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40.
A Zemiè per il «Maskàl»:
ospite di Workie-Iasu e medico di Abba Saha.

festa del maskal, ossia Croce.
apertura della nuova stagione.
Io sono arrivato a Zemiè il 23. Settembre, due giorni prima della gran festa del Maskal abissino. La festa del Maskal è l’esaltazione di Santa Croce celebrata 11. giorni dopo dei latini, perché in Abissinia seguono ancora il Kalendario Giuliano, come già ho notato altrove. Essa è una gran Festa [p. 540] sia sotto l’aspetto religioso, conoscendo l’Abissinia questa festa celebrata con molta solennità in tutto l’oriente, sia poi anche sotto l’aspetto civile, perché è considerata come l’apertura della nuova stagione, la quale presso di noi sarebbe l’autunno, mentre [per] l’Abissinia dovrebbe chiamarsi primavera, il Settembre in Abissinia, corrispondendo perfettamente al nostro Maggio, perché mese il più verde e fiorito, che in verità dovrebbe essere il mese di Maria, invece di Maggio [che] in Abissinia [è un] mese il più malinconico, secco, e pieno di polverio.

inviti in qu[e]sta festa La festa del Maskal è la festa degli inviti diplomatici, nella quale tutti i grandi fanno un vero sfarzo invitando i loro soldati, i loro impiegati, ed i loro sudditi di qualche nome. Quello che fanno i grandi nel loro distretto, lo fa pure lo stesso Re invitando i suoi grandi impiegati del regno. E per lo più dopo questa festa che si publicano ed incomminciano i movimenti di guerra. La ragione per cui io ho anticipato la mia partenza da Iffagh, era appunto quella di prevenire questi movimenti di guerra, poco favorevoli ai miei calcoli.

fuochi;
epoca di tributi e di guerre.
La festa del Maskal è celebrata con dei gran fuochi, i quali in alcuni paesi si fanno la sera avanti, ed in alcuni altri si fanno la mattina, a due ore prima del giorno; in molti paesi cristiani non si fanno che alle chiese, ma in altri paesi si fanno [p. 541] da ciascheduna famiglia; quest’ultimo [uso] è proprio anche dei paesi Galla. Ai fuochi si aggiungono dei canti, diversi nei diversi paesi. Nei paesi cristiani l’epoca del maskal è quella dei tributi [da pagare] sia al Re, sia ai subalterni.

/348/ diversità di kalendario in Abissinia, e nei paesi Galla. Come ho citato sopra il Kalendario Giuliano, questo s’intende solo per i paesi cristiani, e ciò solamente per alcune cose, perché l’Abissinia avendo tutti i mesi di trenta giorni ha dovuto conservare il tredicesimo mese di cinque giorni, e di sei nel bisestile dopo il mese di Agosto per completare l’anno di 365. giorni, e di 366. nel bissextile. Così pure l’Abissinia incommincia il suo anno nel mese di Settembre.

Riguardo ai paesi Galla poi si può dire che [non] hanno nessun Kalendario, avendo ciascheduna razza calcoli particolari. Ho trovato però una cosa rimarchevole, ed è il sistema delle kalende romane, le quali incominciano dopo il 15. di ogni mese, contando 15. giorni al primo del mese seguente; ma siccome sarà indispensabile ritornarvi sopra questa materia, perciò basta per ora.

descrizione del fuoco del Maskal in Zemiè La sera del 22. Settembre fui chiamato da Workie Jasu per sostire con lui a vedete i fuochi. Arrivati in luogo non molto lontano dalla Chiesa abbiamo trovato dei tappeti per sedersi[:] Workie Jasu in mezzo, io accanto di lui, e dopo tutti i suoi impiegati. Circa dieci mettri lontano da noi stava piantata un alta pertica con un gran mazzo di fiori in cima, ed incomminciarono i contadini [p. 542] a portare ciascuno la sua pertica con un mazzo di fiori, e l’appoggiava a quella, in modo che se ne radunò qualche centinaja e riuscì un mucchio rispettabile. cerimonia religiosa prima del fuoco;
canti popolari, e giri intorno al legno.
Quando tutto questo fu fatto sortirono dalla Chiesa i preti e diaconi vestiti con croce, turribolo, e libro. S’incomminciarono [le] lettore, che a me parvero squarcj di Storia di S. Elena, di Costantino, e di Eraclio in modo abbastanza confuso, ma che io non poteva ancora giudicare, e che poi dopo interrogando nessuno poté spiegarmi, perché in paese [non] esisteva nessuno che conoscesse la lingua sacra. Dopo di questo, che durò quasi un’ora il Prete col turibolo incensò tutto quel mucchio di pertiche in giro, facendo tre giri, dopo il clero tutti incomminciando dai grandi, e poi fino agli ultimi fecero tutti i tre giri cantando certe strofe in lingua volgare.

un bel panoramma di fuochi; Dopo questo continuano le cantilene volgari, fino a tanto che arrivata la notte, da tutte le burgate arrivano [con] fanali accesi cantando, e quello è il più bel colpo di vista, arrivati gettano il loro fanale acceso sul mucchio di pertiche benedetto, e tutto abbrucia. Quando tutto questo è abbruciato il popolo si ritira. Questo è il fuoco del maskal.

cena diplomatica. Dopo ci [si] siamo ritirati e vi fu una gran cena alla casa di Workie Jasu. A questa fui invitato anche io con tutti i miei giovani. Io ho mangiato con Workie, col suo fratello ed altro suo cugino, in una tavola a parte; [p. 543] Dopo di noi mangiarono tutti gli impiegati, dopo di /349/ questi i soldati, dopo i soldati i servi, e finalmente tutto il resto della casa. A noi fu distribuito dell’idromele, ed a tutti gli altri fu distribuita la birra. La cena durò sino verso mezza notte, e così finì quella g[i]ornata. Nel giorno del maskal non ci sono inviti perché ciascuno fa la festa in casa propria colla sua famiglia. Se vi sono degli inviti si fanno nei giorni seguenti.

posizione geografica di Zemiè;
popolazione mista di cristiani e di galla.
Zemiè era [al]l’estremità Sud dei paesi Cristiani, al di là del Nilo in facia a Zemiè erano tutti paesi Galla, più all’Est si presentava Cuttai parte del Liban; più all’ovest al di là del fiume si presentava il Gudrù, paese che a buon diritto dovevasi chiamare la porta di tutti i paesi Galla del Sud-Ovest. Zemiè perciò, come paese di frontiera era un paese di popolazione mista, con una base di popolazione cristiana, ma nel tempo stesso non mancavano dei Galla venuti a stabilirsi per il commercio con Zemiè, e con Basso. La casa di Workie Jasu era anch’essa per conseguenza un miscu[g]lio di Cristiani e di Galla. In quella casa perciò si sentivano le due lingue Cristiane, e Galla; cosa molto commoda per noi per imparare, la lingua.

razza, carattere, educazione, religione e politica mista di cristiano e di galla in Workie Jasu. [p. 544] Lo stesso Workie Jasu presentava un misto di Cristiano, misto nella razza dalla parte della madre, perche’quella famiglia ha usato sempre di avere delle donne Galla, misto nella sua educazione, conoscendo perfettamente le due lingue, gli usi delle due nazioni, e tutte [e] due le religioni, osservatore forze di nessuna. Sopratutto poi [un] misto nella politica, perché avendo egli parenti e diritti dalle due parti nei tempi difficili passava ai paesi Galla per fuggire le minacie del governo Cristiano, del Gogiani, e restando nei paesi Galla gli sollevava contro i Cristiani, per apportare il bisogno di richiamarlo a far la pace.

Egli coi cristiani era un perfetto Cristiano negli usi: dico negli usi, perché nei doveri e virtù cristiane, un buon Cristiano non si trovava in tutta l’Abissinia; coi Galla poi era anche un perfetto Galla con tutti i pregiudizii e le superstizioni dei medesimi, senza certe buone qualità che si trovano fra i Galla, perché Workie era guastato dai Cristiani. conversazione grossolana di Workie Jasu Era poi di un’eccletticismo tale nel suo parlare, che, non dico un religioso, ma un semplice europeo che usi di rispettarsi, certe volte doveva turarsi le orecchie; restando con lui in conversazione, e venendo un giovane maritato bisognava avere [p. 545] la santa pazienza di sentire le più minute descrizioni delle cose passate nelle parentesi della notte, come egli non aveva difficoltà di raccontare tutto ciò che era accaduto nell’ecclisse noturna della povera umanità colla sua donna; dico donna, perché nel momento del mio arrivo non aveva moglie, benché poi a /350/ forza di ragionarlo, abbia poi preso una moglie, e molto tempo dopo si sia anche determinato di fare il vero matrimonio cristiano con essa.

pro e contro per noi in questa casa. Ho raccontato tutto questo per far conoscere al mio lettore il paese, e la casa in cui noi eravamo obligati a restarvi per aspettare il passaggio del Nilo. Casa che in verità si prestava molto per imparare la lingua ed i costumi dei paesi Galla, ai quali eravamo chiamati da Dio; casa poi sopratutto per noi molto conveniente per far conoscenze di persone Galla, e quindi per farci passare a quel paese, potendo Workie spedirci colà in casa sua, come uomo del paese. Benché poi fosse una casa molto poco conveniente per i giovani che io aveva. In verità anche questi, tutto quello che vedevano e sentivano erano tutte cose fra le quali sono stati allevati, ed erano perciò molto accostumati; ma nei propositi attuali loro non potevano far loro molto bene, perché lo sterco toccato non lascia di ferire il senso. Eppure come si fa? bisognava passar[vi] per quell’attrafila, ed anche aver pazienza.

mi presenta un ricco galla venuto dal Gudrù in cerca di medico e di medicine. [p. 546] Un bel giorno Workie Jasu mi fece chiamare a se, e mi presentò un ricco Galla del Gudrù, il quale essendo ammalato venne a passare la stagione delle pioggie in Zemmiè colla speranza di trovare qualche medico per il suo male. Quando si dice medico in senso Galla s’intende un mago, perché per l’ordinario sono sempre questi che danno medicine, la più parte basate sopra un principio superstizioso, benche qualche volta vera medicina empiricamente conosciuta. I Galla hanno una grande opinione sulla capacità dei maghi abissini, i quali sono per lo più i deftari; i Galla sono persuasi che nel libro si trova tutto, e si vede tutto. Workie nel presentarmi questo uomo per nome Abba Saa (Padre delle vacche) mi diceva che era una persona molto ricca, e che mi poteva essere utile, epperciò guardassi di occuparmene.

ho consegnato questo galla al mio Morka;
malattia curiosa di questo galla.
Per non disturbare troppo Workie ho preso Abba Saa con me e l’ho condotto a casa consegnandolo al mio Morka affinché lo esaminasse e mi sapesse dire tutto quello che era accaduto. Morka era un Galla, e conosceva tutti i pregiudizii loro, epperciò gli era più facile cavarne tutto il costrutto. Questo Abba Saa era fisso di essere stato avvelenato da una delle sue mogli per gelosia, avendo io passato qualche tempo di più con un’altra moglie, mi ha fatto mangiare, disse, ovi di rospi; questi rospi sono nati, cresciuti, e divenuti padroni della mia pancia; io gli sento andare, venire, gridare, e qualche volta vanno alla porta del basso orificio, e gridano [p. 547] come leoni. Egli è tanto persuaso di questo, mi diceva Morka, che il contradirlo gli farebbe perdere tutta la confidenza; meglio perciò fingere di esserne persuasi, e somministrargli qualche medicina.

/351/ una buona dose di emetico;
ripetuta altre due volte ad intervalli lo guarirono.
Vedendo così mi sono risolto a dargli una buona dose di emetico avertendolo che questa medicina l’avrebbe molto tormentato per un’ora, pendente la quale tutti questi animali dovevano morire, e morti sortire in pezzi, parte per bocca, e parte per secesso. Prese difatti il suo emetico, con grande speranza, e lo fece stare molto male: m’accorgo, disse Abba Saa, che questi animali stanno morendo, ma se sortono vivi gli aspetto col coltello per fargli in pezzi; difatti pendenti le grande evacuazioni che ebbe, sia per le vie superiori che per le inferiori, egli se ne stava là col suo coltellacio preparato per amazzarli. Fatta la prima operazione con successo e soddisfazione sua; [dopo] due giorni di riposo gli ho dato una seconda dose, la quale fù ancor più efficace della prima; quindi dopo tre giorni di riposo una terza, e con questa rimase quasi intieramente guarito. Ho poi ripetuto [la cura] qualche volta dopo molto tempo, per lasciarlo totalmente soddisfatto.

una passeggiata con Workie Jasu. Dopo dieci giorni circa dal mio arrivo a Zemmiè, una sera Workie sortendo col suo seguito per far due passi mi obligò a seguirlo, e siamo andati a sederci in un luogo sul bordo di un precipizio sulla [sulla] strada che portava al Nilo, [p. 548] dirimpetto al Gudrù, e stavamo parlando della posizione più convenevole da scegliere in quel paese: nel paese basso detto kuolla in abissino mi faceva vedere una casa sua, che poteva mettere in mia disposizione, ma, diceva egli, Ella desiderando di fare il commercio sarebbe più conveniente la casa di Gama-Moras nipote di Abba Saa, perché vicino al mercato, luogo di convegno dei mercanti, cosa ne dice? Quest’ultimo [progetto] è forze il migliore, dissi io, epperciò potrà prendere le sue misure a tempo.

una bella fortuna per Workie Jasu;
storia molto curiosa e strana.
Mentre stavamo parlando di questo vengono alla nostra volta tre o quattro soldati con una o due schiave ancor giovanette: viddi subito la figura di Workie [a] cangiarsi, come di una persona a cui arriva qualche cosa che gli piace. Era quella la sera di mercato di Zemmiè; tutto contento fece avvicinare queste due povere ragazze, e senza nessun riguardo e rossore visita queste due ragazze intus et foris facendo qualche rimarco su certi luoghi, e poi si fissò sopra una delle due, la baciò, e mandò via l’altra.

Fatto questo, mandò un servo al Prete della Chiesa comandando di venire subito, detto fatto, non tardò dieci minuti ed il parroco eccolo agli ordini. Tu sai, disse al Prete, che io sono cristiano e non mi accosto a donne Galla senza prima farle battezzare; or bene sappi che domani mattina dovete battezzare questa ragazza per averla domani sera a mia disposizione.

/352/ risposta poco canonica del prete schiavo. [p. 549] Non si battezza senza la Messa, perché come si sa la battezzata deve comunicarsi; la Messa si celebra in cinque, e vi sono le ostie da farsi per tutti che siano fresche. Signore, come tutto questo potrà arrivare per domani mattina? disse il parroco, molto imbarazzato, io lodo il suo zelo di non voler donne se prima non sono battezzate, ma aspetto almeno domani l’altro, e ci dia un giorno di tempo. Allora Workie si alzò come in atto di batterlo; quando è così il signor Parroco, detto, et cum spirito tuo, senza sapere il latino se ne partì dicendo ihùn (sia come Ella vuole) [e partì] consegnata poscia la ragazza ad un servo, affinché la consegnasse alla guardiana delle sue pecore; si è rivolto a me per continuare la conversazione.

mia conferenza a Workie per quanto permetteva la mia condizione di povero mercantello. Signor Bartorelli cosa [ne] dice? Workie mio, dissi, dico che ho veduto stassera un’affare che [non] ho mai veduto in vita mia; lasciamo da una parte tutte le bestialità che Ella ha fatto e detto, perché io non uso [di] criticare le prime autorità di un paese, ma parliamo del prete; se fosse nel mio paese, gli stessi contadini sentendo la storia che ho sentito io stassera l’avrebbero preso a pietre. Ella è troppo scrupoloso, disse Workie, nei nostri paesi non è così: io mi facio scrupolo [di] accostarmi ad una donna non battezzata, ma l’assicuro che quel prete, benché maritato e con figli, pure non sarebbe stato tanto scrupoloso, e se la schiava fosse nelle sue mani l’assicuro che non la risparmierebbe, anche non battezzata. Che male c’è poi [a] battezzarla? Anzi molto bene, dissi io, ma battezzarla colle debite [p. 550] condizioni dopo essere [stata] istruita, ed [essersi] assicurato che desideri il battesimo. Ah tutte queste cose [da] noi non si ricercano, disse Workie!

Vedendo così ho detto a Morka, di star attento all’ora del battesimo, perché io voleva vederlo. L’indomani mattina prima che si incomminciasse la Messa il mio Morka mi chiamò dopo [di] avere fatto le sue preghiere in secreto coi ragazzi. assistenza a questo famoso battesimo. Siamo andati alla Chiesa, dove io, secondo il mio solito, ho preso un posto un poco scartato. Il Sacerdote col suo clero sortì dal Santuario e venne vicino alla porta, dove segnò colla croce il vaso dell’aqua dicendo[:] In nomine Patris ecc., e poi ritornato alla porta del Santuario recitò, o meglio lesse la liturgia solita del Battesimo, e poi ritornato alla porta circondarono gli assistenti la battezzanda in modo che io non poteva vederla, ma, da quanto mi diceva Morka, era tutta nuda e gli fecero alcuni segni di croce coll’olio santo, che stava in un piccolo corno di pecora. Dopo gli versarono l’aqua dicendo[:] nel nome del Padre... I diaconi l’asciugarono, e così finì la funzione.

/353/ più famosa storia arrivata dopo il battesimo. Mentre il clero ritornava al Santua[rio] per celebrare la messa la Vecchia guardiana delle pecore, che in buon italiano si direbbe la rufiana, si avvicinò al Prete pregandolo a nome di Workie di rinnovare l’unzione. La vecchia alzò la camicia della ragazza, ed il prete col suo corno ed una scheggia di legno rinnovò l’unzione proprio nel luogo dei luoghi [p. 551] Al veder questo Morka vinto dal zelo si lasciò andare, e con voce forte disse, oh questo poi non è più opera di Dio, ma del diavolo. Tanto bastò, il povero Morka che prima era il favorito del Signore, [questo] non lo poté più vedere, e mi volle ben della pena [a] fa[r]gli fare la pace con lui dopo 15. giorni. Così battezzata la ragazza, dopo la Messa ricevette la comunione, e tutto restò finito.

spedizione del se[r]vo Giuseppe a Karum con promesse a lui fatte da Workie. Passate circa tre settimane dal mio arrivo, le strade incomminciando ad asciugarsi ho pensato di spedire il servo Giuseppe in Sennaar per prendere alcuni oggetti colà lasciati alla missione unitamente ad una piccola somma di danaro lasciata colà in riserva ad ogni evento di qualche disastro che potesse occorrermi in viaggio; tanto più che io calcolando molto sopra Workie Jasu, pensava di fargli venire di là qualche regalo. Presi tutti i concerti con questo servo, l’ho preso e condotto avanti questo Signore affinché sentisse ogni cosa, ed aggiungesse anche egli della sua autorità per quanto poteva, affinché tutto riuscisse bene. Workie Jasu stesso, come persona interessata guardò d’impegnarlo, assicurandolo, che al suo ritorno gli avrebbe dato un’impiego. Così se ne partì, ma il miserabile nel suo ritorno, mi mandò una piccola somma, ed i regali che erano per Workie gli fece a Degiace Kassà divenuto allora vittorioso, e mi tradì ritenendosi il valore di circa 150. talleri.

i due figli di Workie Sciararù e Zallaca Workie aveva due figli uno di circa 18. anni per nome Sciararù, l’altro di 15. anni per nome Zallaca. Il primo era figlio di una sua moglie Galla; il secondo era figlio di una seconda moglie, presa dopo aver abbandonato l’altra, la quale apparteneva [p. 552] ad una gran famiglia di Liban. Questa seconda moglie madre di Zallaca dopo essere rimasta con Workie sette anni un bel giorno avendo avuto la debolezza di trovarsi con una persona in cattiva relazione Workie ha ucciso la sua moglie madre di Zallaca;
conseguenze del sangue.
Workie montato sulle furie la fece battere, ed ammalatasi in seguito alla bastonata morì, lasciandogli Zallaca. La morte di questa moglie fruttò a Workie la macchia del sangue, la quale macchia, secondo la legge abissina non passa al figlio naturale dell’uccisore. Il diritto del sangue perciò era solo ai parenti della morta, ma non passava a Zallaca figlio dell’uccisa, e dell’uccisore. Come Workie amava la sua madre, aveva una vera predilezione per Zallaca, e non vedeva niente di più bello di lui.

/354/ inimicizia di Workie con Zallaca per una donna; Eppure all’improvviso mi chiamano[:] venga che Workie vuole amazzare il suo figlio Zallaca, e già come Saulle a Davidde gli aveva tirata la lancia; corro subito, e quello che mi pareva incredibile trovai che fu purtroppo vero, tanto è potente l’amor di una donna per dividere due cuori, anche i più uniti! Domando la ragione, e trovo che Zallaca ha avuto l’imprudenza di accostarsi ad una delle donne di suo Padre; Zallaca stesso me io confessò, tanto era pentito! Viddi subito la gravità della questione in persone, sopra le quali il tribunale di Dio non era sufficiente.

mie brighe per la pace. Ho esortato subito Zallaca ad allontanarsi per salvarlo da un’altro attacco. Per finire la questione dirò che per ristabilire questa pace ho molto faticato; ho dovuto prenderlo poi con me in Gudrù, e non è che dopo [p. 553] un’anno di penitenza, quando Zallaca divenne vero figlio di Cristo, che il cuore di suo padre si amollì e fece questa pace, ma il povero Zallaca quanto pianse questo peccato! basti il dire che un giorno, prima che avesse compreso Cristo, e che Cristo l’avesse perdonato, mi chiamarono in fretta, perché Zallaca era sul momento di emascularsi.

una donna mangiata dai buda. Poco presso nello stesso tempo del fatto di Zallaca arrivò un piccolo fatto il quale serve a far conoscere i pregiudizii dell’Abissinia, ed in specie del Gogiam. Fui pregato una sera di recarmi a vedere un’ammalata, la quale si diceva vicina a morire mangiata da un Buda. In Abissinia Buda significa strega nel senso concepito da noi, o meglio da alcuni dei nostri paesi nel medio evo. Quell’inferma per la quale sono [sono] stato chiamato era [affetta da] una di quelle malattie quasi inqualificabili che sogliono vedersi in certe donne dominate dal nervoso, e dall’immaginazione, essa giaceva corricata come immobile ed asfissiata, con un polso molto vario, alle volte quasi nullo, alle volte con un carattere di febbre nervosa. Io preso all’improvviso vi ho fatto fare dei bagni freddi nei luoghi più sensibili, e gli ho dato qualche goccia di un’etere che potei trovare nella mia vicina piccola farmacia; ma tutto questo non appagava l’aspettativa del publico, il quale la credeva mangiata dal Buda. Con una certa medicina indigena si perveniva a far parlare quell’ammalata, nel senso che la persona magnetizzata parla sotto l’influenza del magnetizzatore. [p. 554] restituita ai sensi coll’infusione di una gran quantità di aqua fredda. così mi si diceva, ma la medicina suddetta non essendo stata trovata, e non avendo altro per le mani, ho ordinato di metterla quasi nuda in un luogo dove si poteva versate molta acqua, e poi gli ho fatto gettare vasi intieri di aqua fredda per quanto si poté trovare, sul ventre, e fu in questo modo che ri[n]venne, e poté parlare. L’indomani col beneficio del sole essendomi riuscito di far spremere un /355/ poco di ricino, guarita poi col ricino mal preparato. gli ho dato una buon’oncia di quell’olio cattivo, il quale era stato mal spremuto senza torchio, conteneva un poco di polpa bianca, gli diede qualche doloretto di più, ma finì per purgarla e fargli rendere qualche verme; con qualche giorno di riposo avendo ripetuto ancora due volte questa purga, la tersa volta caciò fuori una quantità di vermi spaventevole, e così guarì totalmente: senza di questo sarebbe morta, creduta mangiata dal così detto Buda, pregiudizio molto dominante in Abissinia, massime in Gogiam.

Come debbo ritornare sopra questa materia dei [dei] Buda, quando sarò in Ennerea, oppure quando sarò in Kaffà, per il momento basta la storia surrifetita. Dirò solo che pochi mesi prima sopra la fortezza di Somma, Berrù Gosciò, di cui già si è parlato anticamente nella visita a Ras Aly, aveva fatto condannare a morte otto persone [ree] confesse di essere Budda; tanto è grave questa questione e meritevole di essere trattata con attenzione.

Si avvicinava la fine di Ottobre, ed il Nilo incomminciava [a] passarsi non solo dai corrieri nuotatori, sua ancora dai piccoli [p. 555] mercanti del Paese, e Workie Jasu aveva già spedito a Gama Moras dei messaggieri per annunziarli il mio arrivo; arrivo di abba Fessah mandato da Biancheri. quando mi arrivò un Prete indigeno per nome Abba Fessah, spedito dal Signor Biancheri Lazzarista, allora semplice missionario d’Abissinia, il quale si trovava presso Ras Aly in Gogiam, e che poi molti anni dopo fu Vescovo, e successore di Monsignore Dejacobis. Questi mi spediva Abba Fessah pregandomi di regolarizzare le sue ordinazioni sospette per lo meno d’irregolarità, come ordinato per saltum, dal Vescovo Salama, prima della sua conversione al Cattolicismo, essendo ancora in casa del Vescovo eretico suddetto.

Non potendo io occuparmi di questo affare in Zemmiè per causa della mia posizione d’incognito, che assolutamente doveva conservare per non espormi ad essere chiamato dal Ras; ho dovuto sospendere l’operazione ed aspettare a farla in Gudrù, dove scriverò l’atto di tutto.

arrivo del signor Bel anglo maltese Dopo l’arrivo di Abba Fessa[h] non passò molto tempo, che venne un’altro personagio dalla corte di Ras Aly stesso, ed era questi il Signor Giovanni Bell’ anglo-maltese, di cui molto ho parlato sopra trovandomi da Ras Aly alcuni anni prima. Questo Signore avendo inteso l’arrivo di un’europeo in Zemmiè venne [a] fare una visita a Workie Jasu [p. 556] con intenzione di visitarlo indirettamente. Come persona della più stretta confidenza di Ras Aly fu trattato con grandi onori, e fui chiamato io anche per fargli corte. Dopo gli onori del ricevimento il Signor Bell’ venne da me, ed abbiamo passato più di un’ora in conferenza. notizie certe della guerra con Kassa;
falso piano di essa.
Da lui /356/ ho sentito il piano di guerra che Ras Aly aveva ideato di fare con Degiace Kassà, la quale era per incomminciare, e nella quale doveva perdere il suo regno il più buono di tutti i Principi d’Abissinia. Ras Aly doveva lasciare il Gogiam e con tutta la sua armata andare a cogliere Degiace Kassà dove si trovava; prese invece il partito di mandare alcuni generali solamente, e successivamente, i quali tutti furono finiti, come immancabilmente dovremo parlarne a suo tempo.

Bel venuto per consultarmi sulla cura mercuriale sifilitica, e domandarmi mercurio. Giovanni Bell’ dubitando che fossi io il forestiere venuto, venne con intenzione di pregarmi di istruirlo sulla maniera di curate la sifilide, cosa che aveva già incomminciato al Campo del Ras anni prima; e l’ho fatto per quanto ho potuto, e datogli ancora una quantità di mercurio sia metallico, sia sublimato se ne andò contento. Come la sifilide è molto frequente in Abissinia, Bell’ con ciò pensava di procaciarsi un vitto un poco più lauto di quanto potesse trovare alla sequela di Ras Aly.