/245/

29.
A Gassàn:
le miniere d’oro impiantate da Mohammed-Aly.

seconda giornata:
Tabi si avvicina di più;
molte cautele;
molti schelletri di morti;
gli indigeni distinguono un cranio Tabi da altri.
una gran mandra di elefanti;
non si uccidono per timore.
Nella notte siamo partiti col benefizio della luna, perché il secondo giorno è ancor più pericoloso; difatti l’indomani si vedeva il Tabi sempre più vicino; gli ossami dei morti si moltiplicavano a misura che andavamo avanti. Era singolare vedere come alcuni indigeni più prattici distinguevano frà i molti cranii sparzi, i cranii dei Tabi morti dagli altri. Diffatti avendone esaminato alcuni, [ho notato che] lo sviluppo occipitale era molto più largo. In questa seconda giornata camminammo anche fra lo sterco degli elefanti, che si trovavano cola in gran quantità. Avendo domandato se i soldati non usavano [di] amazzare elefanti mi dissero di no, perché erano molti, e questi irritati avrebbero potuto impedire il passaggio della carovana. Diffatti in quella giornata abbiamo veduto in lontananza una mandra di elefanti. Non si trovava un’albero sano, perché tutti erano rotti da questi animali per mangiarvi le foglie. In quella seconda giornata i soldati non facevano altro che sparare, sia per allontanare gli elefanti, sia per spaventate i Tabi.

Al vedere quei poveri soldati così effeminati e così vili, un movimento di ira qualche volta mi dominava, ed avrei preso un bastone per sfogarmi sopra di loro, ma poi riflettendo meglio sopra di loro e di me stesso un sentimento [p. 389] di compassione mi faceva quasi piangere, Io compiangeva i soldati vili perché effeminati; e diceva frà me stesso, io dopo tante grazie di Dio, dopo tante istruzioni, dopo tanti buoni esempi di Santi letti nei libri, e veduti coi proprii occhj, sazio di sacramenti, pure sono tanto debole, che se passo qualche giorno senza confessarmi e senza comunicarmi, subito la mia carne si innalbera e mi fa tremate per la paura di essere trasportato dalla corrente delle mal domate mie passioni. Questa povera gente, non rigenerati dal s. battesimo, lontani da Dio e da Cristo, dalla fanciullezza allevati frà tutti i sfoghi della mollezza, e tuttora viventi in un mare di libidine, provocati, scandalizzati, e tentati come sono, avvi da stupire?

/246/ compiangeva l’Egitto che faceva spese inutili a mantenere soldati, meglio sarebbe mantenere preti. Povero governo, diceva poi altre volte, che consumi tanto denaro per mantenere un’armata, e per conquistare questi poveri selvaggi, a preferenza di fucili, di polvere, e di cannoni, oh quanto ti sarebbe più utile un drapello di buoni e zellanti sacerdoti per istruire prima di tutti questi poveri soldati, per niente altro deboli ed effeminati, perché senza Cristo e senza il suo vangelo! Povero Tabi! Iddio ti mandi un bravo sacerdote, ecco la tua medicina; un buon stabilimento sopra queste salubri montagne, basterebbe per farti felice, e dopo tutti questi immensi spazii pieni di popolazioni raminghe e disgraziate, e destinate alla depredazione per riempire i vuoti fatti dal Corano, fin là viva la lancia di Tabi, e Iddio ti salvi dalla tabe di Maometto!

[p. 390] Tabi intanto incomminciava [a] girare verso il nord, quando noi verso mezzo giorno, arrivati ad un fiumicello abbiamo fatto il nostro bivac. Alcuni mi fecero vedere non molto lontano di là un mucchio di ossa, erano ossa di una compagnia di soldati egiziani stata sorpresa e distrutta intieramente da bande di Tabi imboscate cinque anni prima. Dopo pranzo partimmo e siamo arrivati a passare la notte fuori di ogni pericolo. Quella notte fu la [notte] più lubrica di tutte. Le due precedenti passate con qualche timore furono più modeste.

arrivo a Gassan
[gen.1852];
ricevimento, e conoscenza di un compagno del bey di Cartum.
L’indomani prima di mezzo giorno siamo arrivati a Gassan, il quale era sul pendio Sud di una collina, e quasi sulle sponde di un fiume detto Tomet, confluente del fiume Azurro non longi da Rosseres. Io fui condotto dal comandante, il quale ad ogni costo volle tenermi in casa sua, a fronte che io avessi fatto tutti gli impegni per avere un alloggio a parte, onde essere più libero.

A Gassan ho fatto conoscenza col direttore generale delle miniere, il compagno del Bey con cui ho fatto tante conferenze a Kartum. Questi aveva ricevuto lettere di raccomandazioni per me dal suddetto, e fece di tutto per avermi in casa sua, dove forze mi sarei trovato meglio, come persona educata in Parigi; ma fù impossibile, perché [già mi aveva offerto ospitalità] il Comandante della Piazza, il quale era un’albanese già di una certa età molto amante dei forestieri. Il mio domestico però, avendo parlato per avere un luogo a parte per la notte, mi diede speranza di trovarmi una capanna a condizione di mangiare con lui. In Gassan fui visitato da tutti [da tutti] gli uffiziali della piazza, e da tutti gli impiegati delle miniere, i quali erano molti.

le due amministrazioni. [p. 391] La piazza militare contava 300. soldati, dei quali 200. erano di stazione, e 100. per turnum [per turnum] andavano e venivano per l’accompagnamento della carovana di Fasuglu. L’amministrazione delle /247/ miniere contava otto impiegati, tre erano per l’operazione sul fiume Tommet, dove vi erano le machine per purgare le sabbie e cavarvi l’oro. Gli altri poi erano per gli scavi della miniera; dove l’operazione era diversa. Per tutte queste operazioni vi erano circa cento operai. Il Capo delle miniere mandava il suo conto all’amministrazione del Cairo, ma poi vi era un’intendente di controllo. Oltre a tutto questo vi era poi un’amministrazione particolare sull’oro comprato dal governo dagli indigeni con veroterie ed altri valori simili.

Come io conservava sempre un carattere incognito, e tutta questa gente era nella persuasione che io avessi qualche ingerenza secreta, non vi è intrigo che io non abbia conosciuto in tutte quelle amministrazioni. Il governo d’Egitto scriveva lettere di fuoco, nelle quali [insisteva] lagnandosi che le miniere di Gassan non arrivavano più a pagare le spese della piazza, e dell’amministrazione, e che perciò si pensava ad una ritirata. L’amministrazione invece scriveva che la miniera dove si facevano gli scavi, era finita, e che sarebbe stato necessaria l’aggiunta di altri 200. soldati per avvanzarsi più nell’interno, dove sono stati conosciuti nuovi luoghi che potevano dare dei milioni, come aveva dato in tempo di Maumed Aly.

visite agli scavi della minera;
ai lavori delle sabbie.
Benché io protestassi di non voler entrate in nessuno di questi affari, eppure ho dovuto acconsentire di visitare tutti i scavi, tutte le operazioni sulle sabbie del fiume; ma debbo poi confessare, che se io avessi voluto ricevere tre libbre di oro, unicamente per segnare certi atti che mi volevano presentare, io sarei stato certo [p. 392] di poterle ricevere senza neanche avere un debito di riconoscenza, anzi facendomi ancora un merito.

Oggi 30. anni dopo, passati già 20. e più anni dopo che l’operazione delle miniere è stata chiusa da Abbas Pascià, posso dire qualche cosa per arrichire questo mio manoscritto di certe cognizioni che potrebbero renderlo più interessante.

elogio a Mahumed Aly;
calcoli dell’oro che sortiva in tempo suo da tutte queste amministrazioni di Gassan.
Maumed Aly era una persona, anzi un vero genio di gran tatto e di gran calcolo, il quale sapeva scegliere le sue persone, ed organizzare le sue amministrazioni in modo da esserne sicuro. E per questa ragione che da principio la miniera sola dava dei milioni; era questa un piccolo monticello rotondo come un pane di zuccaro, dove si trovavano dei pezzi di oro puro; io quando l’ho veduto era già quasi tutto scavato, ed era quasi tutto quarzo unito ad una sabbia giallastra.

In quel medesimo tempo il fiume Tommet colle sue sabbie purgate colla macchina rendeva anche qualche milione. L’oro poi del commer- /248/ cio del Sennaar in Egitto si calcolava a milliaja di libbre, ancora negli ultimi anni di Mahumed Aly.

calcoli dell’oro che sortiva dalla parte dei Galla per Gogiam. Nel 1855. trovandomi io in Gudrù l’oro che in un’anno passava su quel mercato, senza calcolare quello che passava direttamente in Gogiam senza essere visibile in Gudrù, ascendeva a milliaja di libre, senza notare quello che non passava in Gudrù, ma senza entrare nei paesi Galla, andava [p. 393] direttamente a Matamma, tenendo i confini.

come sortiva quest’oro senza industrie Ora giova notare che, dietro informazioni prese da me, tanto dalla parte del Fasuglu, e di Gassan, quanto dalla parte dell’interno dei paesi Galla è oro raccolto senza nessuna industria, fuori di quella semplicissima di purgare le sabbie delle alluvioni dopo le pioggie, in tutta quella estensione trà i Paesi Galla, e Gassan, distanza che non arriva ad un grado geografico in linea retta. Se le alluvioni superficiali danno tant’oro, vuoi dire che tutto quel terreno è aurifero, e tale, che un governo qualunque che scavasse, come ha fatto Mahumed Aly, troverebbe bene il suo conto.

ragioni per le quali il governo abbandonò quell’operazione. Le ragioni per le quali fù abbandonata dal governo d’Egitto l’operazione delle miniere, la principale, fù perché non ricavava più un compenso alle spese; ma se il governo avesse attivata di più la sua operazione, e purgata l’amministrazione avrebbe trovato di che rifarsi e guadagnare. Invece che gli operai e gli impiegati passavano la maggior parte dei giorni a nulla fare, occupando gli operaj mantenuti e pagati [dal governo] a coltivare i loro giardini sul Tommet, a portare legna o erba, mentre i signori impiegati [se] la passavano a faceziare coi schiavetti e schiavette, se avessero lavorato avrebbero trovato. Se almeno quel poco che cavavano l’avessero consegnato fedelmente, il governo non sarebbe arrivato a questi estremi. Se avessero lasciato le vessazioni [p. 394] di quei poveri popolani del contorno, gli avessero anzi coltivati ed accarezzati l’oro del commercio almeno, invece di diminuire sarebbe cresciuto.

invece di abbandonare, meglio era darlo ad una società; Per parte poi del governo io resto [stupito] come abbia così abbandonato [le miniere]; ad ogni evento non sarebbe stato meglio cedere [queste] con qualche utile ad una società, la quale avrebbe saputo cavarne profitto? Ma è proprio dei governi deboli di aver paura di tutto, ecco la gran ragione, quella del servo pigro che ha nascosto il talento.

il medico di Matamma se ne stupiva di ciò. L’anno scorso sortendo dall’Abissinia esiliato, ed accompagnato dalla forza publica sino alle frontiere per ordine dell’imperatore Giovanni, sono venuto a Matamma, ed ho trovato colà un medico vecchio, antico allievo di Clot Bey, il quale si trovava medico in Gassan; questi piange- /249/ va l’abbandono di quella posizione, dove ha portato via un capitale di mezzo milione, benché egli non entrasse nell’amministrazione, ma mangiasse solamente il prezzo del silenzio, di lasciar mangiare in pace.

due mercanti uccis[i] sul mercato di Fadassi complicarono il mio viaggio. Ritornando ora al mio affare, dai primi giorni del mio arrivo in Gassan ho parlato del mio desiderio di recarmi in Fadassi, ma ho veduto subito delle difficoltà non indifferenti. Il direttore in capo delle miniere mi disse subito nel primo giorno, che, benché Fadassi fosse molto vicino, pochi giorni prima essendo stati trucidati in publico mercato due mercanti egiziani sarebbe stato molto difficile andarvi senza esporsi ad un disastro, e la stessa amministrazione mai si sarebbe decisa di lasciarmi andare per tema di comprommettersi col governo. [p. 395] troveremo invece, disse, la maniera di far venire qui delle persone di là tante che bastano, affinché Ella possa prendere tutte le informazioni che vuole dai medesimi.

mercanti venuti da Fadassi;
informazioni e detagli sul viaggio ai galla.
Fadassi era lontano da Gassan niente più che qualche ora rimontando il fiume Tommet, e venivano diffatti i mercanti di là per comprare mercanzie dai mercanti di Kartum venuti da Fasuglu con noi, i quali non potevano più andare loro stessi a Fadassi dopo il massacro anzidetto. Questi mercanti per il loro cangio portavano dell’oro, portavano dei schiavi, e raramente anche portavano del muschio. Questi mercanti però non erano mercanti galla, erano bensì mercanti del Fasuglu stabiliti a Fadassi, e che commerciavano colle frontiere galla; potevano perciò questi darmi solo notizie indirette.

Ho domandato a questi quanti giorni [di viaggio] mettevano da Fadassi alle prime frontiere galla. Essi mi risposero che in carovana mettevano da sette o otto giorni, ma che un corriere da quattro o cinque giorni poteva andarvi commodamente. Ho domandato ancora se essi non potevano andare nei paesi Galla, e mi risposero di no, noi, dicevano, andiamo solo ai mercati della frontiera, dove i Galla vengono a portate i loro schiavi.

Ho domandato a qualche schiavo galla, di quelli addetti al servizio di questi mercanti, di che paese erano[;] [p. 396] uno mi disse che era del paese di Baccaré, e l’altro mi disse che era di Nonno, paesi che io ho conosciuto per relazione trovandomi in Gogiam.

risultato delle informazioni sul viaggio mio Da tutte queste ed altre interrogazioni fatte a questi, e ad altri venuti dopo risultavano due cose. La prima era che i paesi dove io voleva andare non erano lontani, Baccsaré essendo confinante di Leca, e Nonno confinante di Ennerea. La seconda cosa che risultava, quella che mi era più importante, era quella che i Galla non lasciavano penetrare i /250/ mercanti venuti dai paesi turki, o egiziani. Non solamente i Galla, ma neanche i negri al di là di Fadassi, mai avrebbero permesso ad un bianco, da essi chiamato e creduto turco, di passare per i loro paesi senza grave pericolo; diffatti il massacro ultimo, accaduto in Fadassi in pieno mercato, non fu fatto dal villaggio di Fadassi, il quale viveva di commercio con Gassan, ma sibbene dalle popolazioni dei negri venuti al mercato.

il comandante voleva condurmi a Fadassi con soldati, ma peggio per me. Parlando col comandante della piazza, e coll’amministrazione mi dicevano, che se io bramava di vedere Fadassi [non] vi era nessuna difficoltà, io stesso posso condurvi prendendo con me cento soldati, [proponeva il comandante,] ma vi prevengo che al nostro avvicinarsi tutti sarebbero fuggiti, eccetto i pochi stazionarii del villaggio, i quali sono in relazione abituale con noi; tutti gli altri che vengono dall’altra parte fuggiranno coi loro schiavi e colle loro mercanzie per timore del pigliagio; [p. 397] tanto più poi perché dopo l’ultimo massacro fatto da loro hanno motivo di temere che noi andiamo per vendicarci di questo misfatto. Tutti quei signori mi parlavano così per salvarsi da una risponsabilità coll’Egitto in caso di un massacro che poteva aver luogo; nel loro cuore poi, credendomi una spia del governo, sarebbero stati ben felici di vedermi andare dall’altra parte, anche con pericolo di morire, ben sapendo che io aveva scoperto molto delle loro magagne.

progetto di ritorno a Fasuglu.
acetto regali per prudenza.
Diffatti, dal momento che io ho incomminciato a lasciarmi persuadere, e dimostrarmi disposto a ritornare in Fasuglu, moltiplicarono di molto i consigli frà di loro, onde assicurarsi che io non avrei manifestati certi secreti al governo che potevano comprometterli; il solo rifiutare certi regali era per loro un grand’imbarazzo. Io poi pensando al mio ritorno a Fasuglu, e ben conoscendo questa gente che possono farmi fare certi colpi senza compromettersi col loro governo, mi sono trovato in presenza del bisogno, o di acettare qualche regalo, ed entrare in tutto nei loro interessi, cosa poco onorevole per me, oppure per levare ogni dubbio sopra di me, di manifestare loro tutto il mio secreto, assicurandoli che essendo io missionario, [non] aveva da fare nulla coi loro interessi.

Per questo ultimo partito militavano anche delle difficoltà gravi, perché si trovavano in Gassan dei mercanti di Gadaref e di Matamma, i quali ritornando non avrebbero mancato di far pervenire in Abissinia la [notizia della] mia venuta, e mettere in guardia il partito Copto.

sospetto di pretismo per la mia riservatezza;
mi tentavano per scoprire.
[p. 398] Già il modo di procedere mio più grave e più riservato, il bisogno di fare qualche preghiera e dire un poco d’officio, benché cercassi sempre di farlo [di] nascosto per quanto era possibile, ed alcuni /251/ casi improvisi di [s]gridare alcuni che facevano certi atti meno onesti, una sera in specie, in cui non essendovi il domestico era venuto il paggio ad accompagnarmi al letto, per mancanza di riserva[tezza] nelle sue mani, essendo io andato molto in collera, la mia persona era divenuta un poco sospetta di pretismo; gli stessi impiegati desiderando di scoprite terreno non mancavano di spingere i giovani paggi in questo senso, perché negli ultimi giorni di Gassan questi erano divenuti più importuni nel cercare di farmi certi altri servizii di uso che io non voleva affatto, e si mettevano a ridere quando io rifiutava.

regali.
pranzo di separazione.
partenza.
prim[a] stazione.
In seguito a tutto ciò io aveva bel dire che non aveva nessuna ingerenza dalla parte del governo, e che era un semplice viaggiatore, ma più parlava, più si confermavano in contrario, epperciò ho preso il partito di acettare qualche cosa e far loro un giuramento di eterna amicizia; cosa che gli tranquillizzò. Tutti in seguito mi diedero un pranzo diplomatico, per quanto poteva essere [permesso] in quel paese, e così venuto il giorno della partenza consueta dei soldati siamo partiti, in modo che io poteva essere tranquillo, venendo tutti ad accompagnarci.