patriarca cosa ne fa? Egli paga il governo [concluse il monachello].

sistema civile dei patriarchi e dei vescovi d’oriente. In oriente i vescovi ed i Patriarchi sono veri esattori, ed impiegati civili, e se [i dipendenti] non pagano corre il bastone: più di tutti gli altri orientali i Copti d’egitto sono veri schiavi dei loro vescovi. Il governo turco lasciando questa specie di stato civile nelle mani del clero da una parte si direbbe che ha voluto onorarlo, ma tutto all’opposto è per dominarlo e farlo schiavo ex intimo cordis; questo è un vero lacio diabolico teso al clero d’Oriente, per cui è difficilissimo a convertirsi. Questa catena di schiavitù è antichissima, ha incomminciato dal tempo dell’arianesimo, in cui la parte eretica si è attaccata sempre all’impero per sostenersi contro la sorveglianza della Chiesa, l’impero per parte sua si è trovato bene, perché così ha dominato.

finezza del sistema turco col clero. [p. 308] Il governo turco succeduto al governo bisantino cristiano è stato troppo fino per non distruggere questa diabolica catena che attacca la gerarchia ecclesiastica invincibilmente a se, perché così la secolarizza per diminuire la sua influenza divina sui popoli, ed arriva per questa via a far schiavo il clero ed il popolo.

per questa ragione l’apostolato della Chiesa è sterile in Oriente /192/ Per questa ragione la Chiesa ha sempre lavorato e lavora ancora in oriente, ma con pochissimo frutto, perché il grande ostacolo è il clero acalapiato da questa infrangibile catena. La difficoltà di convertire la russia nasce di là, e non sarà che una crisi civile che, naturalmente parlando, possa fare qualche cosa, cioè o l’imperatore diventerà un’altro Costantino per mettersi nelle mani della Chiesa, oppure [interverrà] una crisi sociale che spezzi questo potere diabolico.

spirito dei nostri tempi nel governo I sforzi di Giuseppe secondo, e dei suoi predecessori, i sforzi di Bismark dei nostri giorni, quelli di Francia, in cui la politica, in diverso senso, ed in diverso paese, tanto lavora, è per arrivare là; questa larva stessa di governo republicano, sta sognando ancora gli articoli organici. Così l’Italia odierna, così la Spagna vorrebbero arrivare là per distruggere il regno di Cristo. La formola di Chiesa libera nello stato libero, vuoi dire Chiesa libera da Cristo dentro lo stato senza Cristo; e siccome fuori di Cristo non vi è altro che schiavitù, l’ultima risoluzione di questa formola è chiesa schiava in un governo di vera schiavitù: questo governo poi sia pur monarchia, sia pur republica è sempre io stesso.

mia compassione per il monchello della carovana [p. 309] Ritornando al nostro povero monachello senza spirito di Dio, privo dei sacramenti, privo di istruzioni, di buoni esempi, cose [di] che io ho tanto abbundato, eppure monaco tanto che basti per essere dall’opinione publica incatenato a non poter godere della libertà che Cristo da agli uomini di mondo, mi moveva a compassione vedendolo sotto la schiavitù di una passione che lo dominava terribilmente, in modo che non capiva più nulla, e cercava sfogo facenziando, corricato frammezzo a quei camelieri lasciava i due più vecchj e calmi e si attacava al giovane: io sentiva molte cose, ma non poteva capire, perché di arabo ne sapeva molto poco: senso misterioso di una parola sentita e non compresa mi parve di sentirlo che si lagnava che nel monastero erano tutte donne, non vi erano uomini; io restai [meravigliato] al sentir questo, stupito che vi fossero donne nel monastero. Quando poi ho trovato il mio monaco Cattolico prigioniero, antico Propagandista gli ho domandato[:] vi sono donne quì? egli mi rispose assolutamente di no; ma come io ho sentito queste parole? [incalzai io;] allora al sentire quelle certe espressioni, [ripetute da me,] egli mi diede una spiegazione ancora peggiore di quella che temeva io: qui si dicono donne quei dati figli di pentapoli, i quali amano di essere passivi e non attivi, ah ho capito! (1a) [e così troncai il discorso].

/193/ Del resto poi si passò la notte molto bene, notte deliziosa al luccicore delle stelle e senza freddo. L’indomani abbiamo camminato sino a mezzo giorno, ci siamo riposati in una Wasis dove abbia[mo] fatto un poco di pranzo, e poi abbiamo ripreso il cammino.

spiegazione della parola «Amba»;
come germoglia certa specie di erba senza pioggia
[p. 310] Verso sera abbiamo veduto Amba Antun (la montagna di Antonio) (1b), ma non ci siamo arrivati che l’indomani. Abbiamo passata la notte in un’altra Wasis, dove si trova una certa specie di erba, la quale vegeta senza pioggia e colla sola roggiada; vi sono pure certi sperpi di questo genere. Bisogna però confessare che [in] questi mari di sabbia vi sia qualche azione assorbente dai vapori dell’atmosfera, perché ho veduto sempre che scavando in certi luoghi ho trovato un’umidità, la quale, in luoghi dove non piove affatto, non si può diversamente spiegare, come dirò poi dopo, spiegando i miei concetti sulla sorgente perenne dei monasteri di S.t Antonio e di S. Paolo, situati sui due estremi di una bassa montagna in mezzo a questo gran mare di sabbia.

amba Antun, come semplice monumento storico che parla e dice = qui nacque il monachesimo = Lasciando ora da una parte questi riflessi di scienza puramente materiale lontana dal mio scopo, vorrei quì riprodurre invece le impressioni che mi fece la veduta di questa montagna, come uno scoglio che sorge in mezzo ad un mare di sabbia, il quale servì come di Wasis, dove possiamo dire che germogliò il vero spirito monacale ed eremitico ai due estremi di questo scoglio tutto secco e sterile, il quale fornisce quasi miracolosamente due sorgenti per abbeverare quelli angeli in carne, dei quali l’esistenza odierna non ha altra missione che quella di due gran monumenti mangiati dalla ruggine per attestare l’antica grandezza dello spirito evangelico che vi ha regnato un giorno, come le Piramidi attestano la grandezza dell’antico egitto, che oggi la scienza del mondo è imbarazzata a spiegare; questi due monasteri oggi non fanno più di quanto fanno due schelletri in mezzo ad un deserto, oppure in una profundità, i quali dicono ad un uomo che pensa, noi eravamo uomini, oggi non più.

panorama del monastero in lontananza [p. 311] A misura che ci avvicinavamo al monastero, la montagna che in mezzo a quel piano scompariva in lontananza e ci pareva una piccola cosa, si stava elevando, ed il monastero affatto invisibile, andava ren- /194/ dendosi visibile ad ogni passo, compare alla fine un gran quadrato dalla parte del piano, aperto dalla parte della montagna, la quale sembra sorgere dal monastero; più andavamo avvicinandosi in mezzo al gran quadrato di recinto incommincia a rendersi visibile da una parte un’altro quadrato interno che è il convento, ed in mezzo a questo convento una torre separata. Dall’altra parte sporge fuori un segnale di verdura che molto rallegra in mezzo a quell’orizzonte che non presenta segno di vegetazione, e sono alcuni datolieri con qualche altro albero.

suo aspetto in vicinanza.
sua porta romantica e curiosa.
nostra ascenzione.
Avvicinandosi il muro di cinta è di un’altezza da cinque a sei mettri, e tutto di fango battuto. Vi è uno spaccato al luogo della porta in forma di portico ai tre lati chiuso, con sopra una specie di solajo, in mezzo di cui avvi una fenestra orizzontale, per la quale discende una corda molto grossa che pende da un torno orizzontale, come sarebbe di un pozzo. all’estremità della corda avvi un piccolo legno orizzontale sul quale si s[i]ede la persona, e due monaci girano il torno, e così si monta al piano.

spessore del recinto.
cappella.
cripta.
atrio della cappella.
stanza di abba salama.
Arrivato la sopra il forestiere, si stupisce in vedere il muro di cinta dello spessore di quattro mettri circa, in modo che cinque o sei persone [p. 312] possono passeggiare di fila senza imbarazzarsi. Si discende quindi una scala, ed allora [ci] si trova al piano del [del] cortile e del giardino. Non vi è pericolo che vi lasciano solo, tutti quei monaci hanno una voglia di parlare che non la finiscono più. Avanti la cappella vi è un piccolo atrio, dove esistono molte sedie da sedersi; nel muro intorno esistono molte iscrizioni in tutte le lingue, anche d’europa, e sono viaggiatori che hanno visitato quel luogo. Mi condussero ad una stanza, la quale è stata abitata da un certo monaco Andrea di nome, e mi dissero che quel monaco era Vescovo in Abissinia; il suo nome era scritto in italiano ed in inglese.

il dragomanno Cherubino. Come io fingeva di non capire la loro lingua araba o franca ho domandato se non esisteva qualcheduno che parlasse un poco meglio l’italiano, allora il vecchio che faceva da superiore mi diede il Cherubino per dragomanno, quello appunto che io desiderava, benché mi guardassi bene dal far conoscere il mio desiderio. Mi hanno fatto ved[e]re tutto il convento: tutto è di fango battuto, e di costruzione antichissima. torre di rifugio. In mezzo al claustro avvi una torre quadrata, la quale dai quattro lati comunica col convento con quattro punti levatoj; è tre o quattro mett[r]i più alta del Convento, noi siamo montati sopra. Era stata fatta per i tempi prima di Mahumed Aly, i bedovini independenti quando i beduini erano ancora independenti, perché allora qualche volta erano assaliti, ed in tal caso i monaci /195/ si rifugiavano sulla torre, di dove [p. 313] si difendevano con Pietre. i bedovini dominati. Oggi poi che i beduini sono dominati dall’Egitto non vi è più tanto da temere, è singolare vedere come [tutti] queste grandi opere sono tutte di fango battuto, il quale sta in piedi da secoli. refettorio dei monaci Abbiamo visitato poi il Refettorio molto lungo, e stretto con una sola tavola in mezzo tutta di pietra tagliata.

Qui i religiosi mangiano in commune, a differenza di S. Paolo, dove, da quanto mi assicurarono, conservano un poco di eremitico, e non mangiano in commune che nelle solennità. Dopo abbiamo visitato la Chiesa molto piccola, ed unico luogo dove si vede qualche lavoro in calce; dalla chiesa si discende una piccola gradinata per arrivare al luogo dove fù sepolto S.t Antonio, luogo oggi perfettamente vacuo e senza ornamenti. Io avendo rinunziato di restare nella mia camera inabitabile per le cimici, ho scielto di passare la notte nella cripta del sepolcro, consigliato dallo stesso Cherubino, come luogo più proprio, e più segregato, sia per poter parlare con questo monaco dei nostri affari, sia ancora perche poteva chiudermi dentro, e così salvarmi di notte da visite poco convenevoli, e poco cristiane.

sala di conversazione Visitato questo mi condussero alla sala di conversazione, luogo dove passano la giornata e metà della notte molti monaci a fumare, chiacchiarare, e divertirsi. Nei due angoli a destra e [a] sinistra della porta esistono due gran cestoni pieni di tabacco da fumo [p. 314] uno, e l’altro pieno di pippe, in mezzo esiste continuamente un vaso col fuoco. scuola.
maestri di arabo e di copto.
mio desiderio di imparare il copto
La sala di conversazione serve anche per sala di scuola, e per sala di studio, ma io in dodeci giorni [non] ho veduto mai ne scuola ne studio. Ho domandato se vi erano maestri, e mi [si] disse che ve ne erano due, uno per la lingua araba, l’altro per la lingua Copta. Io avrei bramato di prendere almeno l’alfabeto di lingua copta, ma il maestro mancava da due mesi, e mi dissero che il maestro poteva insegnare solamente a leggerla, ma non la conosceva. Avendo fatte le mie ammirazioni, mi rispose[ro] che neanche il patriarca ed i vescovi la conoscevano. Per questa ragione mi fecero vedere alcuni libri liturgici quasi tutti in arabo.

visita della biblioteca. Avendo domandato di visitare la biblioteca, mi condussero in una stanza, dove vi erano quattro o cinque cestoni pieni di libri vecchi carichi di polvere e di ragni. Forze si trovavano là dei libri molto preziosi, benché mi abbiano assicurato che un Francese venuto ne comprò molti; da alcuni che ho visitato erano tutti libri manoscritti, parte arabi, parte copti, e quasi tutti in pergamena.

promesse mie ai monaci fatte per prudenza.
mia cena.
desiderii di Cherubino
/196/ Ho domandato se in Convento si trovava qualche cosa da comprare per dare una riconoscenza ai monaci, e mi [si] disse che si trovava dell’aquavite presso il procuratore: allora gli ho detto di comprarne, perché voleva dare una dimostrazione ai monaci per l’indomani; anzi se si trova carne a comprare io la comprerò, [dissi,] affinché i monaci mangino bene. Io faceva questo perché altrimenti coi copti non si burla. [p. 315] Ho mandato avanti tutte queste promesse per assicurarmi di loro; con simile gente guai [palesare] qualche sospetto.

Essendo venuta l’ora di cena mi portarono dell’uva eccellente, dei datoli, ed un bel piatto di macheroni. Ma io vedendo che il pane era eccellente non ho mangiato altro che pane, datoli ed uva, portando per motivo che io essendo pellegrino [ciò] bastava.

Il Cherubino avrebbe desiderato che gli facessi qualche conferenza per prepararsi alla confessione, perché dopo [essere] sortito da Propaganda non si era più ne confessato ne comunicato. La gran difficoltà era trovare il momento, perché di giorno i monaci non mi lasciavano, e di notte io temeva farlo venire da solo per il pericolo che non pensassero, quello che essi sono purtroppo soliti [a] fare. Pensa se potremo domani andar soli a visitare la montagna, perché allora saremo liberi [gli dissi].

tutto bene, ma mancavano i luoghi... In quel monastero tutto era bene, ma una cosa sola mi imbarazzava, perche non vi erano luoghi [igienici]; per la notte per i piccoli affari Cherubino mi fece vedere il luogo della purificazione quasi nella Chiesa, consistente in un buco per terra dentro una piccola cabina, dove prima della Messa i preti e gli inservienti si lava[va]no in tutti i sensi superiori ed inferiori nel modo stesso dei mussulmani, ma per il resto bisognava sortir fuori, e per me che non era pratico era pericoloso sortire di notte, motivo per cui ho scielto di dormire fuori, nel giardino; solamente molti vollero dormire là vicino, e così passò quella notte.

il giardino distribuito ai monaci. [p. 316] Per questa parte ciascheduno dei monaci avendo un pezzo di giardino che se lo coltivano, nel loro pezzo di giardino ciascheduno ha il suo buco coperto e là con tutta libertà fanno i loro affari anche publicamente, e per i piccoli affari dovunque sono, appena si voltano, perché la molestia non gli fastidia molto. Si direbbe quasi che sono tutti nello stato d’innocenza prima che Adamo avesse imparato a nascondersi. L’indomani per me il Cherubino mi ha preparato un vaso ben chiuso nella cripta.

notte passata fuori; In quella notte il povero Cherubino che desiderava confessarsi non dormì affatto per prepararsi, e verso mattina, quando tutti quei monaci, stanchi di faceziare, si trovavano sotto la pressione del sonno più pro- /197/ fundo mi chiamò, Cherubino si confessa; e mi portò in un luogo un poco lontano, come se fosse per accompagnarmi per i miei bisogni, trovò un momento ed un luogo per confessarsi e sgravarsi di tutte le sue miserie di circa due anni, e così aggiustare le sue cose con Dio; dopo di ché mi disse che provava una contentezza straordinaria, come chi sorte da un gran pericolo.

al levare del sole mi chiudo nella cripta per l’orazione. Fatto questo, e prese alcune intelligenze per i nostri affari siamo ritornati al luogo nostro e potemmo dormire tranquilli sino al giorno. Al sortire del sole io mi sono levato, mentre tutti ancora dormivano, e sono andato alla Cripta per fare le mie preghiere da solo, mentre, a mie spese, si stava preparando il caffè e l’aquavita per tutti i monaci [p. 317] io ho detto tutto il mio officio colle Litanie dei Santi, e stava facendo la meditazione chiuso dentro la Cripta, tutti i monaci facevano fuori un bacanale incredibile aspettando il caffè e l’aquavite; allora vennero alcuni a battere la porta, e per forza ho dovuto sortire.

eccellente colazione.
eccellente uva.
eccellenti ostie copte.
eccellente appetito.
Ho trovato un’eccellente collazione preparata, [consistente in] uva tutta fresca, datili, e sopratutto due belle pagnotelle, che noi latini chiamiamo ostie per la Messa. Come la fame non mancava, mi sono mangiato le due pagnotelle, regalo di un vecchio chiamato maestro gerente le veci di Abba Daud, il quale si trovava in Abissinia a predicare la crociata contro Abba Messias, oh quanto quelle due pagnotelle erano buone colla salsa dell’appetito, quanto buona l’uva!

ripetute ovazioni.
mie preoccupazioni sul possibile «crucifige»
I monaci erano fuor di loro, una libbra di caffe, due libbre di zuccaro, e tre bottiglie di aquavite erano state pagate al Procuratore per quella sola mattina. Il Procuratore sapeva già che io aveva promesso di far loro mangiare della carne, epperciò tutta quella gente [era] in festa[:] evviva Signor Bartorelli viva Signor Giorgio! era una continua ovazione, io però nel mio cuore pensava al crucifige che poteva venire. Il certo è che io era diventato l’idolo del giorno.

passeggiata alla montagna;
qualche tracia del mar rosso e del sinai visibile.
Finita la collazione siamo andati tutti alla porteria per la passeggiata alla montagna, per la quale dieci dovevano venire; ci volle una buona mezza ora per discendere uno per uno col torno e colla corda, [p. 318] ma colla pazienza siamo discesi tutti, montammo la montagna, e la prima cosa fu girar l’occhio intorno per scoprire l’orizzonte. Fui stupito di vedere a levante traccie abbastanza chiare del mare rosso; i monaci poi mi assicuravano che quando il tempo era più chiaro si poteva vedere anche qualche piccola tracia del Sinai un poco più verso il nord.

distanza di s.t Antonio dal mare, dal Nilo, e da s. Paolo. Da ciò ho argomentato due cose, primo che la montagna di S.t Antonio si trova più vicina al mar rosso che il Nilo, perché il letto del Nilo non /198/ era visibile, mentre il mare rosso era visibile. In secondo luogo, che il Convento di S.t Antonio si trova a qualche grado nord del tropico. La linea della montagna, dove eravamo, teneva verso il sud un poco inclinato all’ovest. Siamo andati circa un quarto d’ora verso sud sulla costa della montagna, e siamo arrivati ad un basso fondo, dove vi era qualche piccola tracia di vegetazione; mi dicevano che da principio S.t Antonio quasi solo si era fissato là, ed ogni giorno faceva il viaggio alla fontana per la provista dell’aqua; non si stabilì presso la fontana che quando si moltiplicarono i monaci, ed incomminciarono a fare vita comune. Siamo ritornati indietro, e parlando con quei monaci, strada facendo, del Convento di S. Paolo, mi dissero che un buon cameliere sopra un camelo in un giorno poteva arrivarvi, ma che io non essendo accostumato non sarei arrivato; i nostri camelieri non sono accostumati, [asserivano,] e per andarvi bisognava ritornare al villaggio sul Nilo, ed intendersi con quei monaci, e camellieri.

piano del monastero preso dalla montagna;
lunghezza di un lato del recinto.
Arrivati al monastero, prima di discendere, ho voluto vedere dall’alto della montagna la vista ed il piano del monastero medesimo, perché era quello il luogo [p. 319] più bello per prendere la pianta del monastero; sedutomi là col crajone ho preso la pianta di tutta la fabrica, e del giardino, benché non fosse questo il mio mestiere.

Siamo discesi [dal]la montagna, e montati col torno alla porteria, ho voluto misurare un lato del recinto sopra il muro, ed ho contato 160. passi ordinarii di passeggio; discesi quindi al piano interno siamo andati a vedere la fontana, una bell’opera in proporzione di quei paesi, ma fatta dai monaci in un’epoca quando forze vi si trovava minore corruzione. piccola descrizione della wasca e fontana;
osservazioni sull’acqua
Sortiva l’aqua sotto uno strato rossicio, il quale sembrava quasi alla pozzolana di Roma; non si poteva calcolare la quantità d’aqua che sortiva, perché sortiva sparpagliata, ma dalle informazioni prese, la Wasca che serviva di deposito, difficile a calcolarsi perché irregolare, tuttavia era molto grande, perché bastava per irrigare tutto il giardino, e per tutti gli usi di quel monastero in modo, che mai si è veduta vuota; ed anche quando si era molto diminuita, l’indomani si trovava sempre piena; vuoi dire che da una quantità d’aqua ancor più di quella che abbisogna il monastero; l’ho gustata prendendone un poco colla palma della mano, e l’ho trovata fresca ed eccellente, ma avrei voluto vederne il colore in un bicchiere, e Cherubino andò subito a prenderlo, e riempito il bicchiere, era un’aqua chiarissima che non si distingueva dal cristallo. Ho cercato di beverla, ma tutti si opposero dicendo che faceva del male, e mi dissero che il monastero se ne serviva per la cucina, ma che pregiudizii e superstizioni contro l’aqua della fontana. per bere [p. 320] la mettevano in certi vasi grandi, nei quali vi /199/ mettevano una medicina, e poi la lasciavano due o tre giorni, e poi la bevevano; se la bevessero tal quale cosa avverrebbe? [domandai;] allora uno, come volendo parlare in confidenza, mi disse che una persona che ne bevesse molta dopo qualche tempo diventa donna. Allora ricordandomi della spiegazione datami da Cherubino, mi sono posto a ridere, ed ho creduto più prudente lasciare il discorso. Ma il primo momento che ho potuto ho domandato a Cherubino, il quale mi riferì molte storie che si contano, ed attribuiscono questo ad un miracolo di S.t Antonio, fatto affinché i suoi monaci non cercassero piu le donne. medicina per correggere il vizio dell’aqua. Gli ho domandato se poteva farmi vedere quella medicina, e andò subito a prenderne, e sembrava la cenere nostra del dies cinerum; mi aggiunse che si vendeva in Cairo da un famoso fachir, e si comprava da molti come una medicina per eccitare la passione, epperciò ho pensato che sia filtro. Il diavolo per abbassare l’idea della castità nei popoli divenuti indegni di questa virtù angelica, insinua dapertutto simili pregiudizii; molto tempo dopo frà gli abissini e frà i Galla ho veduto in pratica questa verità. Frà gli abissini alcuni giovani bevevano certe medicine per calmare la passione e farsi monaci. Frà i Galla vedendo i nostri giovani casti, e calmi in questo supponevano che noi facevamo uso di cose simili.

osservazioni sulle due fontane di s. Antonio e di s. Paolo. Io poi inclinava molto a pensare che queste due fonti di S.t Antonio, e di S. Paolo fossero più miracolose che altro; una sorgente simile che scaturisce da una secca montagna, in un paese dove non piove affatto, dovendo essere di natura sua una vena che viene da una profundità [p. 321] portata in alto dalla sollevazione della superficie terraquea, anche in questa supposizione lascierebbe desiderare delle montagne all’intorno, e queste sono in una distanza di centinaia di leghe. Comunque sia o non sia miracolo, è certamente una cosa straordinaria, una vera grazia di Dio preparata per rendere questi grandi spazii ancora abitabili, e non affatto deserti. (1c)


(1a) Questo modo di esprimersi nel 1873. l’ho provato due volte nella missione nostra di Gilogov, dove ricevei una denunzia di uno che vi restava per istruirsi, dicendomi che quel tale era una donna; la prima volta ho creduto che mi [avesse] parlato di un’ermafrodito; ma poi venuto una seconda volta, avendomi riferito il fatto, mi sono ricordato di S.t Antonio, e l’ho caciato subito.
Una seconda volta nello stesso luogo sotto il P. Gonzaga un monaco catecumeno fù accusato con simili espresioni, ed il P. Gonzaga già avvertito da me, lo caciò via. Questi scandali arrivano nei paesi cristiani guastati dagli egiziani del vescovo, ma non mi arrivò nei paesi Galla. [Torna al testo ]

(1b) Amba in abissino vuoi dire qualche volta villagio, qualche volta montagna, ma in Arabo pare voglia dire piuttosto altezza, perché si dice anche di un’uomo in dignità ecclesiastica, così si diceva del Patriarca Copto Amba botros, (altezza Pietro). [Torna al testo ]

(1c) Alcuni mi assicurarono che non molto lontano dalla catena della montagna verso levante si trovava una rocca nuda, la quale conteneva anche qualche pezzo di sale. In quel luogo scavando, ad uno certa profondità si trova un poco di aqua salmastra che i bedovini la bevono con pena, e la bevono anche le bestie loro. Ciò proverebbe l’esistenza di un basso suolo marino. Il mare in epoche sconosciute ha dovuto ritirarsi per causa di qualche sollevamento. [Torna al testo ]