/302/

35.
Ritorno a Ifagh.
Rigoroso digiuno abissino.

Abbraciati caramente questi due, e benedettili, nel ritornare ho detto loro che il figlio di Maquonen sarebbe venuto una volta a portare i miei saluti e benedizione prima di partire per il Gogiam. Partiti che furono i due restammo soli col mio compagno di viaggio, ed allora egli subito incomminciò [p. 469] a dirmi mille cose, alle quali non aveva più energia per rispondere; caro mio, guarda di trovare un luogo da poter riposare un momento, e poi parlerai; perché io [non] ne posso più.

non potendo più r[e]ggermi abbiamo dormito un’ora sotto un’albero. Siamo andati sotto un’albero, ed appena seduto mi addormentai; egli pure seduto vicino a me cadeva dal sonno. Abbiamo dormito forze un’ora, ed appena mi vidde alzato, mi cadde ai piedi colle lacrime dirotte, a[h] caro Padre, mi permetta che lo chiami Padre, oggi incommincio a vivere e conoscere di vivere, Ella è che mi ha generato. Ma come potrò io separarmi da Lei? io sarò perduto il giorno che sarò separato da Lei. timori esaggerati di questo giovane; Fino a tanto che io sto vicino a Lei sto tranquillo, ma appena sono un poco lontano subito il diavolo mi assalisce così forte, che se non corro subito [d]a Lei io sono vinto: ma come sei vinto? [domando; il giovane prosegue:] mi assalisce la tentazione così fortemente, che mi trovo..., e non osando parlare, si mette a piangere,... [Gli replico:] ho capito, caro mio; vuoi dire con ciò che sei vinto? no no, caro; ma sì, [ribatte,] Ella no[n] ha capito. [Io concludo:] Sì ho capito la tentazione è così forte che si sfoga da se; ho capito, ed appunto perché ho capito ti dico che no.

Figlio mio, sai tu cosa è il peccato? è una rivolta a Dio con piena volontà, me se la tua volontà è contraria, quello che accade è il diavolo, che lo fa non sei tu. Al più tu sei stato la causa per il passato con aver abusato molto, ma questo dal momento che sei pentito, e che Iddio te l’ha perdonato, è un’affare finito.

mi domanda un consiglio. [Il giovane riprende:] Prima di continuare il viaggio mi permetta di domandarle un consiglio; che sarebbe? [domando;] non so se sia una /303/ tentazione[:] qualche volta mi viene l’idea di tagliare questo affare, ma non ho voluto farlo senza parlare a Lei. ragionamento contro la mutilazione di se stesso. [Lo ragiono cosi:] Ma cosa dici? E una gran tentazione del diavolo, e per persuaderti basta riflettere ad una cosa: sei forze tu che hai creato [p. 470] questo membro? certamente no; dunque non è tuo, e tu non sei il padrone, tu sei obligato a regolarlo. Saresti tu padrone di tagliarti una gamba o un piede? no, caro mio, noi non siamo padroni di questa parte del nostro corpo, e non possiamo disporne. Iddio ha creato questo per i suoi fini altissimi, cioè per la generazione in chi è chiamato da Dio al matrimonio, e non l’ha creato per il [per il] piacere solo. Per questa ragione il buon cristiano fino a tanto che non è maritato, rispetta questo come una cosa di Dio, e non osa neanche guardarlo o toccarla senza una grave causa, e qualunque cosa che si facia fuori del vero matrimonio, per unico piacere, è sempre un gran peccato, quando si fa con volontà deliberata. Tu hai abusato molto di questo, ed oggi si trova in uno stato di irritazione, motivo per cui sei afflitto; ecco perciò il vero mio consiglio, prendi questa tribulazione in penitenza dei tuoi peccati passati, ma fatti coragio e sii sicuro che per qualche tempo ti costerà molta pena per vincere, ma poi poco per volta si calmerà. Nel caso consigliati col tuo Padre [e] prendi moglie, ma bada bene, moglie non secondo l’uso del paese, ma vera moglie sino alla morte, perché avanti [a] Dio questa è l’unica vera moglie. Non parlar dunque più di questo.

in Abissinia domina questo pregiudizio;
falsa idea della castità.
Io espongo questo caso minutamente, perché in Abissinia domina un poco questo pregiudizio. Io ne ho conosciuto molti che sono arrivati a questo eccesso: basti dire che in casa mia ne aveva due, un vecchio che si tagliò molti anni prima, ed un giovane che si tagliò in casa mia senza consultarmi. Sono appena oggi cinque anni, e toccò a me guarirlo. La ragione è che l’abissino ha un’idea [p. 471] della castità, attaccata a certe forme esterne, direi quasi sacramentale, ma [non] un’idea morale, motivo per cui calcola come eguale il rispetto di un casto eunuco, e di un’altro casto per vera virtù. L’atto interno in Abissinia è niente affatto calcolato. Questa è la ragione per cui al giovane in questione ho dovuto stancarmi per fargli conoscere [che] la polluzione avvenuta dopo una resistenza non è colpevole, anzi potrebbe essere meritoria nella sua resistenza. Da qui nasce che un’abissinese avrà scrupolo d’esser andato alla Chiesa, dopo di avere coabitato carnalmente con una donna per l’immondezza, e non per la sua immoralità se è concubina.

Ritornando al nostro giovane compagno di viaggio: io credeva d’averlo abbastanza ragionato sui caso fattomi; invece strada facendo ritorna alla questione: egli non conosceva la lingua sacra, la s. scrittura in lingua volgare può essere scandalo ai semplici. ma dopo che il paese è /304/ stato riempito di bibbie volgari dei nostri protestanti ha letto il sunt eunuchi [qui] seipsos castraverunt, e con ciò credeva di non esser fuori di strada, e confermava ancora il suo pregiudizio con altro testo[:] si oculus tuos... si pes tuus scandalizat te abscide eum, letto nelle medesime bibbie. Così mi fatigò non poco per ragionarlo, tanto più che questa gente ha bisogno di ragioni ad manus, e non basta per loro dire che nostro Signore intendeva con ciò la fuga delle occasioni la privazione dei piaceri della carne. Caro mio, dissi, se tu tagli una volta [il membro], è un sacrifizio di un sol giorno, mentre lasciando queste parti e rinunziando ai piaceri è un martirio di tutti i giorni; così è la fuga delle occasioni intesa da nostro Signore col secondo testo.

arrivo in Iffagh;
notizie di prossima guerra;
consiglio di partenza.
[p. 472] Arrivati in Iffagh trovo che le notizie della guerra erano sempre più vive e positive: In Abissinia il movimento dei soldati è cattivo per i forestieri e viaggiatori, perché i soldati in movimento di guerra sono ancora meno disciplinati. Senza di questo bastava per me partire nel mese di Settembre, perche non si fà la guerra che dopo il Maschal (la croce) abissinese, la quale è dopo i 25. del nostro Settembre, ma il movimento dei soldati incommincia sempre due settimane prima; epperciò io aveva bisogno di partire subito dopo l’Assunta abissinese, cioè una settimana dopo la nostra, cioe il 22. [del] nostro Settembre per avere almeno una quindicina di giorni tranquilli per arrivare all’estremità sud del Gogiam; dove contava [di] arrivare.

corrieri ai padri Giusto e Cesare; Ho dovuto perciò prendere le mie misure per tempo, mandando un corriere a Betlemme al Padre Giusto, ed un’altro al Gogiam al P. Cesare, affinché fossero informati del mio movimento, per ogni caso di bisogno.

digiuno dell’Assunta. L’indomani del nostro arrivo in Jifagh era il primo di Agosto abissino, primo giorno del digiuno detto Felsità, digiuno molto rigoroso considerato dagli abissinesi come una specie di ritiro; cioè tempo di salmodie, o letture di certi libri loro proprii, fatte in Chiesa dalla casta dei Preti. I Preti perciò erano occupati e si vedevano poco, cosa molto favorevole a me.

stupori sul cangiamento del giovane figlio di Maquonen. [p. 473] Il giovane figlio di Maquonen aveva cangiato affatto sistema: prima era conosciuto come un girovago, sempre in cerca di donne e di divertimenti, era tutto concentrato e non sortiva più di casa affatto; furono tutti stupiti di questo cangiamento. La madre venne a trovarmi e mi domandò se questo cangiamento era una malinconia, io risposi di no, ma che solamente io l’aveva consigliato a tenersi un poco più ritirato, e non sciuppare la sua gioventù inutilmente con ogni specie di don- /305/ ne facendogli riflettere che in questo modo [non] sarebbe mai più stato uomo e buon padre di, famiglia. Quando questo giovane si sarà riposato un poco dal vizii passati, e [avrà] riaquistato una poco di tranquillità toccava al padre ed alla madre cercargli una brava giovane e maritarlo.

la madre del giovane sudetto;
esso mi domanda consiglio.
Io aveva tanto [af]faticato per questo, disse la buona madre, ma nulla ho ottenuto. Ella fu più felice di me, e la ringrazio molto: nei nostri paesi non si trovano questi consigli, gli stessi preti non ne sono capaci, anzi molti consigliano il male. Appena sortita la madre rientrò egli, e mi domandava come doveva regolarsi quando il suo Padre l’avesse mandato in città per qualche cosa; bisogna subito andare, risposi; va bene, [riprese,] ma Ella non sa che io ho delle conoscenze da tutte le parti, ed appena sorto mi vengono appresso come i cani, e ciò per me è una gran tentazione; cosa farci? [Continuai io:] vuoi restare sempre in casa? quando sortirai, e troverai [p. 474] qualcheduna di queste antiche tue conoscenze, non fermarti, un saluto secco e grave, ecco tutto; finalmente poi non è [il] tuo onore lasciarti dominare da tutte queste persone di piazza.

difficoltà da lui opposte;
vittoria gloriosa.
Ella ha ragione, disse, ma non conosce la mia debolezza: in presenza di simile persone, subito la passione mi prende e divento pazzo. Sì, anticamente era così, [soggiunsi,] ma oggi non sarà più così, perché anticamente tu eri uno schiavo del diavolo, oggi sei servo di Dio, e spero che Iddio ed il tuo angelo custode sono con te; quando anderai in città il tuo cuore sia unito a Dio ed al tuo angelo custode, e spera in Dio. Appena finito questo discorso, viene un’ordine del Padre che lo chiama all’uffizio; partì tremando, ed eseguito quello che ordinava il suo genitore se ne ritornò tutto contento raccontandomi la storia: Sortito di qui un poco lontano ho veduto una giovane che correva per venirmi all’incontro, e tremai un momento, ma poi il mio angelo mi diceva al cuore[:] fatti coraggio, e son passato avanti, ma essa mi seguiva, ed io non l’ho guardata in facia, e sono arrivato al mio destino; mi aspettò al ritorno ed ho fatto lo stesso, allora essa offesa se ne andò.

la crisi di questo giovane mi fece pensare ad un nobile avvocato fatto cappuccino. Quando questo giovinastro pochi giorni prima tutto del gran mondo, con tanta semplicità mi raccontava questa sua fresca storia io mi sono ricordato di un’altra storia avvenuta or 55. anni sono, quando un nobile avvocato [Filippo Nuvoli] lasciata ogni speranza di grandi carriere del mondo, si fece cappuccino [col nome di Francesco da Torino], e dopo due mesi di noviziato si disputava con un’altro [p. 475] suo compagno per una piccola imaginetta di quelle che si comprano [a] cento per un soldo. Alcuni a prima vista presero tale disputa come un segno di dub- /306/ bia vocazione, mentre altri uomini gravi vi hanno veduto dentro un gran segnale di perfetta vocazione, perché un’uomo assuefatto a grandi passioni esternare questa piccola passione fu segnale invece della crisi fatta. L’esito comprovò la verità, perché il novizio fu in seguito gran Lettore, gran Predicatore, morto a Trieste mentre predicava la Quaresima con grande eclatto. Il fatto del mio giovinastro convertito recentemente, in altro genere, e con altre proporzioni è un poco simile.

descrizione del digiuno abissino. Eravamo, come dissi, nel digiuno dell’Assunta, e debbo dirne due parole. Questo digiuno di 15. giorni, comune a quasi tutto l’oriente, in Abissinia è molto rigoroso, avuto riguardo ai pochi mezzi che vi sono in paese per lo stretto magro, benché in Iffagh si trovasse il pesce in grande abbundanza per la vicinanza del lago Tsana, cosa che non si trova in tutto il resto dell’Abissinia. La povertà del paese, e la mancanza pressoché totale dell’olio in molti paesi, fa che il digiuno in Abissinia è quasi insopportabile per una persona europea, perché si riduce ad un poco di cattivo pane. Del resto è vero digiuno canonico, molto rallentato fra i latini dalle continue dispense che la Chiesa è obligata a dare, per evitare i peccati, e non accostumare i popoli alla trasgressione, a misura che la fede si indebolisce. in oriente il nostro digiuno è di scandalo. L’oriente per lo più quasi nullo nella coltura del cuore, e della moralità interna, ma sempre fanatico osservatore di tutte le forme esterne [p. 476] del cristianesimo, ha conservato più di noi latini la forma esterna anche del digiuno, benché poi abbia quasi nessuna idea della mortificazione evangelica in tutto il resto, e sia caduta quasi a livello dei mussulmani nel culto della vita sensuale; e per questa ragione [la popolazione] resta molto scandalizzata dai missionarii latini, quando si servono delle dispense.

Nell’oriente il digiuno serve di scudo al diavolo nella guerra che fa contro la Chiesa cattolica, sollevando il suo orgoglio per [s]trascinare i cristiani al scisma. In Abissinia poi questo pendìo divenuto eccessivo diventa quasi insormontabile per il povero missionario cattolico. quantità dei digiuni in Abissinia. In Abissinia, oltre le difficoltà anzi dette per la povertà del paese, che rende quasi impossibile il digiuno ad un’europeo, aggiunge poi al di là dell’Oriente una quantità quasi incalcolabile di digiuni. Oltre al mercordì e Venerdì di tutto l’anno che hanno anche gli orientali, oltre la quaresima di Pasqua, ed i quindeci giorni dell’Assunta propria ai suddetti; gli abissini hanno la quaresima dell’Avvento di 40. giorni, e quella degli apostoli poco presso anche di 40. giorni di soprapiù; quindi aggiungono dieci giorni alla quaresima di Pasqua, la quale per gli Abissini è di 55. giorni; vi sono di più tre giorni del digiuno di Ninive quindeci giorni prima della Quaresima di Pasqua.

/307/ il digiuno fra i popoli galla. La missione Galla essendo di rito latino stricte non sarebbe obligata al digiuno abissinese, sua siccome nella maggior parte dei paesi Galla avvi una certa promiscuità di abissini, portata, parte dalle numerose emigrazioni dall’Abissinia ai paesi Galla, e parte anche dalle conquiste [p. 477] [conquiste], le quali si moltiplicano ogni dì più verso il Sud, han fatto in modo che ha prevalso l’idea del digiuno abissino anche presso di noi; e ci troviamo obligati ad osservarlo in molti luoghi per il pericolo di scandalo dei pusilli, misto di farisaico.

la facoltà di dispensare poco conosciuta in oriente. La facoltà di dispensare innata nella Chiesa, perché il digiuno è pura legge ecclesiastica nelle sue forme esterne, è molto poco conosciuta in Abissinia, come è poco conosciuta in Oriente, forze anche frà i cattolici orientali, quidquid dicant et quaerant aliter probare multi ex ipsis, epperciò ci obliga ad usar prudenza per non dare un’arma ai nemici che amano sofisticare contro il cattolicismo, frà gli eretici, e contro l’invasione latina, anche frà i cattolici, malattia questa molto comune in Abissinia, ed anche in oriente, dove il rito soccorre il scisma, e questo si prevale molto dell’arma del rito, come devono conoscere tutti coloro che hanno studiato l’oriente, sempre cattolico, e sempre scismatico quando gli occorre, perché nella sostanza [è] debole nella fede.

sforzi da me fatti per farla conoscere in Abissinia e fra i galla. Io Fr. Guglielmo Massaja ho travagliato molto per far conoscere la facoltà esistente nella Chiesa di dispensare in materia di digiuno. Verità disciplinare molto collegata colla fede; verità che dipende dal persuadersi che il digiuno nelle sue forme, è cosa tutta di diritto ecclesiastico; persuasione molto difficile ad ottenersi in paesi mancanti d’istruzione fondamentale, come è l’Abissinia, la quale è guidata molto dal prestigio orientale, non solo Copto, ma anche Greco. Mi sono sacrificato, e sono arrivato al punto di osservare scrupolosissimamente tutti i digiuni abissinesi, e ciò unicamente per poter introdurre la massima della dispensa ecclesiastica, della quale mi serviva con tutta facilità per gli altri, e mai per me, anche [quando ero] ammalato [p. 478] affinche non si potesse dire che io dispensava per essere dispensato io; ebbene, dopo tutto questo, se abbia ottenuto o non abbia ottenuto il mio scopo, non posso dirlo. Ma lasciamo da una parte il digiuno, e passiamo alla festa dell’Assunta.

notizie sul digiuno, e sulla festa dell’Assunta Ho detto festa dell’Assunta per servirmi dell’espressione latina; ma gli abissini la chiamano con diverso nome. Stricte in senso abissino si direbbe Felsità, nome anche conosciuto in alcuni paesi d’Oriente, ma d’ordinario il popolo abissino, massime al Sud sotto nome di Felsità s’intendono i 15. giorni di digiuno precedente, ed il giorno propriò della Festa lo chiamano Kidana Marat, nome che danno al giorno 16. /308/ d’ogni mese, in cui si celebra la rinovazione di questa festa. Più comunemente ancora sogliono chiamarla Felsità Fassika (Pasqua del digiuno Felsità), perché tutti i giorni nei quali cessa un lungo digiuno sogliono chiamarlo Fassika (pasqua) per analogia. Fatto poi più certo è che il popolo basso, anzi tutto [non] parla mai della festa dell’assunta della Madonna, benche in origine lo supponga e la veneri molto, perché di tutto il digiuno precedente fanno come una festa.

come la pensano gli abissini sopra la morte e assunzione della Madonna. L’Abissinia è ignorante in tutto, ma principalmente circa la Madonna. Suppongono la Madonna morta il 21. di Gennajo, e ne fanno la festa detta Astoriò, nome venuto dall’arabo, o dal Copto che significa morte; di questa festa, come quella dell’Assunta ne fanno la ripetizione tutti i mesi nel 21. di ciaschedun mese. Vorrebbe dire adunque che gli Abissini suppongono la Madonna morta il 21. Gennajo, e poi assunta il 16. Agosto, benché poi [p. 479] questo dottrinale [non] si senta mai dalla bocca ne del popolo, [n]e dei dotti.

Come si avvicinava il tempo della partenza conveniva prendere per tempo le debite misure. Il giovane figlio di Maquonen mi tormentava di venire con me sino al Gogiam onde allontanarsi un poco da Iffagh, dove [le] sue antiche conoscenze molto lo molestavano, ed erano causa di tentazioni per lui. Per altra parte, quando abbiamo fatto la pace col capo di tutte le dogane del regno, egli si era obligato a darmi una persona fida che mi accompagnasse per assicurarmi da tutte le ulteriori molestie, [ed io] avrei volontieri scielto questo giovane a tale effetto. lettera al Nagadaras portata dal figlio di Maquonen;
sua risposta che destina questo giovane come porta parola.
il giovane è sotto i miei ordini.
va ai Zella[n].
viene Melak con suo fratello;
battesimo di questo.
Ho fatto una lettera al capo delle dogane suddetto, nella quale gli ricordava la promessa, e lo pregava di delegarmi questo giovane: prendi, dissi, e d’accordo col tuo Padre porterai questa lettera al Padrone. Montato sul mulo, andò della giornata stessa e l’indomani venne con lettera diretta a tutti i doganieri, nella quale il giovane era qualificato come suo inviato e portatore di parola. Fu per lui un gran trionfo, e così si mise da quel giorno al mio servizio. L’indomani l’ho mandato ai Zellan per visitare Melak, e tutta quella famiglia di proseliti, e portargli la mia benedizione. Ritornò l’indomani accompagnato da Melak e da suo fratello, venuti per fare la loro confessione, promettendo al Padre di ritornare subito. Melak, avendomi perorato per il battesimo del suo fratello, e vedendo la loro perseveranza e fervore l’ho contentato; finirono ogni cosa, e senza visitare la città di Iffagh ripartirono subito.

la mattina dell’Assunta ho assistito alla messa;
la parte liturgica non cangia nelle solennità
[p. 480] La mattina dell’Assunta, ho voluto assistere alla funzione in una delle Chiese principali d’Iffagh; la parte liturgica della funzione è quasi sempre la medesima, anche nelle grandi solennità, perché la Messa si celebra in cinque, e mai più di cinque. Anche nelle grandi città il /309/ sacerdote è per lo più il più ignorante, e sa appena leggere alcune messe di uso senza capirle; io ho sentito allora [per] la prima volta [a] cantare dal sacerdote certi pezzi di rubrica, come testo liturgico: benché allora non potessi ben capire ancora; tutta la Messa abissina [non] ha nessuna parte secreta, ma tutto è cantato più o meno bene secondo la maggior capacità o minore del sacerdote, o sacerdoti, perché stricte, la Messa domanda due sacerdoti, il celebrante [che] si dice prete, e l’assistente [che] si dice il sotto prete; [mentre] tutti gli altri possono essere diaconi.

il cangiamento sta solo [nel] canto dei deftari. Se nelle solennità esiste qualche variazione di lusso ecclesiastico non è nella parte liturgica dentro il Santuario, ma nel ceto dei Deftari, o dottori, i quali sono laïci, per lo più un poco più dotti; questi sono per lo più cantori fuori del Santuario; nelle grandi Chiese ce ne sono anche centinaja, i quali servono per turnum lungo [il corso] dell’anno, divisi in proporzione secondo il diverso titolo che hanno; tutti questi poi nelle grandi solennità devono trovarsi, per cantare certi pezzi classici, o per recitare certe poesie.

in quale scienza consiste la dottrina de[i] dotti. Ho detto che questa classe detta dei Deftari, o Dottori, è la classe dei dotti, s’intende dotti a modo abissino, perché in Abissinia tutta la scienza consiste nel conoscere un poco la lingua sacra, la bibbia, ed una spiegazione tradizionale, [p. 481] appoggiata ad alcuni libri stati fatti la più parte nelle ultime epoche di conflitto religioso; dei quali i principali sono hajmanot Abbau, (fides Patrum) ed il Sinodos, libri fatti da alcuni Copti per sostenere la fede Eutichiana, appoggiati a testi dubbj. Quindi il Fata Negheest, il quale è una specie di codice fatto dai Copti, dove si trovano alcune cose di tradizione orientale, e poche sentenze prese dal codice di Giustiniano. Ma questi tre libri ultimi sono studiati da pochissimi, di modo che appena di cento Dottori, uno gli conosce. Sopra tutto il codice suddetto non è conosciuto neanche dai giudici senatori, che sono l’ultimo tribunale, i quali per lo più giudicano appoggiati all’uso tradizionale del paese.

la communione da chi si suol fare Ritornando ora, alla nostra festa, dopo la Messa celebrata la mattina, nella quale [si] sogliono communicare i piccoli ragazzi dai sette ai dodeci anni, ed alcune vecchie, o vecchj monaci, oppure quelli che sono obligati da beneficio ecclesiastico, e communione di puro uso, e senza confessarsi (1a); fatto questo la festa ecclesiastica è come passata, e cia- /310/ scheduno pensa a baccanare. la festa baccanale in cosa consista. Quelli che sono ricchi amazzano un bue, altri amazzano una pecora o capra, ed altri si mettono in società ed amazzano un bue in otto, in dieci, o anche in venti per avere un poco di carne. In famiglia poi le donne han fatto un poco di cattiva birra, e se la bevono. I grandi impiegati in simili circostanze fanno mangiare i loro soldati e servitori, ai quali danno un poco di carne cruda, e della birra. Io poi [p. 482] ho comprato un bove, e l’ho regalato alla famiglia di Maquonen, del quale mi sono riservato un quarto, per regalare al Prete eunuco, ed [ad] alcuni che mi frequentavano.


(1a) gli stessi preti che non dicono più messa non si communicano più; la stessa Messa è di obligazione più civile che altro; il prete che obligato ratione beneficii dice la Messa, ma non gli altri; così gli adulti che sono obligati a communicarsi ratione beneficii si communicano; se non /310/ possono essi pagano un’altro. I gran monaci poi che si rispettano crederebbero [di] avvilirsi sia celebrando la Messa, sia communicandosi, come cosa da mercenario e bassa nella stima publica. È [una] cosa come morta il sentimento di communicarsi per principio di divozione e bisogno spirituale. [Torna al testo ]