/231/

27.
Condizioni
della missione dell’Africa centrale.

la casa contava 15. ragazzi quasi tutti figli illegittimi di cristiani. La casa della missione di Cartum contava una quindecina di giovani tutti ragazzi piccoli dagli otto ai quindeci anni, ed erano la più parte tutti figli di europei generati a destra e [a] sinistra fuori del matrimonio, una gran parte anche orfani. In quel tempo la colonia dei cristiani europei o greci non si distingueva, perché non vi erano altri preti in Kartum che i nostri, ed i Copti. Qualunque eretico orientale, quando non ha preti si unisce ai cattolici, ma [non] si unisce mai ai Copti, perché crederebbe di degradarsi. molti ammalati in famiglia. La famiglia era abbastanza numerosa, epperciò [c’erano] ammalati sempre in quantità. Lo stesso P. Zara Superiore era colle febbri, epperciò quella povera casa era una vera desolazione. Nei due mesi che vi sono rimasto dovetti fare da infermiere, ed anche assistere [i malati] di notte.

P. Rillo morto
[17.6.1848].
Casolani aveva rinunziato
[25.3.1847].
Knobleker partito
[apr. 1850].
don Angelo Vinco rimasto fra i Bari coi mercanti.
Il P. Rillo polacco, che io aveva conosciuto in Roma rettore del collegio di Propaganda, era morto da un’anno, e sepolto nel giardino, dove, sopra la sua tomba, era stata fatta una Cappella. Monsignore Casolani stato consacrato in Roma con me se ne era ritornato a Malta già da tre anni, ed aveva rinunziato al Vicariato. Il P. Ignazio Knobleker allievo di Propaganda era partito per Vienna, e presentava nuovi piani di missione. Il P. Angelo Vinco, altro [p. 368] allievo di Propaganda si trovava al flume bianco rimasto frà i Bari con alcuni negozianti, coi quali aveva fatto contratti di commercio.

i padri gesuiti avevano rinunziato alla missione
[ritiro: 30.1.1852].
La compagnia di Gesù vedendo tutto questo disordine di cose aveva rinunziato alla missione dell’Africa centrale, ed i due Padri Pedemonti e Zara non aspettavano altro che l’arrivo di altri missionarii per partirsene, anche essi molti disgustati. Da ciò si capiscono le lettere scritte a me dalla S. C. di Propaganda, ricevute in Aden, delle quali ho già parlato a suo tempo. I due Propagandisti non ubbidivano più ai Padri Gesuiti.

/232/ deplorabile stato della missione;
io ho scritto tutto a Roma
[9.10.1851; 12.11.1851];
ho ringraziato Dio d’aver rinunziato.
La povera missione dell’Africa centrale si trovava in questo deplorabile stato quando io sono arrivato a Kartum. Non parlo dell’interno della casa, una vera babilonia. Vedendo così io ho scritto ogni cosa a Roma alla S. C. di Propaganda, la quale in Roma mi aveva proposto di unire quella missione a quella dei Galla, cosa che io aveva rinunziato. Ma mentre io mi trovava in Kartum, Don Ignazio Knobleker da Vienna era già venuto a Roma. Come si era inteso col governo austriaco, da cui aveva ricevuto molte somme per una nuova organizzazione, ed aveva radunato missionarii tedeschi in gran numero, fu fatto Pro Vicario Apostolico, e lettere venute recentemente [ci] avvertivano di tutto.

Ho ringraziato Iddio di aver rinunziato, perché altrimenti io non avrei potuto fare altro che complicare di più [la situazione], non potendo rimanere in Kartum senza rinunziare alla missione dei Galla, [p. 369] dove già si trovavano i [miei] missionarii, e nel caso di rinunziarvi, la speranza di far del bene in Sennar era molto lontana, sia per la difficoltà del clima, sia per i cattivi elementi che si trovavano in quel povero Kartum centro naturale di tutte le operazioni, posizione igienica sfavorevole di Cartum. città mal situata per tutti i rapporti dell’igiene. Tutto il Sudan ed il Sennaar è paese naturalmente soggetto alle febbri di carattere bilioso, facilissime a passare in tifo. Kartum poi è davvero il sito [il] più saturo di questo pessimo miasma. [iniziata: 1822;
capitale: 1830]
Mahumed Aly fabbricando questa città non ha calcolato altro che la sua posizione sul confluente dei due fiumi azzurro e bianco, perché luogo che si prestava per il commercio, sia col Cairo, sia più [in] alto coll’interno dell’Africa; ma appunto perché sul confluente era naturalmente il luogo il più insalubre.

lo sbaglio fu fatto da principio. La missione poi nel suo principio è stata mal organizzata dal P. Rillo, uomo sommo nel suo genere, ma non fatto per simili operazioni. Fu egli che domandò per Vicario Ap.o M.r Casolani, altra persona, la quale non era fatta per simile impresa, e persona difficile a combinarsi con lui. Quindi invece di armarsi di buoni soggetti tutti Gesuiti, i soli che avrebbero potuto condurre avanti una sì difficile operazione, si aggiunsero subito da principio due allievi di Propaganda[:] Ignazio Knobleker, ed Angelo Vinco, due persone, che ben guidate, ed in una già organizzata missione sarebbero stati eccellenti. Invece subito da principio [vi] si sfasciò questa povera famiglia.

la colonia dominò la missione invece di essere dominata. Se la missione affidata da principio ai soli Padri Gesuiti, fosse arrivata la ben organizzata, avrebbe dominato la colonia europea, invece questa accortasi della divisione [p. 370] che regnava, accaparrando or gli uni or gli altri, finì per sciogliergli affatto e dominare essa la missione stessa. I poveri Padri della Missione colà superstiti si trovavano ridotti ad /233/ occuparsi dell’educazione dei figli naturali ed illegittimi, senza neanche poterli dominare. Al mio arrivo mi faceva compassione vedendo nessun dei Cristiani [a] venire [alla chiesa]; quei pochi ragazzi sortiti dalla cloaca di Kartum, educati da donne più mussulmane che cristiane, epperciò con tutte le abitudini colle quali sono venuti, neanche si potevano coreggere.

Come già dissi, io frequentava il Pascià, e questi mi visitava trattando con me coi più gran riguardo; ebbene una persona, che pareva così ben educata, prepotenza del governatore. un bel giorno ne fece una così grossa che stimo bene riferirla per far conoscere fin dove arrivava allora il dispotismo [dei] mussulmani. Uno schiavo che era come domestico di casa sua fu accusato dai suoi compagni di essersi trovato con una delle schiave riservate. Di notte e con gran secreto furono presi tutti [e] due, legati insieme e gettati nel fiume. Come era cosa segreta, io non l’avrei creduto se quelli medesimi che hanno eseguito gli ordini non l’avessero detto.

ritorno del console;
suo invito.
Un’altro fatto caratteristico per far conoscere la colonia europea di Kartum. Ho già detto sopra che [io] aveva trovato il Console Austriaco in Scendy prima di arrivate a Kartum, e che giudicandomi dall’esterno, dopo avermi invitato, non fece molto caso di me. Dopo 15. giorni circa essendo ritornato dal suo viaggio, sente le maniere cortesi colle quali fui ricevuto dal Pascià, e probabilissimamente avendo veduto [p. 371] certe lettere del governo e di altri che mi raccomandavano, ha voluto riparare un tantino al torto fattomi precedentemente con fare un grande invito a mio riguardo di tutta la colonia europea.

grande sbaglio fatto da principio al fiume bianco dalla missione. L’anno precedente, contro le proibizioni del governatore, questo stesso Console, aveva fatto una società di mercanti europei e greci per il fiume bianco, nella quale Don Angelo Vinco, come privato aveva fatto parte obligandosi verso la società di passare l’anno al Fiume bianco per raccogliere avorio. Questa società doveva considerarsi [degenere] sotto [un] triplice aspetto. 1. Aspetto religioso, perché un missionario non doveva introdursi frà quei pagani come semplice mercante, cosa che poi in seguito rovinò tutto l’esito dl quella missione nella parte apostolica al fiume bianco. 2. Come cosa politica, perché l’Austria aveva delle idee di fare una colonia Austriaca nell’Africa centrale, cosa che adombrò la diplomazia delle altre potenze europee. 3. Il governo egiziano da molti anni aveva fundato una società, nella quale [i componenti] entrarono coi loro capitali, ed il governo entrava colle spese di spedizione militare per la diffesa dei mercanti, e dei loro capitali.

Naturalmente i missionarii gesuiti non, vollero entrare in questo affare troppo complicato, e vi entrarono solo Don Ignazio Knobleker, e Don /234/ Angelo Vinco sotto certe condizioni molto sospette al governo egiziano. Condizioni, per le quali Don Ignazio Knobleker è partito per Vienna, come già si è detto. gran divisione nella colonia, gran divisione anche col governo In seguito a tutto questo [p. 372] una terribile divisione si era fatta nella colonia europea, e quindi nella missione stessa, come è chiaro, divisione che fù poi causa della rinunzia dei Padri Gesuiti, e della rovina della missione. Rovina sopratutto sul fiume bianco, dove la missione essendosi incarnata coi commercianti si rese anche essa risponsabile dei gravissi[mi] scandali dati dai medesimi in quelle parti.

il console non conoscendomi mi temeva;
cercò [di] accaparrarmi;
via di mezzo tenuta.
Il console austriaco non conoscendo affatto la mia posizione ne di missionario, ne tanto meno di Vescovo, che io per altri motivi particolari continuava sempre a tenere gelosamente nascosta al publico, credendomi piuttosto un’inviato secreto del governo, oppure della Francia, aveva fatto l’invito suddetto col fine di tirarmi al suo partito. Molti della coloma cristia[na] [cristiana], i quali non volevano entrare e non volevano saperne di tutti gli impegni del Console, cercavano di allontanare me ed anche i missionarii, coi quali io conviveva, a non acettare questo invito, ma osservando meglio che il non acettare sarebbe stato per me come un dichiararmi troppo apertamente per un partito, e bramando piuttosto [di] tenermi neutrale ho acettato con alcune riserve, e dietro il mio esempio acettò anche il P. Pedemonte mio confessore, e l’unico che mi conosceva, e ciò unicamente per spirito di conciliazione, a cui io mi trovava come in dovere di attenermi per non allarmare di più i partiti; così tanto io che il P. Pedemonti, ed il Signor Fatalla Mardrus ci siamo tenuti in tutta la riserva che domandava lo spirito di conciliazione che voleva la circostanza.

Il trattamento fù il più generoso che si potesse aspettare in Kartum, benché grossolano ed anche ridicolo in molte cose. Il Console era protestante, ma officialmente protettore della missione cattolica di Kartum; molti degli invitati erano mussulmani, ed anche molti greci o armeni scismatici. descrizione del gran pranzo fatto Vi fù un vitello tutto intiero arrostito nel forno [p. 373] quale dopo essere stato portato in solenne processione con certe ceremonie mussulmane, alla quale io, col P. Pedemonte non ci siamo trovati, il Console avrebbe desiderato, che si benedisse solennemente, ma il P. Pedemonte vecchio gesuita nobilmente se ne dispensò. Siamo rimasti un buon poco, e poi io come mezzo ammalato, consigliato dal Dottore Penné mio medico curante, mi sono ritirato col P. Pedemonte, e il baccano [continuò] tutta la santa notte.

fine disgraziato di questo console
[1853].
Per non ritornare alla persona di questo Console Austriaco, di cui oggi ho perduto persino il nome, dopo circa due anni, mentre io mi trovava /235/ in Gudrù, venne in Abissinia in seguito a certe istruzioni del suo governo che io ignoro, e restò in Gondar circa tre mesi, pendenti i quali mandò un corriere a me con lettera molto cortese, facendomi pervenire alcuni oggetti che io aveva lasciato a Kartum, mandatimi da D. Ignazio Knobleker. Un suo servo venuto come corriere a me spargeva in casa della missione delle notizie di certi scandali dati da questo uomo in Gondar, scandali mai sentiti in Abissinia, in poche parole, [aveva bandito] una specie di concorso publico dato a tutte le donne publiche di Gondar a chi avrebbe vinto in turpitudine... Questo povero console, divenuto senza saperlo, il disprezzo e la favola di tutta l’Abissinia, ritornando fù preso dalla febbre in Doka, dove morì, e dove ho veduto il suo sepolcro più di 25. anni dopo, così vanno le cose dei poveri mondani, ed increduli.

il governo austriaco ingannato;
rovinò i missionarii e la missione.
Questi seppe così bene giuocare il suo governo sul piano di una colonia nell’Africa centrale, che gli fece spendere dei milioni in una utopia impossibile. Questo sarebbe ancor poco[:] creò il progetto di levare i Gesuiti dall’Africa centrale per mettervi in luogo [loro] lo stabilimento di Don Ignazio Knobleker; rovinò questo povero missionario, [p. 374] ed il suo compagno Angelo Vinco, e quello che è più rovinò per sempre la missione del fiume bianco, missione che ben guidata da uomini capace avrebbe aperto il passo all’equatore, ed aggiunto un’aureola di lustro temporale all’apostolato odierno, cosa tanto vaghegiata dal pazzo mondo, con aprire un vasto campo all’opera nostra.

il nuovo provicario Knobleker arriva in Egitto con otto missionarii
[set. 1851];
Venne intanto la notizia che D. Ignazio Knobleker con otto missionarii austriaci erano arrivati in Egitto, ove avevano comprato una barca di ferro, la quale era stata intitolata La stella matutina, e si stava preparando la partenza per Kartum. I due Padri missionarli gesuiti, i quali non aspettavano altro che il loro arrivo per sortire da quello stato di violenza in cui erano, furono fuori di loro per la contentezza, e la colonia cristiana di Kartum, con alla testa il Console incomminciava [a] parlare di grandi feste da farsi all’arrivo del nuovo Provicario Apostolico.

arriva il momento di partire per me. Io certamente non amava di trovarmi presente a questa trasformazione della missione, tanto più che sarebbe stato difficile per me mantenere il mio incognito al loro arrivo. Pensai quindi alla partenza per Fasuglu; ne ho parlato al Governatore, il quale mi fece molte raccomandazioni presso le autorità tanto civili che militari. Ho preso da lui il denaro sufficiente per il mio viaggio, e mi stava disponendo a partire. Fatalla Mardrus antico mio amico di Cairo, come già ho notato, stava preparando lettere e regali da consegnarmi nella partenza, destinati a Monsignore Massaja suo grande amico, come mi diceva, ed una mattina sul /236/ fare del giorno venne da me per un certo affare, di cui parlerò poi dopo; la mattina mentre dico la Messa Fatalla arriva e mi conosce. io prima di celebrare la Santa Messa soleva chiudere sempre la porta della stanza, [p. 375] e lo stesso P. Pedemonte, l’unico che conosceva il mistero, quando non veniva prima non poteva entrare; quella mattina ho dimenticato di farlo, ed il caro Mardrus entrò proprio nel momento in cui io celebrava. Lascio considerare lo stupore di questo uomo nel vedermi celebrare dopo due mesi dacché ci conoscevamo, ed eravamo sempre insieme; ma la storia non finisce qui, sia il modo di celebrare, sia non so che altro fù allora appunto che mi conobbe, e la Messa non era ancora finita [che egli] diede in uno scoppio di pianto, che non poco mi disturbò. Terminata la Messa si mette[va] ai miei piedi, e non mi lasciava più. Dovetti subito imporgli silenzio, e mi volle tutto per aquietarlo. Fatalla aveva passato la notte a scrivermi lettere, e sorvegliare un professore. Il poveretto aveva passata la notte in gran parte per scrivere lettere, e nel tempo stesso a sorvegliare certi disordini dei giovani, segnatamente un professore di arabo che abusava dei medesimi, cosa di cui si dubitava già in famiglia.

Io doveva partire l’indomani, e fù appunto [in] quel giorno che il delitto del professore fù conosciuto da lui. Uno dei motivi per cui era venuto da me in tempo della Messa era appunto per consigliarsi a questo riguardo, per sapere se sarebbe stato meglio tacere oppure parlare. L’inconveniente era troppo grave per passarvi sopra, tanto più che il professore era stato preso in fragrante. un brutto giudizio ho dovuto assistere. Fu chiamato il ragazzo in presenza del P. Pedemonte, e mia: Mardrus molto sperimentato in queste miserie d’oriente gli domandò chi era quello che stava con lui, e cosa faceva, ed il ragazzo con tutta ingenuità e senza timore, anzi facendosi una gloria per essere stato scielto lui a preferenza d’altro compagno [p. 376] confessò ogni cosa, e poi Mardrus che sapeva prenderlo gli fece confessare ciò che si faceva dagli altri compagni, e via dicendo. Dopo si chiamò il maestro e fù congedato; allora [costui] si risentì lagnandosi come se per forza volessero farlo prete, e se ne andò a lagnarsi dai genitori stessi dei ragazzi. I padri essendo cristiani diedero poco importanza a questo, e cercarono di fargli fare la pace, ma le madri, per lo più schiave si lagnarono altamente, perché si proibisse[ro] simili cose, comunissime a tutti.